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GALILEI e TORRICELLI


Maria Luisa Suprani - 01/01/2016



“Potrei nondimeno io medesimo assicurar V.S. che il Padre Abbate in ogni occasione, e con il Maestro di Sacro Palazzo e con i compagni di quello e con altri prelati ancora, ha sempre procurato di sostenere in piedi li Dialoghi di lei Ecc.ma , e credo che sia stato causa che non si è fatta precipitosa resolutione”.(1)

Evangelista Torricelli è testimone di un momento cruciale nella storia del pensiero, dettato dalla necessità di indagare liberamente le dinamiche del mondo sensibile. Il Seicento vede il conflitto fra due esigenze vitali per l'uomo: la libertà e la stabilità.

La prima di queste due necessità diviene presto incompatibile con l'esigenza di stabilità propria della natura umana. La tendenza conservatrice, in assenza di stimoli contrastanti, tende a consolidarsi nell'osservanza acritica delle norme tradizionali. Lo scienziato faentino riesce mirabilmente ad eludere le insidie di un contesto minato e vince l'horror vacui senza suscitare reazioni a lui pregiudizievoli anche se continuerà ad esserci su tale argomento (l'esistenza del vuoto) un confronto serrato: Athanasius Kircher, gesuita, ad esempio, pochi anni dopo la scomparsa di Torricelli affermerà nella “Musurgia” (1650) di aver compiuto insieme a Gasparo Berti un esperimento capace di convincerlo dell'impossibilità dell'esistenza del vuoto in natura. La pluralità di risultati discordanti fra loro potrà anche insidiare la fondatezza di parte del pensiero aristotelico ma qui si arresta.

L'ipotesi eliocentrica toccava invece ben altri ambiti e avrebbe potuto sconvolgere equilibri vitali.
Galileo che aveva ottenuto non senza aspre battaglie, in occasione della pubblicazione del “Sidereus Nuncius”, il riconoscimento delle proprie scoperte oltre che da parte degli scienziati più autorevoli dell'epoca dagli stessi astronomi e filosofi della Compagnia di Gesù, gestisce la comunicazione di questa sua scoperta in modo alquanto avventato: “S'infuoca nelle sue openioni, ci ha estrema passione dentro, et poca fortezza et prudenza a saperla vincere […] non scorge et non vede quello bisognerebbe, sì che, come ha fatto sin a hora, ci resterà dentro ingannato, et porterà sé in pericolo”. (2)

“Ha un umore fisso di scaponire i frati et combattere con chi egli non può se non perdere” (3)

L'imprudenza di Galileo nell'affermare anzitempo la realtà eliocentrica non può essere quindi considerata come occasionale, bensì rappresenta un'esigenza esplicita del suo animo capace di riflettere fedelmente una necessità storica ineluttabile: lo studio del mondo sensibile scisso da ogni vincolo. Questo sottintende inoltre l'esigenza di indagare la verità rilevata. L'attitudine all'indagine scientifica mal si concilia con la staticità di chi - per carenza di idee - si adagia nelle certezze della tradizione lasciando inascoltati gli appelli del proprio tempo.

Galileo - per rendere esplicito il proprio intento e fugare contemporaneamente ogni possibile sospetto di irreligiosità - afferma che la parola di Dio ha dovuto adattarsi all'intelletto degli uomini cui era diretta; nella natura invece - prosegue Galileo - la volontà di Dio si attua con inesorabile necessità. La (comunicazione della) verità è soggetta alle capacità ricettive ed alla loro evoluzione. La comunicazione della verità è quindi soggetta al tempo. La Chiesa privilegiò l'interpretazione letterale dei Sacri Testi più per motivi di opportunità che per ristrettezza di vedute. Spiccano infatti nel panorama di quegli anni alcune figure dotate di notevole apertura mentale: oltre al già citato Kircher (autore della Tabula mirifica, controversa matrice matematica)  si muove in quegli anni Antonio Vieira, gesuita portoghese, coetaneo di Torricelli, tenace promotore del dialogo interreligioso e sostenitore dei diritti degli Indios, capace di vanificare i sospetti degli inquisitori. La Compagnia di Gesù, più favorevole rispetto all'ordine Domenicano ad un'apertura verso la scienza, inizialmente sostiene Galileo.

