Dracontium loretense: la pianta di origine amazzonica che può curare l'AIDS
Antonio Colasanti - 01/01/2016
E la storia si ripete: le piante non sono brevettabili e se non si riesce a fare la sintesi chimica del principio attivo si abbandona tutto.
È quanto succede per il dracontium loretense, pianta di origine amazzonica peruviana usata da millenni come antidoto al morso di sepenti velenosi per uso sia interno che esterno.
Il dottor Roberto Inchuastegiu Gonzales, studiando il perché la pianta avesse tali proprietà, scopre che il suo principio attivo, la dracontina, è in grado di bloccare l'enzima proteasi, cosa che fanno i farmaci attivi contro l'HIV. Dal 1989 al 1993 il dottor Gonzales conduce uno studio su pazienti ammalati di AIDS somministrando in contemporanea il dracontium e l'uncaria tomentosa, il primo con spiccata attività antivirale e il secondo immunostimolante. Risultato: dopo sei mesi di terapia remissione completa della malattia.
Il meccanismo d'azione è che con il blocco dell'enzima proteasi, il virus HIV produce copie imperfette che non sono piu trasmissibili: siccome il veleno di serpente contiene la proteasi, le piante usate sono dei potenti inibitori di tali enzimi. Dal punto di vista botanico il dracontium o jergon sacha e una pianta con una unica foglia gigante e con un grosso stelo che somiglia a una forma di serpente. Il rizoma contiene alcaloidi, flavonoidi, fenoli, triterpeni, saponine.
Per ora sappiamo che la pianta possiede attività antivirali, immunostimolanti, e anti AIDS: dove arrivino tali proprieta non e dato sapere dato che non ci sono sperimentazioni serie a tal proposito.
È curioso sapere che il frutto somiglia in modo impressionante a quello del nostrano arum maculato che pare sia un cibo dei serpenti. La pianta è velenosa in quanto coniene derivati dell'acido cianidrico, ha però attività antinfiammatoria e vermifuga.
Abbiamo tra le mani un potente antivirale, quasi una soluzione all'AIDS da sperimentare in altre patologie virali, comprese il cancro e altre forme degenerative.
Come accade per numerose altre piante abbiamo a disposizione dalla natura i rimedi, ma non sappiamo sfruttarli.