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I quattro pilastri anti-invecchiamento

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Paolo Giordo - 01/01/2016

Tratto da Scienza e Conoscenza n. 34.

Che cos’è l’invecchiamento? Questa è una domanda fondamentale che può avere risposte sia semplici che complesse. Sicuramente si può identificare con la vita umana che traccia un percorso dalla nascita alla morte fisiologica.
Ma com’è questo percorso? Lineare o ciclico? Anche questo argomento è denso di significati culturali. Un tempo, nell’antichità, esistevano diversi cicli o “giri di boa” che rappresentavano la vita umana. Il primo era superare l’infanzia. Se si riusciva a sopravvivere (data l’altissima mortalità infantile), si poteva affrontare il ciclo della giovinezza sino a 25-30 anni con tutte le problematiche sociali e/o militari. Il superamento di quest’altra fase conduceva all’età matura che, se ben condotta, preludeva all’ultimo giro di boa: una vecchiaia che poteva durare sino a 70 o anche 80 anni. Ovviamente questa suddivisione aveva un significato preminentemente culturale, ma preludeva alla considerazione del fatto che l’invecchiamento poteva ridursi o allungarsi a seconda che si riuscissero a costruire positivamente le precedenti tappe di vita.

Invecchiamento e malattia
Oggi l’invecchiamento è considerato un fenomeno ineluttabile, scandito da una progressione lineare. Con il passare degli anni i danni alle strutture genetiche si accumulano e, mano a mano, ricevono una riparazione parziale o difettosa.
È l’usura della vita – alla quale partecipano tutti i sistemi biochimici, ormonali ed enzimatici dell’organismo – che porta a una delle più grandi peculiarità della nostra epoca: la connessione invecchiamento e malattia.
Un tempo si moriva di vecchiaia, di fame, di incidenti, di parto o di guerre ed in minor misura di malattie tra le quali erano grandemente preponderanti quelle infettive. Oggi la casistica è completamente rovesciata: il binomio tra vecchiaia e malattie degenerative è quello dominante ed ha modificato l’impianto epistemologico della vita che scorre. La base concettuale che sottende l’invecchiamento è, oggi, l’usura fisica, biochimica, mentale che ne limita al contempo le aree di comprensione e di intervento. Già gli antichi cinesi erano andati oltre il DNA facendo nascere l’individuo in un contesto di energie cosmiche che ne stabiliva la struttura e ne modulava l’ereditarietà, sia in senso fisico che spirituale.
Oggi la moderna geriatria – la scienza che studia le patologie della vecchiaia – si occupa principalmente di cercare di riparare i danni dell’usura con un ampio corredo farmacologico che mira a ridurre la pressione arteriosa, a migliorare le funzioni contrattili del cuore, l’efficienza dei polmoni, della prostata, dell’intestino e così via, in un ampio tentativo di modificazione delle funzioni e soppressione dei sintomi in modo che l’anziano possa “tirare avanti” senza gravi problemi. Questo approccio assicura, peraltro, all’industria farmaceutica un costante e perpetuo consumo dei propri prodotti.

Farmacologia verso prevenzione
Per assicurare questo consumo, si è rinunciato alla più grande risorsa della medicina occidentale (oltreché orientale): la prevenzione. In Occidente questo termine è stato usato strumentalmente ed erroneamente, ed è stato confuso con la diagnosi precoce la quale, come sappiamo, non possiede alcuna funzione preventiva ma solo, eventualmente, curativa. Ma se ci guardiamo intorno e osserviamo il degrado dell’ambiente in cui viviamo – l’inquinamento da metalli pesanti, polveri sottili, pesticidi, piogge acide e nubi tossiche sottopongono il nostro organismo a numerose ed intense sollecitazioni specie a livello immunitario, endocrino e neurologico – ci possiamo rendere conto che, oltre al concetto dell’usura, sorgono nuovi elementi semantici che implicano un continuo aggiustamento e una continua compensazione ai vari livelli delle funzioni del nostro organismo.
Tutto questo ci porta a considerare il concetto di equilibrio dinamico come il punto centrale su cui ruotano i vari livelli di integrazione del nostro corpo. Quest’ultimo, infatti, cerca di ritrovare e mantenere un nuovo equilibrio nelle più varie circostanze adattative, al punto che anche la stessa malattia può, a un diverso livello, essere considerata un tentativo di raggiungere un nuovo equilibrio. Possiamo pertanto considerare quattro pilastri fondamentali che concorrono in modo preponderante ai processi di invecchiamento. Intervenendo su questi pilastri si può sicuramente modificarne il decorso e spezzare il sodalizio perverso con le malattie.

