Nel microbiota il segreto della salute
Alimentazione e Salute
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L’importanza del microbiota intestinale per la salute dell’intero organismo è ormai un dato acquisito dalla moderna scienza alimentare e dalla medicina interna.
Valerio Pignatta - 22/06/2023
Mantenere in equilibrio il microbiota con una dieta sana e adatta, e con uno stile di vita salutare, contribuisce a migliorare le performance quotidiane e allunga la speranza di vita media in uno stato di buona salute. Ma le ultime ricerche in tema ci hanno anche informato che una microflora intestinale funzionale ed efficiente svolge un ruolo determinante nel potenziare le nostre difese anche di fronte a patologie psichiatriche e neurologiche.
Come constatiamo ogni giorno intorno a noi, lo stress e i disturbi correlati alle problematiche esistenziali, professionali ed economiche, quali ad esempio depressione, ansia e attacchi di panico, sono sempre più comuni e diffusi. Un buono stato di salute intestinale gioca un ruolo fondamentale nel determinare la nostra capacità di affrontare lo stress e queste patologie. Un microbiota intestinale insufficientemente strutturato, ciò che comunemente viene definito come disbiosi, può nel lungo periodo condurre a dover affrontare uno stress di basso livello (infiammazione) e a disturbi del sonno.
Il rischio da (troppi) antibiotici
Una tale condizione si può realizzare in seguito a una perdurante cattiva alimentazione o al ricorso ripetuto di antibiotici che, seppur importantissimi in determinate situazioni patologiche, sono oggi purtroppo e talvolta prescritti in caso di malattie che non ne richiedono la somministrazione, causando così spesso, al contrario, solo danni all’organismo. Una carenza di equilibrio dei microrganismi dell’intestino che deriva da queste condizioni può predisporre o rendere inclini a sviluppare anche malattie neuropsichiatriche. Il morbo di Parkinson, ad esempio, una malattia neurodegenerativa detta anche paralisi agitante, è una condizione patologica sempre più associata ai microbi intestinali. I vari sintomi motori che caratterizzano questa malattia (tremore, rigidità del movimento e alterazioni dell’andatura) sono il risultato della morte delle cellule (apoptosi) che sintetizzano e rilasciano un neurotrasmettitore chiamato dopamina. La scoperta degli ultimi dieci-quindici anni è che si ipotizza che la proteina patologica alfa-sinucleina prodotta da alcuni batteri intestinali provochi la morte delle cellule produttrici della dopamina nel cervello.
I vantaggi da una dieta chetogenica
Tuttavia, le ricerche suggeriscono che non vi può essere solo un profilo alterato del microbiota, ma che è necessaria una condizione di infiammazione cronica di basso grado, con effetti dannosi sia sull’intestino che sul cervello. Queste evidenze supportano l’osservazione della abituale comparsa di sintomi gastrointestinali funzionali, come la stitichezza, che spesso si verifica anche molti anni prima che si manifestino i sintomi motori. Il ricorso a una dieta chetogenica (ricca di grassi e povera di carboidrati che imita gli effetti metabolici del digiuno forzando l’organismo a utilizzare le sue riserve di grasso primarie) può essere un valido coadiuvante nei casi di Parkinson. Essa infatti comporta un aumento dei livelli dei corpi chetonici (idrossibutirrato, acetone e acetoacetato) nel sangue periferico e nelle urine, aumento che è stato dimostrato inibire le proteine apoptotiche e migliorare l’attività mitocondriale, riducendo così l’apoptosi nelle malattie neurodegenerative come appunto il Parkinson. La ricerca in corso in questo ambito del sapere medico può dunque far sperare in migliori e future opzioni terapeutiche per coloro che ne soffrono.