La dieta alcalina e la terapia anti-acida nella cura dei tumori
Medicina Integrata
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L’acidità è il meccanismo che il cancro usa per isolarsi da tutto il resto, farmaci compresi: ecco perché è importante uno stile di vita alcalino
Raffaella Rosa - 10/04/2020
Intervista al Dott. Stefano Fais, Direttore del reparto farmaci antitumorali del Dipartimento del farmaco dell'Istituto Superiore di Sanità, pubblicata per gentile concessione di Rocco Palmisano.
Da qualche anno si fa un gran parlare della dieta alcalina, o dieta acido-base, che sottolinea l’importanza di avere un pH corporeo alcalino per mantenersi in salute e prevenire le malattie. Tuttavia, non mancano le critiche di chi sostiene che l’approccio alcalino è del tutto privo di fondamento scientifico. Eppure, in vari centri di ricerca nel mondo, la terapia anti-acida per prevenire e curare i tumori è oggetto di studio. All’esame ci sono i possibili sviluppi di farmaci a base di molecole che ripristinano il corretto equilibrio acido-basico dell’organismo e, in particolare, della zona colpita dal tumore inibendo la sua crescita e arrestandola. All’Istituto Superiore di Sanità, i ricercatori stanno lavorando all’ipotesi di utilizzare gli anti-acidi, e in particolare gli inibitori della pompa protonica solitamente adoperati per le ulcere gastriche, in funzione antitumorale al posto dei chemioterapici.
Secondo il Dott. Stefano Fais, Direttore del Reparto Farmaci Antitumorali del Dipartimento del Farmaco dell'Istituto Superiore di Sanità, il punto da cui partire è proprio l’acidità, un meccanismo che il cancro usa per isolarsi da tutto il resto, farmaci compresi.
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Dott. Fais, lei è un pioniere nella ricerca sugli effetti dello squilibrio del pH corporeo e, in particolare, i suoi studi hanno come focus la correlazione tra acidità dell’organismo e genesi del tumore. Ce ne può parlare?
Si, ma devo fare una piccola premessa perché lo squilibrio del pH corporeo non è un argomento recente. Nel 1931, il medico e fisiologo tedesco Otto Heinrich Warburg ha ricevuto il premio Nobel perché ha scoperto una differenza sostanziale tra le cellule tumorali e quelle normali. In sostanza, notò che le cellule tumorali avevano un pH basso perché tendevano a fermentare gli zuccheri e nel processo di questa fermentazione producevano acido lattico. Questa scoperta ha portato all’uso della PET, in tutti gli ospedali del mondo, per la diagnosi dei tumori e non solo. Di fatto, la PET scova nel nostro corpo i siti nei quali c’è la produzione dell’acido lattico.
Anche una persona sana quando fa attività fisica tende a produrre acido lattico?
Si, ma poco dopo le cellule muoiono e il dolore che sentiamo, infatti, è dovuto proprio alla necrosi del tessuto muscolare. Le cellule tumorali, invece, sono in grado di produrre acido lattico e di riutilizzarlo e, soprattutto, non muoiono. Anzi, questa acidità iniziale porta ad una sorta di selezione clonale di cellule che sono armate per sopravvivere in un ambiente acido. Se prendiamo una cellula sana e la portiamo al pH di una cellula tumorale, che mediamente ha un valore pH di 6/6,5, vedremo che muore. Questo, quindi, è già un vantaggio selettivo perché tramite l’acidità il tumore si isola dall’organismo.
L’habitat ideale del tumore, quindi, è l’ambiente acido dove addirittura tende a proliferare?
Parlare di proliferazione è un po’ fuorviante perché, in realtà, un tumore non è maligno in quanto si accresce a dismisura, ma in quanto diventa impermeabile sia alla reazione dell’organismo nei suoi confronti, sia ai farmaci che, fra l’altro, sono potenzialmente in grado di uccidere qualsiasi cellula, anche quelle sane.
Si riferisce alla chemioterapia?
La chemioterapia, che è la terapia standard contro i tumori, è basata su molecole che sono dei veleni. Tengo a sottolineare che l’acidità impedisce ai farmaci di entrare nelle cellule. Non a caso, i medicinali che hanno dimostrato di funzionare sono acidi deboli o basi deboli perché entrano in una cellula per un gradiente di pH che, normalmente, è neutro fuori e lievemente acido dentro. Quindi, la condizione ideale per una terapia farmacologica è che sia una base debole per poter essere richiamata all'interno della cellula dal pH lievemente acido. Tuttavia, proprio la natura di basi deboli dei farmaci ne condiziona l’efficacia nei confronti dei tumori dove il microambiente è acido ed il compartimento interno è alcalino. Questo comporta la neutralizzazione esterna dei farmaci che, per lo più, non riescono ad entrare nelle cellule.
Dott. Fais ci ricorda qual è il valore del pH fisiologico?
In tutti i libri di medicina è riportato che il pH fisiologico è 7,4. Tuttavia, la gente è portata a pensare che acido sia 5 e alcalino sia 8, mentre un pH di 7,4 è chiaramente alcalino perché lo 0,4 dalla neutralità essendo il pH un valore logaritmico è in realtà “4”. Quindi, mi piace sottolineare che “noi siamo alcalini, mentre i tumori sono acidi”.
Recentemente è uscito il libro del Dott. Rocco Palmisano, pioniere dell’acqua alcalina in Italia, intitolato “La Dieta Mediterranea Alcalina”. La prefazione porta la sua firma. Questo significa che anche secondo lei bere e alimentarsi in modo alcalino può avere un ruolo efficace nella correzione del pH del nostro organismo?
