Il punto di svolta: trarre beneficio dai momenti di crisi
Consapevolezza e Spiritualità
Consapevolezza e Spiritualità
Il nuovo libro di Gregg Braden stamattina era sulla mia scrivania, scintillante nella sua rigidità e compattezza di libro appena uscito dalla tipografia. Impossibile non aprirlo e perdersi nelle sue pagine... devo ammetterlo ne sono stata rapita!
Romina Alessandri - 01/01/2016
Dal libro The Turning Point - Gregg Braden
Ho scelto per voi un assaggio, e lo dedico a tutti coloro che, come me, sono a un punto di svolta della loro vita.
«Finché non ci saremo smarriti, in altre parole, finché non avremo smarrito il mondo,
non potremo cominciare a trovare noi stessi».
— Henry david THoreau (1817-1862), Saggista e filosofo americano
I primi raggi del sole mattutino spuntavano all’orizzonte mentre scendevo dal mio furgone sul terreno ghiacciato del parcheggio. Sebbene la patina di ghiaccio su cui stavo camminando fosse rara in quel periodo dell’anno, saperlo non mi rese meno arduo avviarmi verso il botteghino della cassa. Le suole di cuoio dei miei stivali non erano adatte per spostarsi sulle superfici ghiacciate e il mio incedere si trasformò ben presto in una serie di goffe scivolate.
Stavo attraversando una cittadina del Colorado meridionale per recarmi a una riunione che si sarebbe svolta quel giorno a Taos, nel Nuovo Messico. Ricordandomi che in passato per arrivarci avevo dovuto percorrere un lungo tratto disabitato, mi ero fermato a un minimarket per fare il pieno e per bere una tazza di tè. Quando entrai nell’ambiente caldo di quel piccolo negozio, vidi un uomo anziano intento a bere del caffè da un thermos, seduto a un tavolino accanto alla vetrata. Aveva appena assistito alla scena di me che barcollavo e scivolavo per raggiungere il locale.
Quando gli passai accanto mi disse, senza nemmeno guardarmi in faccia: «Si scivola là fuori, eh?».
«Allora ha visto il mio balletto?» gli chiesi sorridendo.
«Sì… ho visto tutta la scena. Quegli stivali che ha messo non vanno
mica bene con questo tempo. Le servono un paio di questi», disse indi-
cando sotto il tavolo i suoi stivali da lavoro con la suola di gomma spessa.
«Ne ho un paio», gli risposi, «ma li ho lasciati a casa. Di solito passo di qui più tardi durante la giornata, quando il sole è già alto e il ghiaccio si è sciolto; ma ieri sera sono partito dopo e non volevo arrivare al passo durante la tempesta di neve, così ho trascorso la notte al Best Western», dissi indicando in direzione dell’unico albergo della città.
Pensavo che la nostra conversazione fosse finita lì, quindi quello che udii subito dopo mi colse totalmente di sorpresa.
«Sì, sì, so cosa intende», aggiunse l’uomo. «Mica dovrebbe fare un freddo cane del genere in questo periodo dell’anno. Ma è cambiato tutto. I nativi ci avevano avvertito che doveva succedere… tutto quanto. Ci avevano detto che la pioggia avrebbe smesso di cadere, che il clima sarebbe cambiato e che la gente sarebbe impazzita per cercare di capirci qualcosa. Il problema è, cavoli, che nessuno gli ha creduto».
Le parole di quell’uomo erano del tutto inaspettate e suonavano completamente estranee al contesto di quella mattina, almeno per me. Per lui, invece, si trattava dei pensieri che gli giravano in testa. Alla fine mi sbirciò da sotto la tesa del suo logoro cappellino John Deere.
Mi guardò dritto negli occhi e, facendo un sospiro profondo, mi disse: «Ora tutto va a rotoli. È un macello, caro signore. Ha smesso di piovere nella stagione umida. Il mio grano ha smesso di crescere quando deve. Le mie mucche non trovano erba da brucare».
Poi continuò dicendo: «Così non va bene. Ma cosa ci puoi fare? Devi tirare avanti. Devi cercare di fare del tuo meglio per cavartela. Però io le dico una cosa: quello che sta succedendo non è certo roba di tutti i giorni, questo è poco, ma sicuro». Il vecchio si alzò per andarse- ne e bevve un altro sorso di caffè. Avevo a mala pena aperto bocca, tut- tavia avevo l’impressione di aver fatto una conversazione straordinaria.
