Enigma Osteoporosi
Claudio Trupiano - 01/01/2016
Quale nascosto filo...di Arianna riconduce questi tre personaggi al comune denominatore dell’osteoporosi?
Quando si affronta il tema dell’osteoporosi secondo gli schemi diagnostici e terapeutici della Medicina classica si cade spesso, come per altre patologie, nel tunnel di domande senza risposte. L’incomprensione nasce ancora una volta dall’errore d’impostazione dell’indagine riduzionistica limitata allo studio dell’organo, senza considerare minimamente la psiche dell’individuo.
Così nella fattispecie dell’osteoporosi, armati di microscopio, si analizza il tessuto osseo progressivamente decalcificato, alla ricerca di qualche agente colpevole del fenomeno.
Alcuni anni fa, esattamente il 1.09.03, apparve un articolo sul quotidiano Repubblica che dichiarava finalmente la scoperta della causa dell’osteoporosi.
Nell’articolo veniva riportato il resoconto dello studio di un’equipe di ricercatori americani, insieme ad un gruppo italiano, dal quale risultava la scoperta di una proteina, chiamata Ciita, la quale aumenterebbe nell’organismo a seguito del calo di estrogeni dovuto alla menopausa. Come concausa dell’aumento di tale proteina si scatenerebbe l’azione degli osteoclasti, cellule direttamente responsabili del deterioramento del tessuto osseo.
L’articolo concludeva con la promessa della formula di un nuovo farmaco che nel giro di pochi anni avrebbe contrastato l’aumento di tale proteina chiamata Ciita.
Sono passati quattro anni e nulla si sa in merito a questa proteina, né tanto meno del farmaco promesso, ma a questo va riconosciuto il beneficio della sperimentazione e quindi la ricerca continuerà.
Nell’articolo citato, come del resto in tutte le altre fonti ufficiali relative all’osteoporosi, si parla di una malattia che colpisce per lo più le donne in menopausa, ma non tutte, una donna su tre e maggiormente dopo i 65 anni.
Quando una patologia riguarda maggiormente uno dei due sessi, la ricerca della causa inevitabilmente ricade sulla questione delle differenze ormonali. Si potrebbe anche convenire su questa impostazione se non ci dovesse di nuovo arenare di fronte all’immotivata constatazione che solo una donna su tre soffre di osteoporosi (in altre pubblicazioni si riporta: una su quattro, ma questi sono i balletti delle statistiche). E allora si comincia la scalata sugli specchi: forse gli estrogeni lavorano in maniera diversa da donna a donna, forse è il sistema immunitario più o meno forte. Ma quando si raffrontano queste motivazioni sul perché anche il sesso maschile, anche se percentualmente in misura inferiore, soffra di osteoporosi, allora non resta che rifugiarsi nell’alveo sicuro dove ogni patologia trova una sua giustificazione: è una questione genetica!
E comunque a dar man forte a tutte le teorie sulla ricerca delle cause delle malattie non mancano mai “i gemelli che viaggiano in coppia: il fattore ambientale e l’alimentazione sbagliata”, il tutto condito con la reiterata e severa ammonizione contro il fumo delle sigarette.
In sintesi però un po’ di argomentazioni per l’osteoporosi sia per il sesso femminile che quello maschile sono state trovate.
Ma recentemente è saltato fuori il terzo incomodo a mettere i bastoni fra le ruote dei ricercatori: perché gli astronauti dopo un lungo periodo di stazionamento nell’orbita terrestre tornano sulla terra e si ritrovano con l’osteoporosi? Tutte le motivazioni precedenti saltano, a parte forse alimentare una nuova ricerca sul presunto fattore ambientale dell’orbita terrestre.
Così, mentre si continuano le ricerche al microscopio e in attesa di una prossima giornata domenicale dedicata all’osteoporosi (nella quale potremo comunque aiutare i vivai di piante), si ricorre alla farmacologia assumendo prodotti contenenti calcio, senza disdegnare il consiglio paterno di tutti i medici a favore del famoso e buonissimo formaggio grana.