Primo: lo stress ossidativo
Uno di questi pilastri è lo stress ossidativo. L’ossidazione è la funzione per la quale le nostre cellule consumano, ossidandole, molecole di zucchero e di grassi e usando l’ossigeno come combustibile. Con questo processo si produce l’energia che viene utilizzata per le varie funzioni del corpo, ma si formano anche i cosiddetti radicali liberi: composti estremamente reattivi capaci di neutralizzare i batteri nocivi o le cellule degenerate.
Il problema si pone quando questi composti radicatici risultano in eccesso rispetto alle fisiologiche capacità del nostro organismo di neutralizzarli. Questo eccesso, denominato “stress ossidativo”, può causare danni alle strutture più importanti della cellula, come il nucleo o la membrana cellulare, e, in soggetti geneticamente predisposti, può condurre a una serie di patologie anche gravi tra le quali l’infarto cardiaco, l’ictus cerebrale, il morbo di Alzheimer, il morbo di Parkinson e può aumentare notevolmente i processi di invecchiamento.
Il nostro organismo, come già detto, possiede un corredo enzimatico per far fronte a questa situazione ossidativa e si avvale anche di sostanze assunte dall’esterno: gli alimenti quali frutta e verdura contengono antiossidanti naturali come le vitamine, i minerali e gli enzimi. Pertanto l’alimentazione rappresenta, in prima battuta, un importante fattore di riequilibrio del corpo. I radicali liberi stringono anche importanti rapporti con l’infiammazione cronica. Sappiamo che l’infiammazione è biologicamente importante per difendere i tessuti del nostro corpo da vari tipi di aggressione. Quando questo processo si prolunga nel tempo, cioè si cronicizza, può diventare un’ulteriore fonte di produzione di radicali liberi i quali, a loro volta, aumentano lo stato infiammatorio danneggiando i tessuti e instaurando un circolo vizioso che porta rapidamente l’organismo sulla via della malattia e dell’accelerazione dei processi di invecchiamento.

Secondo: lo squilibrio ormonale
Per capire meglio come questo stato infiammatorio può più facilmente instaurarsi e cronicizzarsi, esaminiamo un altro importante pilastro di questo processo: lo squilibrio ormonale. Con squilibrio ormonale non si intende una mera carenza o un eccesso di un singolo ormone, ma il disequilibrio dei rapporti che tutti gli ormoni hanno tra di loro e con tutte le altre strutture dell’organismo. Quando questa armonia si altera è come se in un’orchestra uno o più elementi si mettessero a suonare per conto proprio, senza accordarsi con il resto dei musicisti.
Sorprendentemente noi siamo la prima causa di questo squilibrio, sia per i ritmi frenetici della vita che conduciamo che, soprattutto, per il nostro stile alimentare spesso basato su un eccessivo consumo di zuccheri dati dalla pasta, dal pane, dall’onnipresente pizza e, soprattutto, da un’enorme varietà di dolciumi e bibite. Sappiamo che il nostro organismo scompone gli zuccheri sino a formare glucosio il quale rappresenta il maggiore nutriente cellulare. Per compiere questa funzione l’organismo necessita dell’apporto dell’insulina, un ormone secreto dal pancreas che serve a facilitare l’utilizzazione del glucosio da parte delle cellule.
Ma se il glucosio è in eccesso? Allora, piano piano, si instaurano delle condizioni sfavorevoli che conducono all’insulinoresistenza, evento in cui, a forza di secernere insulina in risposta all’introduzione di zuccheri, le cellule bersaglio diventano meno sensibili ad essa. In tutta risposta il pancreas secerne ancora più insulina, in un circolo vizioso che porta a molte condizioni patologiche come il diabete, l’ipertensione e l’obesità.
Inoltre dobbiamo notare che l’eccesso di insulina va a interferire con l’attività di moltissimi altri ormoni, producendo ulteriori squilibri a vari livelli di regolazione fisiologica e aumentando lo stato infiammatorio dell’organismo. Quest’ultimo passaggio avviene attraverso l’aumentata produzione di una categoria di “eicosanoidi” (sostanze ad attività ormonale come le prostaglandine, i leucotrieni ecc.) che possiedono un’azione di tipo pro-infiammatorio. Siccome la salute e l’equilibrio dell’organismo si basa sul perfetto bilanciamento di due popolazioni di eicosanoidi che definiremo semplicemente “buoni” e “cattivi”, l’aumento dell’insulina determina uno spostamento a favore di questi ultimi, predisponendo il nostro corpo a una serie di perturbazioni patologiche che possono sfociare in malattie come l’infarto miocardio, l’ictus cerebrale ecc.
Pertanto, come l’alimentazione può provocare l’innesco di questi problemi, d’altro canto può anche aiutare a risolverli. Possiamo ridurre drasticamente l’assunzione di zuccheri e carboidrati prediligendo quelli integrali che danno uno stimolo insulinico minore e più rallentato; possiamo integrare la dieta con cibi che contengono acidi grassi della serie omega 3, gli unici che possono stornare la produzione di eicosanoidi a favore di quelli buoni con attività protettiva sulla circolazione e sui tessuti; possiamo prediligere gli olii spremuti a freddo ed i semi oleosi ricchi di benefici grassi mono e poli-insaturi che favoriscono anche il metabolismo lipidico dell’organismo.

