La freccia del tempo. Prima parte
Luigi Maxmilian Caligiuri - 01/01/2016
Perché il tempo scorre sempre in avanti? Perché ricordiamo il passato e non il futuro? Le nuove cosmologie basate sul vuoto e sulla gravita quantistica potrebbero mettere in discussione la teoria del Big Bang ed i concetti stessi di tempo ed Universo.
Se qualcuno vi dicesse che le caratteristiche dell'Universo in cui viviamo, così meravigliosamente ricco di strutture, processi dinamici ed evolutivi dipendono essenzialmente dal fatto che in questo è possibile trovare molte più uova integre che strapazzate, non pensereste che costui sia un bel po' folle? Be' se aveste risposo affermativamente avreste sbagliato clamorosamente !
Una delle caratteristiche fondamentali del nostro Universo, forse la più importante dal momento che essa determina la possibilità della vita stessa, consiste nell’esistenza della cosiddetta “freccia del tempo”, ossia del fenomeno secondo il quale il tempo (qualunque definizione provvisoria ne vogliamo dare) sembra “scorrere” sempre nella stessa direzione, dal passato al futuro, secondo una sorta di “senso unico”. La freccia del tempo è dunque un aspetto fondamentale di ogni processo nell’Universo ed una sua reale comprensione, fin troppo rimandata e spesso “evitata” dalla fisica fondamentale “ufficiale”, è indispensabile per capire cosa sia l’Universo e come questo si evolverà in futuro.
Ma perché il tempo ci sembra scorrere nella medesima direzione? Perché ricordiamo il passato e non il futuro? Perché la causa precede sempre l’effetto? Senza soffermarci qui su una discussione approfondita sul concetto stesso di tempo e sulla sua caratterizzazione ontologia ed epistemologica nell’ambito della fisica fondamentale (sulla quale torneremo diffusamente in una serie di successivi approfondimenti), per comprendere il significato della freccia del tempo immaginiamo di far rotolare già dal tavolo un bicchiere: con buona probabilità esso, dopo aver urtato il pavimento, si infrangerà in una moltitudine di frammenti di dimensioni e forme diverse che si spargeranno in maniera più o meno casuale sul pavimento. Nel processo l’energia iniziale del sistema si trasforma alla fine in calore disperso nell’ambiente. Supponiamo ora di aver filmato tutta la scena e di riprodurla in senso inverso a quello della registrazione: ciò che vedremmo è un insieme di frammenti di vetro che pian piano si avvicinano riformando il bicchiere intero che risale dal pavimento fino al tavolo e comincia a rotolare. Ovviamente chiunque guardasse il filmato si accorgerebbe immediatamente che tale scena non corrisponde ad alcun processo reale. Il motivo è che sequenze di tale tipo (un bicchiere che si rompe, un organismo che invecchia e muore, un cubetto di ghiaccio che si scioglie nell’acqua tiepida, etc.) costituiscono un esempio di ciò che chiamiamo processo irreversibile, ossia che avviene, con probabilità schiacciante, sempre nello stesso ordine. Ebbene i processi irreversibili costituiscono la base della freccia del tempo, è evidente che il fatto che le cose avvengano secondo un certo ordine (A precede B e non viceversa) ha profondissime implicazioni su tutto ciò che accade nell’universo ed in particolare sul principio di causalità, fondamento della scienza moderna.
Reversibilità, entropia, equilibrio
Una freccia del tempo ci appare dunque del tutto naturale, nondimeno la sua presenza costituisce uno dei più grandi enigmi della fisica, dal momento che se si analizzano in profondità le leggi fondamentali della fisica (quelle cioè che regolano il mondo microscopico o quello ad esso assimilabile) queste appaiono, per quanto ne sappiamo, sostanzialmente reversibili (fatta eccezione per il fenomeno del collasso della funzione d’onda in fisica quantistica che sembra violare tale principio e sul quale ci sarebbe molto da discutere relativamente alla sua interpretazione “ortodossa”) o, per meglio dire, invarianti per inversione temporale. Ciò significa che dato un insieme di leggi dinamiche e la conoscenza delle condizioni di un sistema fisico ad un dato istante di tempo, in linea di principio, è possibile conoscere lo stato del sistema in un qualsiasi istante di tempo nel futuro così come nel passato, dal momento che le leggi dinamiche e dunque l’evoluzione del sistema non distinguono il passato dal futuro ossia non contengono una freccia del tempo. Si pensi ad esempio ad un pendolo che oscilla; se ignoriamo l’attrito (che è appunto costituisce la parte irreversibile del fenomeno) non possiamo stabilire se stiamo osservando un sistema che evolve nel futuro o nel passato; la stessa cosa vale, ad esempio, osservando l’urto elastico di due sfere in un piano orizzontale.