Il cardinale Roberto Bellarmino accetta con riserva la teoria eliocentrica e richiede che sia sostenuta da Galilei esclusivamente come ipotesi (ex supposizione), come modello matematico in virtù della sua ingegnosità “altrimenti difficilmente si ammetterebbero dichiarazioni di Scrittura, benché ingegnose, quando dissentissero tanto dalla comune opinione de i Padri della Chiesa. […] Secondo, dico che, come lei sa, il Concilio proibisce le scritture contra il comune consenso de' Santi Padri; […] consideri hora lei, con la sua prudenza, se la Chiesa possa sopportare che si dia alle Scritture un senso contrario alli Santi Padri et a tutti li espositori greci e latini”.

L'ammonizione rivolta dal cardinale gesuita allo scienziato a presentare la teoria eliocentrica come mera ipotesi intende salvaguardare il malfermo equilibrio della Chiesa soggetta a sollecitazioni (interne ed esterne) destabilizzanti. La seppur cauta apertura di Roberto Bellarmino verso l'ipotesi dimostra comunque un vivo interesse verso il pensiero scientifico più ardito.

Il religioso non riesce a considerare la possibilità di una dimostrazione esaustiva dell'ipotesi ed asserisce che “…in caso di dubbio non si dee lasciare la Scrittura Santa esposta da' Santi Padri”.  (4)

Anch'io mi sono macchiato spesso della colpa di pensare, quando compare un'idea nuova ed esaltante: “Non può essere vero”. (Paul Greengard, premio Nobel 2000 per la medicina)

Tali perplessità (legittime per l'epoca) ricordano la cautela con cui oggi la scienza si pone nei riguardi di fenomeni considerati inspiegabili (guarigioni miracolose, apparizioni ubiquitarie, etc.).

Galileo agisce sciolto da ogni desiderio di contrapposizione e non esita a riconoscere la grandezza di Aristotele cogliendone l'impulso innovativo: era certo che il filosofo - in via ipotetica - in possesso delle conoscenze più recenti, non avrebbe esitato a sottoporre il proprio pensiero ad una drastica revisione.
Accade che quando un elemento nuovo fa il proprio ingresso in un contesto già consolidato ne incrina irrimediabilmente l'equilibrio: si renderà necessario un processo di integrazione e successivo adattamento per riconquistare nuovamente l'equilibrio (che dall'esterno può essere confuso con la stabilità quanto non con la stessa staticità!) su nuove basi.

Se il contesto iniziale in cui l'elemento apportatore di novità fa il proprio ingresso è solido, esistono i presupposti per un processo di rinnovamento. Se, diversamente, l'equilibrio iniziale si regge su basi incerte o nasconde al proprio interno dissidi e/o fragilità, ben difficilmente si riesce a raggiungere una nuova stabilità. L'elemento innovatore in questo caso può
a) essere accolto e determinare la crisi irreversibile del contesto ospite nel caso questo appaia in buona parte compromesso
b) essere espulso con estrema decisione da quelle forze che - troppo esigue per sostenere il confronto - hanno peraltro energia sufficiente per mirare al raggiungimento di un equilibrio interno
La reazione della Chiesa all'ipotesi eliocentrica corrisponde all'opzione b).

In un gioco delle parti così complesso l'abiura di Galileo assume una valenza ben più ampia rispetto a quanto comunemente si creda.

Flettiti e resterai integro,
piegati e ti raddrizzerai,
svuotati e sarai colmato,
consumati e ti rinnoverai,
abbi poco e riceverai molto,
abbi molto e sarai confuso.

Perciò il saggio abbraccia l'Uno
Ed è di esempio al mondo.
Non si mette in mostra e perciò risplende,
non si giustifica e perciò viene riconosciuto,
non si vanta e perciò emerge,
non si identifica con le sue opere e perciò dura.
È perché non compete
Che nessuno può competere con lui.

Questo significa il detto degli antichi
“flettiti e resterai integro”.
Non sono vuote parole.
E verso colui che è integro
Ogni cosa fluisce spontaneamente.
Lao-Tzu, “La regola celeste - il segreto della virtù nell'agire senza agire”

“Io invece dico a voi di non fare resistenza al malvagio; ma se uno ti percuote sulla guancia destra, porgigli anche la sinistra; e a chi vuol chiamarti in giudizio per toglierti la tunica, cedigli anche il mantello.”
Matteo 5, 39-40

Il mancato sacrificio in nome della libera scienza da parte di Galileo è sostanzialmente un atto di forza somma (considerato l'entusiasmo da cui era animato) non violenta le cui ripercussioni si sono estese nel tempo: il soccombente ha determinato una compensazione, un contrappasso esemplare, un'inversione di ruoli e la rigidità dogmatica che caratterizza la scienza odierna - incapace oggi di considerare ipotesi divergenti - è riuscita ad influenzare notevolmente il pensiero religioso. Il creazionismo, non senza imbarazzo, è sempre più spesso ricondotto dai suoi sostenitori ad un disegno intelligente.