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Terzo: l’equilibrio acido-base
Un altro pilastro dell’anti-invecchiamento e della salute del corpo è quello del mantenimento di un corretto equilibrio acido-base dei nostri liquidi biologici.
Sappiamo che i processi fisiologici del nostro organismo avvengono solo se il pH è da 7,35 a 7,45 cioè lievemente basico: in questo minimo ambito di variabilità si svolgono tutte le normali reazioni fisiologiche. La nostra urina, invece, possiede un pH che oscilla da un minimo di 4 ad un massimo di 8, quindi ben più acida del sangue. Questo dimostra che gli acidi in eccesso devono essere allontanati immediatamente dal sangue e avviati all’escrezione urinaria, pena un grave squilibrio metabolico o addirittura la morte.
L’organismo è dotato necessariamente di sistemi tampone che hanno lo scopo di mantenere la costanza dell’ambiente interno (C. Bernard): questi sistemi si inseriscono in un più ampio processo biologico circadiano che è mediato dal tessuto connettivo. Il tessuto connettivo, che deriva dalla matrice mesenchimale, opera una grande opera di disintossicazione dell’organismo. Se l’individuo non è in equilibrio, non è neanche in grado di compensare l’eccesso degli acidi e si predispone a una serie di eventi patologici oltreché a un più rapido invecchiamento dei tessuti. Gli acidi sono sempre irritanti, consumano molto ossigeno e minerali, portano a uno stato infiammatorio cronico e a una sclerosi dei tessuti.
L’alimentazione moderna fornisce una buona quantità degli acidi presenti dell’organismo.
Le proteine animali, infatti, producono molti acidi come pure l’intensa attività fisica (acido lattico). Il nostro corpo cerca di neutralizzare l’eccesso di acidi prelevando minerali dai vari tessuti (ossa, unghie, capelli) per coniugarli con gli acidi e formare sali neutri, meno pericolosi in attesa dello smaltimento.
Per un corretto equilibrio dovremmo introdurre per tre quarti cibi alcalinizzanti come frutta, verdura, cereali integrali, latte e per un quarto alimenti acidificanti come proteine animali, e dolciumi, ma nella nostra dieta occidentale facciamo esattamente il contrario, predisponendo il nostro corpo a molte patologie degenerative.