Ma a parte la bontà del grana, anche se dispiaciuti per la sua alta dose calorica, nessuno farmaco “calcificante”, né tanto meno alcun alimento, ha sinora risolto il problema dell’osteoporosi.
Ancora una volta possiamo ritrovare un po’ di ordine e di logica espositiva nell’argomentazione dell’osteoporosi secondo le Leggi Biologiche del dr. Hamer .
A questo riguardo vale la pena ricordare come l’universalità delle scoperte di Hamer, insita nella loro riproducibilità biologica, ci porti alla comprensione dell’intero processo dell’osteoporosi.
Riprendendo quindi gli schemi base per la comprensione delle patologie secondo le Leggi Biologiche e considerando il tessuto osseo coinvolto, sappiamo che il foglietto embrionale interessato è il midollo cerebrale del neoncefalo.
Gli organi connessi al midollo, oltre al tessuto osseo e quindi tutto lo scheletro, sono: i muscoli, i linfonodi, i vasi linfatici e linfonodi, il parenchima renale, il parenchima ovario e testicolare.
Per comprendere il conflitto biologico di fondo di questi organi è sufficiente considerare la funzionalità fisiologica degli stessi. Sono organi di sostegno sia strutturale che funzionale al diritto biologico di esserci come individui.
Il conflitto biologico che conseguentemente va a minare questa fisiologia è “il non riuscire più a farcela”. Questa affermazione va precisata in modo puntuale, perché spesso ci si limita a definire questo conflitto legato al midollo cerebrale come un conflitto di svalutazione. È pur vero che questa connotazione è implicita e consequenziale al “non ce la faccio più”, ma l’occasione è utile per ribadire ancora una volta un concetto di fondo di tutte le scoperte del dr. Hamer. I conflitti da considerare nella connessione Psiche-Cervello-Organo vanno compresi nella loro accezione biologica, non psicologica. Pertanto la DHS subita riguarda il sentito biologico dell’individuo che improvvisamente vive la condizione di non riuscire più a sostenersi, includendo solo a posteriori la conseguente ed inevitabile svalutazione, la cui connotazione è da ritenersi appunto di natura psicologica.
Gli esempi del nostro filo di Arianna riportati nel titolo dell’articolo ci confermano e documentano meglio le argomentazioni citate.
È infatti ora più facile capire perché alcune donne, ma non tutte, dopo la menopausa (poco importa se una su tre o una su quattro) vivono tale situazione come un momento di “non farcela più come prima”.
Questa sensazione diventa inevitabile per quelle donne che vivono il momento fotografico dell’interruzione improvvisa del ciclo mestruale, come se fosse la fine della loro femminilità.
E nel termine femminilità va ricompresso sia la sua accezione sessuale, sia quella della maternità e quindi una sorta di compromissione della stessa individualità.
Comprensibile altresì come il fenomeno dell’osteoporosi diventi progressivo e si accentui nel corso degli anni qualora questa situazione non trovi soluzione in una ripresa della donna. Così il processo fisiologico può estendersi anche alle cartilagini, ai muscoli e in genere a tutto il sistema circolatorio. Se poi si assiste a continue recidive non è difficile assistere a quelle che vengono definite patologie croniche: artrosi, artriti, flebiti, decalcificazioni progressive con possibili fratture sino alla classica rottura della testa del femore.
La stangata finale arriva quando, in presenza di inevitabili dolori nella fase di soluzione, la persona si rivolge fiduciosa al proprio medico di fiducia, nel quale giustamente si ripone ogni aspettativa terapeutica. Quest’ultimo, se non conosce il perché e il processo biologico di queste patologie, non può far a meno di somministrare farmaci antinfiammatori, ma la stangata arriva dalla possibile battuta massacrante: “…signora, ormai alla sua età!” e allora il ritorno a casa è sulla “carrozza” della svalutazione.