La Chiesa, d'altra parte, riconosce volentieri di avere goduto di benefici che le provengono dalla scienza, alla quale, tra l'altro, si deve attribuire quanto il Concilio dice a proposito di alcuni aspetti della cultura moderna: “anche la vita religiosa è sotto l'influsso delle nuove situazioni… un più acuto senso critico la purifica da ogni concezione magica del mondo e dalle sopravvivenze superstiziose ed esige sempre più una adesione più personale e attiva alla fede; numerosi sono perciò coloro che giungono a un più acuto senso di Dio”
Discorso di Giovanni Paolo II per la commemorazione della nascita di A. Einstein, 10 novembre 1979

Era ben più elevato, quasi magico il compito che Galileo pensava competesse alla Chiesa: “I saggi espositori ne produchino i veri sensi” perché “non poter mai la Sacra Scrittura mentire, tutta volta che si sia penetrato il suo vero sentimento, il qual non credo che si possa negare essere molte volte recondito e molto diverso da quello che suona il puro significato delle parole”.   (5)

Perché la Chiesa dell'epoca non ha intrapreso il percorso indicato da Galileo, ma, al contrario, si è fossilizzata sulla mera interpretazione letterale?
Il momento non era certo il più propizio alle disquisizioni.
Per contrastare le spinte disgregatrici presenti nel messaggio protestante - dove la lettura e l'interpretazione delle Sacre Scritture erano lasciate all'iniziativa del singolo - per evitarne i possibili effetti destabilizzanti la Chiesa deve riaffermare con energia il proprio ruolo di interprete fedele della Verità esposta nella Sacra Scrittura. La conseguenza di tale indirizzo sarebbe stata la massima coesione sul piano sociale. Il percorso indicato da Galileo -  l'indagine approfondita e specifica delle verità della fede - avrebbe costituito un rinnovamento che, per riuscire, presupponeva ben altre stabilità.

L'obiettivo era molto concreto: raggiungere una visione unificata, anche se pedissequa, esente da ogni possibile forma di conflittualità.
“Questo non è paese da venire a disputare sulla luna, né da volere, nel secolo che corre, sostenere né portarci dottrine nuove.”  (6)

Le priorità (e i tempi) di Galileo e della Chiesa erano profondamente divergenti: il primo, sorretto da motivazioni ideali, è sostenuto dalla certezza scientifica mentre gli esponenti della Chiesa avvertono come necessità irrinunciabile la coesione sia dell'istituzione sia delle coscienze. L'inquisitore, in questa situazione, ha il compito di tutelare il rispetto dei tempi della coscienza collettiva. Ciò che si discostava da tali tempi (spesso l'eretico - animato da un pensiero divergente - era semplicemente un progressista che si moveva con largo anticipo) veniva cancellato irrimediabilmente per impedire che novità dirompenti percepite solo superficialmente producessero effetti nefasti sulla collettività.

Le opinioni si diffondono come un'infezione e sono messe in pratica senza riflettere.
H. de Balzac

Queste dinamiche sono assai simili alla revisione sofferta che l'autore fa della propria opera in vista della pubblicazione: spesso anche le parti più belle e affascinanti vengono cancellate se si rivelano disarmoniche o non funzionali all'equilibrio generale dell'intera opera.

La ricerca del massimo comun divisore probabilmente offre una sintesi ancor più efficace: fra tutti i numeri è il minore a influire sul risultato della ricerca. Così nella Chiesa vige il principio di tutela nei riguardi dei più semplici.

Anche gli intenti più nobili nascondono ombre al loro interno: la tutela delle anime semplici era venata molto spesso da necessità di controllo mista a diffidenza nei confronti di ogni possibile cambiamento. La naturale tendenza a rifuggire le novità trova in questo caso giustificazione nel voler salvaguardare gli equilibri preesistenti percepiti come vitali ed irrinunciabili.