Ma se la freccia del tempo non deriva, per quanto ne sappiamo, dalle leggi della fisica, allora qual’è la sua origine? La risposta fenomenologica a tale domanda è da ricercare nel grado di complessità dei sistemi considerati; infatti il sistema composto dalle due sfere, così come il pendolo sono esempi di sistemi estremamente semplici, ma l’esempio del bicchiere che scivola e si rompe, il cubetto di ghiaccio che si scioglie, un organismo vivente che cresce e, ovviamente, l’Universo stesso sono esempi di sistemi complessi, ossia composti da un enorme numero di particelle soggette ad una moltitudine di interazioni. Ad ogni sistema complesso è possibile associare una grandezza fisica nota come entropia che, in termini elementari, è una misura del numero di modi (microstati) in cui i suoi costituenti elementari (in senso classico e quantistico) possono configurarsi senza modificarne lo stato macroscopico (macrostato). Ad esempio un cubetto di ghiaccio di data forma e dimensioni ha un’entropia inferiore della corrispondente massa d’acqua liquida poiché il numero di modi in cui le molecole d’acqua possono disporsi per formarlo è consistentemente inferiore di quello sufficiente a formare la stessa massa di acqua liquida (nel ghiaccio le molecole devono occupare posizioni ben determinate dalla struttura del solido, mentre nel liquido possono assumere praticamente qualsiasi posizione). Analogamente un uovo intero ha un’entropia molto più bassa dello stesso uovo strapazzato, così l’entropia di una tazza di caffè e di un cucchiaino di zucchero separati ha entropia minore del sistema zucchero sciolto più caffè.
In termini puramente statistici quindi i sistemi caratterizzati da entropia elevata sono anche i più probabili semplicemente perché esistono più modi di realizzarli.
Tutti i processi irreversibili in cui si manifesta una freccia del tempo (l’uovo che si trasforma in frittata, il ghiaccio che si scioglie nell’acqua più calda, un organismo che invecchia e muore, lo zucchero che si scioglie nel caffè, etc.) sono caratterizzati da un comportamento comune: l’entropia aumenta man mano che il sistema si evolve dallo stato iniziale a quello finale.
Sebbene il fatto che l’entropia aumenti può essere interpretata come una questione puramente statistica e insito nelle leggi fondamentali, nondimeno risulta talmente importante da costituire uno dei pilasti della fisica: il secondo principio della termodinamica. Questo principio afferma che l’entropia di un sistema isolato (ossia che è soggetto soltanto ad mutue tra le parti che lo compongono) non può diminuire e determina la tendenza inesorabile dei sistemi complessi a passare da macrostati ad entropia minore a macrostati ad entropia maggiore e che ci appare come il passaggio da ciò che noi chiamiamo passato (entropia minore) a ciò che chiamiamo futuro (entropia maggiore).
L’evoluzione “naturale” di siffatti sistemi tende a raggiungere una condizione di equilibrio: maggiore è il valore dell’entropia più il sistema si trova vicino all’equilibrio; il valore massimo dell’entropia compatibile con le condizioni del sistema caratterizza dunque lo stato di equilibrio di quel sistema.
In tal modo il cammino che porta un sistema verso l’equilibrio definisce una successione di stati che sperimentiamo come flusso del tempo. Una volta che il sistema ha raggiunto l’equilibrio nessuna ulteriore evoluzione è più possibile (almeno in senso macroscopico) e la freccia del tempo si annulla. La formulazione del II principio della termodinamica appare quindi in perfetto accordo con il comportamento dei sistemi complessi osservato nel nostro Universo, ma alla base della sua validità si nasconde un’ipotesi fondamentale, molto spesso ignorata o poco compresa: il sistema deve trovarsi “inizialmente” (e tale richiesta sembra introdurre una sorta di “asimmetria” temporale come vedremo nella seconda parte di questo articolo) in uno stato a bassa entropia, compatibilmente con le condizioni consentite per il sistema stesso. Se così non fosse, questo si troverebbe vicino ad uno stato di equilibrio, ossia non avrebbe modo di evolversi nel tempo. Ma se accettiamo la teoria del Big Bang ed assumiamo che l’Universo si è evoluto per circa 13 miliardi di anni, aumentando sempre la propria entropia e dando origine all’incredibile moltitudine di sistemi oggi osservabili, significa che la sua evoluzione deve essere iniziata a partire da uno stato molto lontano dall’equilibrio, ossia caratterizzato da un valore di entropia eccezionalmente basso, anche considerando che lo stesso stato attuale dell’Universo ha un’entropia molto inferiore a quella che potrebbe avere.