Così diventa comprensibile anche la storia del netturbino di Genova. Un signore, poco più che trentenne, il quale dopo essere stato assunto come spazzino, si sentì dire dopo tre mesi di prova: “Guardi, ci dispiace, ma lei non è nemmeno capace a fare lo spazzino, si cerchi un altro lavoro”. Passarono altri sei mesi prima di riuscire a trovare un altro impiego, dopo uno stato di prostrazione e avvilimento. Ovvia la conseguenza: tutta la struttura ossea di questo signore non aveva più la necessità fisiologica e biologica di continuare a strutturarsi.
Solo quando riuscì a trovare un impiego come rappresentante ritrovò motivazione e gioia di vivere. Passando finalmente alla fase di soluzione della sua svalutazione, il tessuto osseo, secondo la terza legge biologica (vedi n nota la sequenza), cominciò a ricostruirsi con conseguenti diffusi dolori in tutto il corpo. Ma per fortuna il nostro ex netturbino venne a conoscenza delle scoperte del dr. Hamer e con qualche rimedio di supporto ha saputo aspettare la fine della sua soluzione.
Il terzo esempio, relativo all’osteoporosi riscontrata negli astronauti al loro ritorno sulla terra, ci porta ad una migliore e puntuale comprensione della natura biologica del conflitto che si riflette sulla struttura ossea.
Gli astronauti quando si trovano nell’orbita terrestre, specie quando s’intrattengono per lunghi periodi, sono costretti a vivere per tutto il tempo in assenza di gravità. Questa situazione comporta per il corpo umano, in particolare per la struttura ossea, uno stato fisiologico completamente diverso da quello vissuto in presenza della forza di gravitazione. Si capisce infatti che il nostro scheletro, in continuo rinnovamento cellulare, trova la propria necessità ricostituiva nella misura in cui viene sollecitato a funzionare. Venendo meno questa funzione, in assenza di gravità, avviene inevitabilmente che il messaggio ricevuto dalle paratiroidi (direttamente coinvolte nell’equilibrio dell’apporto tra calcitonina e paratormone) è quello di non depositare più calcio nelle ossa.
Cambia la motivazione rispetto al conflitto dei due esempi precedenti, ma resta uguale il comune denominatore: la mancanza di necessità fisiologica funzionale, e quindi per i primi due esempi dovuto ad un sentito biologico legato al conflitto di “non farcela più”, per il caso dell’astronauta perché non è più necessario funzionare.
Ovviamente la controprova degli assunti precedenti la ritroviamo nelle situazioni opposte, cioè in quelle persone, donne e uomini che, indipendentemente dall’età, fanno della propria vita un’occasione di realizzazione e di motivazione continua e per i quali osteoporosi, artriti e artrosi, come tutti i canonici “acciacchi dell’età” sono sconosciuti.
Alla luce della veridicità, ma soprattutto della verificabilità delle scoperte del dr. Hamer, si comprende quanto si potrebbe essere d’aiuto a molte persone, in particolare anziane, che vivono situazioni conflittuali che minano la loro possibilità di esserci ancora e con diritto.
Le loro patologie diventano risolvibili partendo in primo luogo dalla consapevolezza e dalla rimozione della causa vera, e secondariamente accompagnandole, lenendo eventuali dolori anche con qualche rimedio di supporto, ma soprattutto con la conoscenza della cosiddetta fase di risoluzione della vagotonia, che non sarà più per loro la brutta e incomprensibile malattia autoimmune, né tanto meno un’ennesima recidiva di un conflitto di svalutazione.
Sequenza TERZA LEGGE con la successione dell’osteoporosi:
SIMPATICOTONIA
Fase attiva del conflitto: Neo-encefalo - Diminuzione della funzione - Necrosi – Ulcerazione – citostasi
VAGOTONIA
Fase di riparazione cicatriziale del conflitto: Neo-encefalo - Proliferazione per
riparazione cicatriziale
Claudio Trupiano si occupa da anni della Nuova Medicina Germanica secondo i dettami del Dr. Hamer. A questo proposito ha creato l'associazione A.L.B.A