Voltandosi mentre si avviava verso la porta, mi salutò dicendo:
«Abbia cura di sé giovanotto. C’è una bella distesa di niente fra dove lei si trova adesso e dove sta andando».
Lo osservai mentre si avviava verso la sua vecchia jeep International Harvester. Sapevo che avevano smesso di costruire quei veicoli più di trent’anni prima. Lo seguii all’esterno del locale e rimasi in piedi a guardarlo finché il rombo della jeep si affievolì fra i rumori mattutini. Ripensai a ciò che aveva detto, chiedendomi se fosse vero.
Di fatto, il mondo è cambiato veramente tanto, ma risulta difficile stabilire il momento esatto in cui ha iniziato a farlo. Una delle cose che il vecchio aveva detto, però, era innegabile: stiamo vivendo in un’epoca straordinaria, secondo ogni punto di vista. Davvero il mondo d’oggi non ha più nulla di consueto!
ORA È DIVERSO, COSA E' CAMBIATO?
È vero. Ora è diverso. Il mondo in cui siamo cresciuti è finito e non tornerà più. È scomparso davanti ai nostri occhi. Mentre eravamo intenti a fare la spesa settimanale dal droghiere, a portare in tavola il cibo per le nostre famiglie e a prenderci cura dei nostri vecchi genitori, il consueto mondo che conoscevamo e di cui ci fidavamo è svanito. Il problema è che nessuno ci ha avvertiti che stava succedendo. Nessuno ci ha detto che le nostre vite sarebbero cambiate per sempre.
Non hanno messo un annuncio nei titoli di testa del Wall Street Journal o di USA Today. Non hanno trasmesso un servizio speciale sui canali televisivi, nessun rapporto investigativo durante il telegiornale della sera e nessun richiamo sulla copertina di riviste patinate per attirare la nostra attenzione dalle edicole degli aeroporti. Poiché il mondo che conoscevamo non esiste più e la sua scomparsa non ha mai riscosso ampio riconoscimento all’interno del pensiero di massa, non abbiamo mai avuto l’opportunità di riconoscere il più grande cambiamento della nostra vita, tale da avere un impatto sul maggior numero di persone mai interessate da un cambiamento nella storia mondiale! Non abbiamo mai avuto modo di dare l’addio alle cose che sono ormai finite e di rattristarci per la loro scomparsa.
[PRODOTTO_PH_4007]
Abbiamo constatato la sparizione del nostro mondo quando i negozietti a conduzione familiare che costellavano le strade delle nostre comunità sono stati rimpiazzati dai cubi di cemento che ospitavano i nuovi esercizi commerciali che li hanno fatti fallire.
Le fattorie di famiglia sulle quali contavamo per le nostre provviste settimanali di uova e latte sono diventate rare perfino nelle zone rurali. Le bottegucce di quartiere cui ci affidavamo per aggiustare tutto, dalle suole bucate ai pneumatici e alle tosaerba che usavamo per curare i prati davanti alle case che un tempo avevamo, oggi stanno diventando ricordi d’altri tempi. Un intero stile di vita è svanito, ed è accaduto tanto rapidamente che molti non si rendono ancora conto che sia cambiato. Non rendendosene conto, non possono nemmeno sapere che non tornerà mai più. Non comprendono, cioè, che stiamo vivendo in un mondo vulnerabile di transizione e, per ora, in un mondo fatto di estremi.
Proprio da qui ha origine il problema. Poiché non sanno che si è verificato un cambiamento, stanno ancora aspettando che ritorni il mondo del passato. Stanno aspettando che la vita torni a essere “normale”. In maniera consapevole per taluni, inconsapevole per altri, restano attaccati all’idea del mondo come era, a come le cose funzionavano una volta e al posto che occupavano in quello scenario.
Molti hanno messo in standby la loro vita fino a quando quel mondo familiare non ritornerà. Hanno rimandato le grandi decisioni da prendere, come quando sposarsi, quando fare figli e quando cercare un nuovo impiego in un settore diverso per rimpiazzare quello che non c’è più. Hanno rimandato tutte queste cose perché stanno aspettando che il mondo si rimetta a posto e torni a essere come prima.
Mentre aspettano, però, stanno perdendosi la parte migliore della vita: si stanno dimenticando di vivere!
Un intero stile di vita è svanito senza che potessimo avere l’opportunità di rattristarci per la sua scomparsa, lasciandocelo alle spalle.
Come possiamo sopravvivere in un nuovo mondo se restiamo concentrati sull’attesa che ritorni il mondo del passato?