Il Concilio Vaticano II ha riconosciuto e deplorato certi indebiti interventi: “Ci sia concesso di deplorare - è scritto al n° 36 della Costituzione conciliare Gaudium et spes - certi atteggiamenti mentali, che talvolta non mancarono nemmeno tra i cristiani, derivati dal non aver sufficientemente percepito la legittima autonomia della scienza e che, suscitando contese e controversie, trascinarono molti spiriti a tal punto da ritenere che scienza e fede si opponessero tra loro”.
Discorso di Giovanni Paolo II per la commemorazione della nascita di A. Einstein, 10 novembre 1979

Il conflitto sorto fra Galileo e la Chiesa non è dovuto principalmente all'urgenza esercitata da priorità divergenti, bensì all'intento comune di conservare la più assoluta coesione fra il mondo sensibile e l'immagine del mondo soprasensibile. Entrambe le parti tendono allo stesso obiettivo (la verità assoluta riflessa nel perfetto connubio fra teologia e scienza) e ognuna delle parti vede nelle necessità contingenti dell'altra un ostacolo insormontabile alla piena realizzazione dei propri intenti.
Il fatto stesso che Galilei si esprimesse in lingua italiana durante lo svolgimento del processo in un contesto che accettava come sola lingua ufficiale il latino è indice di una incomunicabilità dovuta per l'appunto ai tempi diversi che contraddistinguono le due parti.

I tempi della scienza sono estremamente veloci: una volta che il singolo ha compiutamente dimostrato l'ipotesi, questa viene immediatamente acquisita dalla comunità scientifica mentre i tempi dettati dalla collettività per assimilare una novità appaiono al contrario decisamente lenti. A differenza della comunità scientifica la collettività è costituita da un insieme non omogeneo di persone e le notevoli disparità di cultura, di abitudini di vita e di capacità intellettive influiscono negativamente sulla velocità di acquisizione di un'idea. La velocità dei processi di acquisizione è infatti in relazione con l'omogeneità del contesto in cui l'idea viene diffusa. Un'idea viene pienamente accettata solo quando coloro che dovranno accoglierla e farla propria avranno maturato i requisiti necessari. Per semplificare l'immagine di queste dinamiche si può ricorrere ancora una volta al concetto di denominatore comune. Le conoscenze in possesso di un gruppo omogeneo sono simili, prive di disparità e quindi tutti possono riconoscersi nel denominatore comune senza sacrificare nulla di sé. In un contesto disomogeneo il denominatore comune sarà piuttosto basso rispetto all'elemento più elevato ovvero sarà necessario adeguarsi alla componente più umile.

Ma chi avrà scandalizzato uno di questi piccini che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina da mulino e fosse sommerso nel profondo del mare. Guai al mondo per causa degli scandali!
Matteo 18, 6-7

Le coscienze più semplici, ancora impegnate nel consolidamento dei nuovi dettami della controriforma, volti a ripristinare l'autorevolezza della Chiesa, se sottoposte a nuovi stimoli dirompenti sarebbero state completamente destabilizzate.
Queste fratture tra fede e scienza hanno alimentato un'antitesi che, se per alcuni aspetti può aver condotto alla soglia dell'incommensurabilità, dall'altro ha determinato un'indagine scientifica libera impensabile altrimenti.

La scienza compie un suicidio quando adotta un credo
T.H.Huxley

Ci si stupisce quando, ai nostri giorni, davanti ai risultati non sempre confortanti si sollecita un atto di fede (sic) nella ricerca scientifica. Ci si può stupire vieppiù di fronte a rari fenomeni inspiegabili (per ora) catalogati semplicemente come miracoli, in assoluta assenza di volontà nell'indagarne le dinamiche.
La scienza non è in grado di dare risposte ai quesiti che l'uomo si pone sulla propria esistenza così come la fede non può placare la sete infinita di conoscenza ingenita nell'uomo.

Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
 ma per seguir virtute e conoscenza.
Dante, Inferno XXVI, 118-120

Come era nelle intenzioni di Galileo (e forse anche della Chiesa) scienza e fede riusciranno a convertire l'antitesi che interessa il loro rapporto in complementarità. Dopo aver sperimentato e superato la fase antitetica le ragioni della fede e della scienza torneranno a coincidere quando la collettività avrà maturato i presupposti necessari a cogliere la verità, quando - ipotizzava Torricelli riferendosi alla disparità di vedute tra gli stessi uomini di scienza - non vi saranno avversari bensì coadiutori tesi allo stesso fine.

Frattale: termine con cui si indicano oggetti geometrici (in particolare curve) dotati di alcune caratteristiche peculiari come l'autosomiglianza e la dimensione frazionaria. Per autosomiglianza si intende la proprietà di una figura di poter essere suddivisa in più parti identiche all'originale, ma di dimensioni ridotte. Si tratta di una proprietà comune anche a figure non frattali.
Enciclopedia delle scienze, Garzanti 2005

I frattali possono essere estesi anche alle dinamiche soprasensibili.