Un inizio molto, forse troppo speciale: l’enigma delle condizioni iniziali dell’Universo
Sfortunatamente il secondo principio da solo non è in grado di spiegare la freccia del tempo: esso afferma che gli stati ad entropia elevata sono più probabili di quelli a bassa entropia ma non ci dice perché lo stato iniziale dell’universo fosse a così bassa entropia (più correttamente ad entropia molto più bassa rispetto a quella che avrebbe potuto avere) ossia uno stato altamente improbabile se consideriamo esclusivamente il punto di vista del II principio. Infatti se lo stato primordiale dell’Universo fosse scelto a caso ci sarebbe stata una schiacciante probabilità di trovarlo in uno stato di entropia elevata vale prossimo all’equilibrio.
L’unico modo di spiegare la freccia del tempo è dunque quello di ammettere che lo stato iniziale dell’universo sia stato un improbabile stato caratterizzato da un valore di entropia particolarmente basso (posizione anche nota come ipotesi sul passato).
Se così non fosse stato, il tempo si sarebbe “bloccato” dando origine ad uno stato molto simile a quello di un gas all’equilibrio termodinamico in cui nulla di interessante si sarebbe potuto sviluppare (e men che meno la vita e la complessità del nostro Universo) tranne alcune prevedibili fluttuazione statistiche più o meno ampie (che pone il serio problema dei cervelli di Boltzmann discusso nel seguito).
In sostanza dunque la freccia del tempo dipende dal fatto che lo stato di partenza dell’universo fosse molto peculiare e non uno stato casuale nel quale non si sarebbe potuto distinguere il passato dal futuro.
Anche i dati sperimentali, se analizzati criticamente, sembrano confermare tale impostazione.
La radiazione di fondo dell’Universo ci fornisce una fotografia dell’universo primordiale e mostra che in prossimità dell’inizio del tempo (ammesso che questo coincida con il Big Bang, cosa peraltro tutta da dimostrare) materia e radiazione erano distribuite in maniera estremamente uniforme. Tuttavia, in generale, uno stato di questo tipo è associato ad un’entropia elevata. Se consideriamo infatti un gas all’equilibrio termico posto in un contenitore, il maggior numero di microstati associati a tale stato è caratterizzato da una distribuzione pressoché uniforme delle molecole del gas nel contenitore (fig. 1).
Figura 1. Evoluzione temporale di un sistema di molte particelle inizialmente distribuito asimmetricamente in un recipiente diviso da un setto rigido.
Pertanto, ad un primo superficiale sguardo, questa uniformità dovrebbe essere il riflesso di uno stato iniziale molto più uniforme che, in una valutazione dell’entropia che non tiene conto della gravità, sarebbe associato ad uno stato ad alta entropia, in contrasto con la richiesta di bassa entropia delle condizioni iniziali.
Ma ulteriori problemi sorgono se si considera l’effetto della gravità (e nello specifico all’ancora sostanzialmente incompresa gravità quantistica), ignorato nell’esempio del gas a temperatura uniforme .
La gravità infatti tende ad aggregare la materia rendendola più grumosa: così in un sistema governato dalla gravità lo stato estremamente più probabile sarebbe rappresentato da un buco nero caratterizzato ha un’entropia enormemente maggiore di quello di una distribuzione uniforme di materia (a differenza di quanto accade in un sistema in cui la gravità non è importante) (fig. 2).
Figura 2. Distribuzione delle molecole in un sistema a molte particelle all’aumentare dell’entropia in assenza ed in presenza della forza di gravità.
Una distribuzione uniforme sembrerebbe quindi ancora più improbabile, allora come mai saremmo stato così “fortunati” da avere uno stato iniziale dell’universo caratterizzato dalla “giuste” condizioni necessarie a garantire lo sviluppo dell’Universo nella forma in cui ci appare oggi?
Il problema di spiegare la freccia del tempo equivale a spiegare lo stato di bassa entropia dell’universo iniziale.
Sembra quasi che il nostro Universo sia stato finemente calibrato in modo da iniziare in uno stato molto distante da quello di possibile equilibrio (ossia di entropia straordinariamente bassa rispetto al valore che avrebbe potuto avere). Ma è possibile spiegare tali specialissime condizioni iniziali come il risultato di un’evoluzione dinamica “naturale” a partire da uno stato generico ed altamente probabile, senza ricorrere a principi antropici a hoc o ad una incredibile quanto improbabile coincidenza o, peggio, ad un miracolo?
Vedremo come le possibili risposte a tali profonde domande implichino una profonda rivisitazione di molte delle attuali convinzioni sulla nascita dell’universo, sulla teoria del Big Bang e sul concetto stesso di tempo in cui un ruolo chiave potrebbe essere rappresentato dalla tanto agognata teoria delle gravità quantistica.