Quarto: l’attività fisica
Il quarto e ultimo pilastro antinvecchiamento riguarda l’attività fisica la quale può contribuire a mantenere un sano equilibrio ormonale (stimola la produzione di GH, l’ormone della crescita e della riparazione cellulare) e a migliorare la funzionalità e il metabolismo dell’osso e della muscolatura corporea.
Sappiamo che il 23% delle donne oltre i 40 anni ed il 14% degli uomini sopra i 60 anni sono affetti da osteoporosi. Questa condizione è, in fondo, una perdita di equilibrio tra i processi di formazione e quelli di distruzione e riassorbimento dell’osso. Con il passare degli anni l’equilibrio si altera a favore dei processi di disgregazione e si ha contemporaneamente una perdita di minerali.
Nonostante l’importanza degli aspetti ormonali sul metabolismo dell’osso, è fondamentale che il corpo sia sottoposto ad un congruo e costante esercizio fisico.
Secondo Filippo Ongaro, medico spaziale, gli astronauti, in assenza di gravità, perdono l’1,5% di densità ossea al mese per cui in una missione spaziale della durata di 6 mesi, la loro densità ossea subisce un calo analogo a quello che si potrebbe osservare sulla terra nell’arco di 10 anni e ad un’età tra i 50 e i 60 anni.
Queste osservazioni indicano come i carichi e le stimolazioni meccaniche producono dei segnali ai quali le cellule ossee sono in grado di rispondere adeguatamente. Sempre riferito da Ongaro, i carichi più elevati che l’osso deve sostenere sono causati dalle contrazioni muscolari dell’individuo piuttosto che dal peso, portando a identificare nell’osso una sorta di “meccanostato” in grado di percepire le varie stimolazioni meccaniche alle quali è sottoposto e di produrre e adattare una risposta adeguata e conseguente. Le stimolazioni di un certo tipo attivano processi di sintesi ossea, mentre quelle di altri tipi inducono processi di distruzione ossea e tutto ciò in relazione con le condizioni ormonali e di nutrizione del soggetto. Questo ci fa chiaramente capire come il nostro corpo sia fatto per muoversi e non per una vita completamente sedentaria. La stessa attività fisica regola direttamente anche l’attivazione delle difese immunitarie dell’intero organismo.
Pur essendo il processo di invecchiamento influenzato da molteplici fattori – non ultimo quello psicologico e psicosociale – è importante tenere ben presenti e favorire questi quattro fondamentali pilastri dei quali abbiamo, in sintesi, parlato.
L’attenzione a questi aspetti ci permette di costruire una vecchiaia in cui l’equilibrio e l’armonia siano i costituenti principali e di allontanare sempre più nel tempo i fattori di declino e di malattia.

Tratto da Scienza e Conoscenza n. 34.

Bibliografia
Ongaro F., Le 10 chiavi della salute, Salus Infirmorum, Padova, 2008.
Kyriazis M., La medicina antinvecchiamento, RED, Milano, 2007.
Chauchard C., Non aspettate di invecchiare per voler restare giovani, Fabbri, Milano, 2006.
Null G., Ultimate anti-aging program, Broadway Books, New York, 1999.
Mantovani S., L’equilibrio acido-basico, Akros, Verona, 1996.
Sharma H., Radicali liberi, Tecniche Nuove, Milano, 1998.
Emerit I., Chance B., Radicali liberi e invecchiamento, Momento Medico, 1993.
Borromei A., Maitan S., I radicali liberi dell’ossigeno, Masson, Milano, 1995.
Sears B., La zona anti-età, Sperling & Kupfer, Milano, 1999.

Paolo Giordo
Medico, neurologo, esperto in omeopatia e fitoterapia.
Si occupa di nutrizione e cura delle malattie degenerative con metodi naturali.
Ha pubblicato il libro Alimentazione terapeutica per le Edizioni Mediterranee.


Paolo Giordo
Nel 1979 si laurea in medicina e chirurgia presso l'Università Cattolica di Milano con sede a Roma, Pol. A. Gemelli.Nel 1983 consegue la... Leggi la biografia
Nel 1979 si laurea in medicina e chirurgia presso l'Università Cattolica di Milano con sede a Roma, Pol. A. Gemelli.Nel 1983 consegue la specializzazione in Neurologia presso la stessa Università.Nel 1984 consegue il diploma del corso quadriennale di Medicina Psicosomatica istituito dalla SIMP (Soc. Italiana di Medicina Psicosomatica), presso... Leggi la biografia

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