Fede e scienza possono essere ricondotte all'immagine dei due emisferi cerebrali. L'emisfero destro, sede della sintesi, dell'intuizione non soggetta al tempo (la Verità rivelata costituisce un esempio - il più macroscopico - di intuizione sinottica dove spesso i limiti umani e le leggi fisiche sono privati della loro oggettività) richiede l'intervento dell'emisfero sinistro, sede dei processi analitico - razionali soggetti al tempo per scongiurare l'alterazione dell'equilibrio.

La società contemporanea attraversa un momento contraddittorio: se da un  lato vi è la scissione (dettata dal pregiudizio) fra le scienze esatte e quelle umanistiche dall'altro le neuroscienze hanno dimostrato il contrario: le aree del cervello interessate dai processi propri del pensiero matematico sono le stesse deputate alla creatività.

Galileo - simbolo di un'età aurea della scienza -  rappresenta la perfetta sintesi: secondo Evangelista Torricelli Galileo abbelliva le speculazioni della filosofia (l'odierna scienza) con gli ornamenti dell'erudizione (le scienze umanistiche).

Agli albori della storia non si avvertiva minimamente la necessità di sottoporre la fede al vaglio della ragione grazie alla loro coesione: non vi era infatti la contrapposizione fra i due aspetti, perché il sapere era percepito in maniera unitaria. Le dinamiche ingenite nella verità - che oggi sono oggetto di indagine -  erano inconsce.
L'unità del sapere contraddistingue l'infanzia dell'umanità. Crescere pertanto consiste nel divenire coscienti di ciò che (si) è. È lo stesso processo che permette di giungere consapevoli alla Verità.

Mozart, uno degli ultimi ad abitare nell'Olimpo, componeva direttamente in bella copia senza necessità di revisione (esempio di prevalenza dell'emisfero destro o, meglio, della coesione totale - priva di scarti temporali -  fra le dinamiche analitico-razionali e la visione sintetica dell'emisfero destro).

Chopin invece, già fuori dall'Olimpo, costituisce un esempio di perfetta integrazione fra l'attività dei due emisferi ma soggetta al tempo: anch'egli, come Mozart, componeva subito l'intera opera salvo poi cambiarla radicalmente nel lungo processo di revisione successivo. L'ultima versione (di cui era pienamente consapevole) era identica alla prima, dettata dall'intuizione.

Solo la piena coscienza di ogni dinamica presente permetterà di riconoscere la sola Realtà, da sempre sotto gli occhi di tutti, e di passare dai lumi della ragione alla luce della Verità.

La scoperta consiste nel vedere quello che vedono tutti e pensare quello cui nessuno pensa.
Albert Szent-Gyorgyi, premio Nobel 1937 per la medicina e la fisiologia per la scoperta della vitamina C

Interrogato dai farisei: “Quando verrà il regno di Dio?” rispose: “Il regno di Dio non viene in modo da attirare l'attenzione, e nessuno dirà: Eccolo qui, o eccolo là. Perché il regno di Dio è in mezzo a voi!”.
Luca  17, 20-21

Note
(1)Lettera di E.Torricelli a G.Galilei in “Le opere di Galileo Galilei” Barera Editore, Firenze . 1890-1907, vol XIV pag, 387.
(2)Lettera dell'ambasciatore Guicciardini a Cosimo II de' Medici datata 4 marzo 1616.
(3)Lettera dell'ambasciatore Guicciardini a Curzio Picchena, segretario di Cosimo II de'Medici,  datata 13 maggio 1616.
(4)Lettera di R.Bellarmino a P.O.Foscarini, carmelitano, datata 12 aprile 1616.
(5)Edizione nazionale della opere di Galileo, Firenze 1968, vol V, pag. 315
(6)Piero Guicciardini, ambasciatore di Cosimo II de' Medici sostenitore di Galileo.

Bibliografia
L.Geymonat, Storia della filosofia, Garzanti 1962
F.Gabici, F.Toscano, Scienziati di Romagna, Sironi Editore 2006
T.Levy, Vitamina C. Malattie infettive e tossine, Macro edizioni 2007
P.K.Feyerabend, da “Contro il metodo” Corriere della sera 25 gennaio 2008
www.imss.fi.it (sito dell'Istituto e Museo di Storia della Scienza - Firenze)
www.disf.org  (sito di documentazione disciplinare di scienza e fede)
www.it.wikipedia.org



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