Il “potere” dello Yoga della Risata
Emanuele Cangini - 01/01/2016
Nelle Cronache si narra che Alessandro il Grande amasse intrattenere discussioni con i propri generali e, senza la necessità di fregiarsi di una sterile loquacità, sfruttando il culto del vuoto, del silenzio, sapeva scegliere con grande cura le proprie parole. A tal punto predilette da risultare pregne di quella forza e quella efficacia, dettate più dall’attesa del pronunziarle che non dalla veemenza dei toni adoperati. In particolare, nella battaglia di Cheronea (338 a.C.), si ricorda di come il principe macedone, si rivolse ai propri graduati, impazienti di vederlo indugiare in un’attesa che certo mal si collimava con la fase concitata dello scontro: «La freccia dev’essere scoccata solo quando l’arco è perfettamente teso. E io, attendo la mia velocità». Parole che vibrano tutt’ora, a secoli di distanza, ancora dense di quell’energia misteriosa che aveva saputo ispirarle: parole antiche, ma sempre molto attuali.
Formare il pensiero per creare la realtà che desideriamo
Ebbene, confesso di aver pensato a tutto ciò, ascoltando Michele Pengo (padovano, Direttore vendite Gioel, responsabile della formazione di manager e venditori, Business Coach professionista e Master Pratictioner in PNL) il 10 aprile 2016, a Padova, avendo la fortuna di presenziare a un suo workshop, ispirato alla comunicazione personale e aziendale. Come un taumaturgo, mosso da una forza misteriosa, è apparsa subito chiara la sua innata abilità nello scegliere, appunto, le parole adoperate che, seppur certamente affinate da anni di studio pratico di Pnl, non avevano per questo perso la propria forza persuasiva, palpabile nella totale assenza di esitazione che le promuoveva.
Dalla evocazione di precisi princìpi di “atteggiamento mentale positivo”, alla invocazione dei più recenti assunti della fisica quantistica, il tutto passando per lo studio della comunicazione corporea e terminando con lo yoga della risata.
Al pari di uno sciamano indiano, Michele permea di sostanza il dicibile, rendendolo da semplice vibrazione, atto concreto. Laddove i termini “terminano”, Michele apre un nuovo orizzonte. «Mantieni il pensiero su ciò che vuoi, non su ciò che temi», sentenzia con un sorriso, non meno profondo di quanto lo sia la verità racchiusa in quelle sillabe. Se è vero che le false credenze controllano le nostre vite, è anche vero che concediamo perciò un potere agli eventi che altrimenti non possederebbero: come affermava Jung, «impara a gestire e controllare l’inconscio, altrimenti lui gestirà te, e lo chiamerai destino». Michele si appropria di questo concetto junghiano, plasmandolo secondo una dialettica nuova e conferendogli quella incisività di più ampio spettro che non ne mina però l’efficacia penetrativa; solo prestando attenzione a ciò che pensiamo, potremo creare nuovi circuiti neuronali, e solo con nuovi circuiti neurali, potremo assumere abitudini diverse.
La “legge d’attrazione”: chiedi, credi, ricevi
I pensieri producono parole, queste producono immagini, le immagini producono chimica corporea, la quale produce emozioni: l’emozione produce comportamento e azione. Con un semplice algoritmo, Michele ci illustra quel processo per il quale, nella fisica dei quanti, una funzione d’onda collassa in una particella, dal mondo del potenziale si passa al mondo del realizzato, dal vuoto delle possibilità infinite si passa alla sostanza dello specifico concreto. Se per risonanza, attiriamo ciò in cui crediamo, la legge d’attrazione legittima la sua validità. Ecco il perché dell’importanza del controllo del pensato: intervenire a monte del processo e non alla fine, ergo, non focalizzarsi sulle circostanze esterne, cercando di mutarle al proprio volere, ma con-centrarsi all’origine della catena, vale a dire, il pensiero.
Su questi presupposti, disponiamo di sufficiente materiale per descrivere un processo creativo su basi rinnovate e illuminate, riassumibili secondo tre punti principali:
- chiedi,
- credi,
- ricevi.
“Chiedi”, inteso questo come presa di coscienza in merito a cosa davvero si desideri (fatto non così scontato come si tenderebbe a credere); “credi”, atteggiamento fideistico, che suggerisce il “vivere come se”, la fede nella certezza che ciò che vuoi sia già tuo; “ricevi”, godere e beneficiare di ciò che si è ottenuto. Altro concetto importante è quello della proattività, vista e concepita come la capacità di orientarsi sulle soluzioni e non sui problemi: qualità fondamentale, sviluppabile attraverso la sovrapposizione dei concetti di attenzione e intenzione.
Se è vero che l’attenzione è uno strumento cognitivo della mente e l’intenzione la finalità sottesa al pensiero stesso, va da sé che una loro fusione produca una euristica diversa, quindi, percorsi neurali diversi. Il pensiero positivo pare avere trovato basi più solide sulle quali poggiare, a dispetto di tutti quei detrattori che, forse in maniera un po’ troppo liquidatoria, lo hanno battezzato alla stregua di facili vagheggiamenti ciarlieri. Occorre prima essere per fare, e per essere occorre creare cambiamento nei pensieri, quindi nelle abitudini.
Il “potere” dello Yoga della risata
Michele ci ha illustrato come, seguendo un filo che ha saputo tessere con maestria e attendibilità. E in soccorso degli strumenti appena visti, ecco giungere una novità, che mai prima d’ora si era pensata applicabile alla formazione: lo yoga della risata, seguendo un percorso tutto suo, diviene strumento prezioso nelle mani di Michele, regalandoci la possibilità di attuare quei cambiamenti auspicati seguendo un percorso parallelo. La via dell’emozione diventa la strada da seguire, il sentiero che percorre un tracciato vicino, ma distinto, a quello della prassi mentale. Ritrovando il contatto con noi stessi, ritrovando la magia del sorriso spontaneo, ritroviamo la dimensione perduta del qui e ora. Ridere per produrre emozioni, emozioni per costruire chimica differente.
«Quando ridi, tu cambi, e quando cambi, il mondo cambia con te», è scritto sulla maglia dello Yoga Teacher: Michele, come un umanista della corte medicea, dichiara al mondo il suo amore per l’uomo. Un amore rinnovato, fiducioso, scevro dai pessimismi di inizio millennio, portatore di un messaggio preciso e fondato: l’uomo nuovo non potrà non passare attraverso la soglia obbligata della retrospezione. Forse un altro Rinascimento è cominciato e Michele veste i panni del mecenate che impreziosisce il proprio corteo delle opere più raffinate. Un mosaico sta nascendo, ricco di promesse e di attese, incastonate l’una all’altra come arazzi di un’icona bizantina. A quanto pare, all’uomo nuovo, da ora, sono stati offerti gli strumenti per produrre questo cambiamento. Non gli rimane che impugnarli. L’oltreuomo nietzchiano attende.
Grazie di tutto, Michele!