La musica di Claude Debussy fra acqua, alchimia e fisica quantistica
Alessandro Nardin - 01/01/2016
Il mare di Debussy si spalanca agli occhi e alle orecchie di chi gli si accosta, lasciando il malcapitato al cospetto di una distesa dai confini incerti.
Debussy intuì nella simbologia dell’Acqua una via per il ritorno al Principio. La musica non è che la voce più autentica di questo ritorno. Questa intuizione anticipava di fatto le scoperte della fisica degli anni che seguirono: la natura fluida vibratoria della materia, l’esistenza di una realtà prima ed ultima che connette tutti i fenomeni.
Claude Debussy e la sua percezione della musica
Claude Debussy visse e compose nella Parigi fin de siecle, teatro delle più importanti innovazioni artistiche e culturali ma anche di quella che viene conosciuta come la “rinascita occultista”: egli frequentò quegli stessi luoghi in cui poeti e pittori simbolisti incontravano i mistici rosacroce e gli epigoni della nuova alchimia. Ebbe quindi il modo di abbeverarsi delle stesse radici della conoscenza e di sperimentare direttamente, tramite i suoni, una visione del mondo al tempo stesso fisica e spirituale.
L’Acqua, elemento cardine della sua vita compositiva, ne è la più perfetta trasposizione.
Quale immagine dell’acqua avrebbe potuto influenzare Debussy? Egli colloca la musica all’interno della natura stessa: è qui che si rivela il suo pensiero più autenticamente esoterico.
Per lui «la musica è una somma di forze sparse» e la sua origine «è iscritta nella natura.»
Essa si colloca pertanto fra il moto sensibile dei fenomeni e il moto vitale interiore, «non limitandosi solo alla riproduzione esatta della natura ma ai legami misteriosi tra la natura e l’immaginazione.»
In una delle definizioni più ermetiche, Debussy arriva a definire l’arte musicale «una misteriosa matematica che partecipa all’infinito e che presiede al moto delle acque e al gioco delle curve descritte dalle brezze mutevoli».
Le origini esoteriche della musica di Debussy
La musica è causa e al contempo effetto di un movimento interno alla natura delle cose: il movimento fenomenico dell’aria e dell’acqua che percepiamo con i nostri sensi, non è che una derivazione.
È interessante a questo punto confrontare queste riflessioni con quelle di François Jollivet-Castelot, lo scienziato coevo del compositore, frequentatore delle stesse società rosacroce che segnò una rinascita del pensiero e della pratica alchemica.
Il fondatore del Hyperchimie, in un testo del 1901, così riassume le caratteristiche del Mercurio filosofale: «Il Mercurio simboleggia la forza vibratoria universale, il fluido, il principio passivo estremo delle cose. Acquoso, esso racchiude l’Acqua e l’Aria che tendono senza sosta a entrare.»
Se il Mercurio-Acqua è “vibrazione”, come dice Jollivet-Castelot, è anche suono: l’Aria, è l’elemento che vivifica il suono, e che lo conduce al cospetto della realtà naturale e degli uomini capaci di ascolto.
La questione più importante e più carica di conseguenze è data proprio dalla natura vibratoria che caratterizza l’elemento liquido: non un semplice movimento ma un’oscillazione permanente, nascosta nel cuore stesso della materia e che per sua stessa natura è suono.
Debussy lo ha reso fenomeno reale tramite la propria musica.
Musica e dinamicità della materia
Il Principio è vibrazione, la vibrazione è suono, il suono è Vita.
Questo ci porta al cospetto della modernità: ai nostri giorni, mediante metafore musicali, è stato con limpida chiarezza il compianto professor Emilio Del Giudice a descrivere le oscillazioni di energia interne all’acqua.
La sensibilità del prof. Del Giudice lo portò spesso a mettere in parallelo la coerenza interna della dinamicità della materia e la musica.
«Le oscillazioni del campo costituiscono la musica al cui ritmo le molecole danzano collettivamente.»
È la danza di Śiva della tradizione induista, «il flusso incessante di energia che attraversa un’infinita varietà di configurazioni, che si fondono una nell’altra.»
Per Del Giudice, c’è un elemento privilegiato in cui è possibile riscontrare l’armonia interna della materia, l’elemento che già Talete, primo filosofo, intuì come origine della vita e della cui maternità universale Debussy fu cantore devoto: l’acqua appunto.
«L’acqua liquida è stata riconosciuta da tempo come la matrice di molti processi, compresa la vita.» Ci ricorda Del Giudice.
La comprensione della realtà attraverso la musica
«In re immobili, numquam fit sonus.» In un mondo inerte, non esiste alcun suono.
Ma il mondo non è mai inerte. Ce lo dice la scienza, che nega la possibilità della stasi totale delle particelle ponendo lo zero assoluto come un punto d’arresto teorico irraggiungibile o aprendo le porte alle infinite armonie della teoria delle stringhe. E ce lo conferma la musica.
Claude Debussy si sentì investito della responsabilità di tradurre in musica la vita della materia, il ciclo continuo di rigenerazione che nella morte vede i prodromi della rinascita, la vibrazione perpetua, il respiro dell’universo. La danza di Śiva, nella sua arte, non si è mai arrestata.
Così come noi oggi possiamo comprendere l’esistenza delle più piccole, invisibili particelle solo dalle tracce lasciate nelle loro collisione, così la via esoterica di Debussy è comprensibile solo da ciò che ci ha lasciato: è nel bagliore accecante della sua musica che la sua mente illuminata ha lasciato la sua impronta.
«Solo i musicisti hanno il privilegio di captare tutta la poesia della notte e del giorno, della terra e del cielo, di ricostruirne l’atmosfera e ritmarne l’immenso palpito.»
Leggi gli interessanti articoli del n. 57 di Scienza & Conoscenza intitolato "Il potere del suono"