Sicuramente sì, e penso anche che un atteggiamento percorribile, a livello di sanità pubblica, potrebbe essere proprio quello di educare la gente a bere molta acqua con un pH alcalino perché aiuta a prevenire l’insorgenza di malattie.
Come tutti gli uomini di scienza lei è molto cauto, pertanto le sue affermazioni sono supportate da dati e riscontri dimostrabili secondo i canoni della scienza ufficiale?
Mi permetto di esprimermi in questi termini proprio perché ci sono dei riscontri. Abbiamo dimostrato che i farmaci anti-acidi usati da mezzo mondo nella terapia dell’ulcera, conosciuti come inibitori di pompa protonica, sono efficaci nel trattamento dei tumori perché inducono l’alcalinizzazione dell’ambiente tumorale. Sono convinto che un approccio di alcalinizzazione può prevenire non solo i tumori, ma anche tante altre patologie.
Un’altra importante conferma arriva dalla ricerca che lei ha condotto insieme al medico veterinario Dott. Spugnini sugli animali domestici con patologie quali il tumore. Nella terapia avete introdotto l’acqua alcalina. Che riscontro avete avuto?
Quello che ha fatto il Dott. Spugnini è di grande rilievo in quanto ha dimostrato che un approccio alcalino migliora addirittura l’effetto della terapia standard. Considerando, poi, che i cani e i gatti con tumore solitamente arrivano all’osservazione del medico veterinario quando la massa tumorale è enorme, addirittura sproporzionata, il risultato ottenuto acquista una maggiore valenza. Nell’oncologia umana, invece, è difficile che i pazienti arrivino con tumori così grandi. Pertanto, osservare negli animali masse tumorali così estese regredire in seguito ad un approccio alcalino è senza dubbio un dato convincente.
Per mantenere il nostro organismo in salute, l’approccio alcalino prevede non solo l’utilizzo di acqua alcalina, ma anche gli alimenti anti-acidi. Condivide questo approccio?
Sono totalmente in sintonia con l’approccio alcalino. Certo, bisogna avere pazienza perché viviamo in un Paese in cui si mangia benissimo e, quindi, privarsi di cibi saporiti è uno sforzo. Per chi vuole il libro "La Dieta Mediterranea Alcalina" è un ottimo inizio e, soprattutto, una guida per chi vuole provare a fare una dieta basata su cibi alcalinizzanti.
Senza dubbio non è facile cambiare le abitudini alimentari?
Basterebbe cominciare con piccoli passi, sapere innanzitutto che gli elementi maggiormente acidificanti dei cibi sono gli zuccheri, i lipidi e le proteine. Ma anche se si assumono cibi acidificanti l’importante è bilanciarli con cibi alcalinizzanti. L’obiettivo, quindi, non è eliminare del tutto i prodotti acidificanti dalla nostra alimentazione, quanto moderarne e bilanciarne il consumo.
La medicina ufficiale sembra avere compreso la correlazione tra una sana alimentazione e la salute, tuttavia riuscirà a comprendere anche l’importanza dell’equilibrio del pH fisiologico?
Il concetto del pH è ancora poco considerato. Il problema è che nel mondo della medicina ufficiale l’equilibrio del pH fisiologico viene trattato con sufficienza, se non addirittura osteggiato. Parliamoci chiaro, chi ha una florida attività privata, costruita e basata su paradigmi o criteri standard, è difficile che improvvisamente si sposti su altri criteri.
Secondo lei, il limite principale alla sperimentazione di terapie anti-tumorali che hanno come target l’acidità da dove viene?
Le ragioni per cui la medicina ufficiale tende ad essere irremovibile e a consigliare soltanto quello che già conosce, o che le viene proposto dalle holding farmaceutiche, ha molteplici ragioni, la principale delle quali è la paura. Che è, poi, il problema dell’umanità intera. Tuttavia, si può cambiare. L’esempio ci viene offerto da personaggi come Gandhi o Lincoln. Quest’ultimo ha compiuto un’azione incredibile per quell’epoca: ha abolito la schiavitù con una legge. E come lo ha fatto? Comprandosi due voti in Parlamento. In questo esempio c’è tanto da imparare: se c’è un problema vuol dire che c’è anche la soluzione e per trovarla, a volte, è necessario venire a patti con il potere economico. Senza considerare, poi, il fenomeno della resistenza al cambiamento da parte di professionisti che hanno, appunto, “paura” di perdere i loro privilegi. Il mondo della medicina è un po’ tutto questo.
Il tumore è una sorta di incubo globale, un potente tabù. Si riuscirà a debellarlo definitivamente? Perché non viene percepito solo come malattia ma anche come un potente tabù?
Convincere la gente che i tumori sono delle malattie e non delle condanne a morte, già sarebbe tantissimo. L’atteggiamento del medico dovrebbe essere quello di aiutare il paziente a farlo convivere con la propria malattia. Noi medici sappiamo bene che malattie che consideriamo quasi risolte, come il diabete, l’ipertensione o il morbo celiaco, non vengono debellate del tutto con le terapie. Se un iperteso smette di prendere la compressa anti-ipertensiva, la pressione risale; se il diabetico smette di somministrarsi l’insulina o smette di fare la dieta ipocalorica, il diabete ricompare; se il paziente con morbo celiaco smette di mangiare cibi privi di glutine, i disturbi ritornano.
Quindi, la medicina dovrebbe insegnare che anche se si ha una patologia non bisogna preoccuparsi perché ci si può convivere tutta la vita?
Sì, questa dovrebbe essere la direzione da prendere anche nei confronti dei tumori. Per fare solo un esempio è sufficiente osservare i platani che si trovano sul lungo Tevere a Roma. Sono pieni di tumori; le cortecce presentano enormi cicatrici. Eppure quegli alberi stanno lì da duecento anni.