I BUCHI NERI non EVAPORANO
Fausto Bersani Greggio - 01/01/2016
Nei primi anni '70 il fisico inglese S. Hawking avanzò una teoria in virtù della quale, in prossimità della superficie di un buco nero si possono creare coppie di particelle di tutti i tipi. Tale fenomeno può generare un intenso flusso di radiazione verso l'esterno con conseguente riduzione della massa del buco nero. L'effetto, nel caso di buchi neri di massa molto piccola (~ 10^12 kg), probabilmente formatisi nelle prime fasi di vita dell'universo, dovrebbe assumere, allo stato attuale, il carattere di una vera e propria evaporazione totale. Tuttavia le ricerche sperimentali di tali emissioni, sino ad oggi, hanno dato esiti negativi. Una possibile spiegazione potrebbe consistere nella scarsa presenza nell'universo di oggetti stellari aventi tali caratteristiche. In questo articolo, tuttavia, si avanza un'ipotesi alternativa basata su una rilettura del fenomeno quantistico che è all'origine dell'effetto previsto da Hawking la quale, di fatto, impedirebbe la fine catastrofica dei mini buchi neri.
Velocità di fuga e buchi neri
I buchi neri costituiscono senza dubbio una delle conseguenze più affascinanti della teoria della Relatività Generale. Stelle “normali” come il Sole mantengono il loro stato di equilibrio per effetto della pressione termica che controbilancia la spinta gravitazionale. Tale meccanismo si dimostra efficace solo per determinate temperature garantite dalle reazioni termonucleari che avvengono all'interno della stella stessa. Qualora le scorte di combustibile nucleare si esurissero, la pressione diminuirebbe e non sarebbe più in grado di competere con la gravità. In talune situazioni verranno a meno le condizioni, da parte della stella, di autosostenere il proprio peso e, pertanto, si verificherà un collasso gravitazionale che condurrà ad un buco nero.
Durante la fase del collasso il raggio R della stella è destinato a decrescere e, prima o poi raggiungerà un valore soglia, noto come raggio di Schwarzschild [1]. A questo punto la superficie esterna della stella diventerà una superficie intrappolata, chiamata anche orizzonte degli eventi, ossia una superficie sulla quale il campo gravitazionale risulterà talmente intenso che nessun segnale, di alcuna specie, potrà essere inviato all'esterno. Anche i raggi luminosi ricadranno su di essa. In altri termini sarebbe necessaria una velocità di fuga superiore alla velocità della luce per evadere da un tale campo gravitazionale.
La teoria di Hawking
Un buco nero, pertanto, corrisponde ad una regione dello spazio-tempo in cui la gravità risulta talmente intensa da impedire ad ogni cosa, persino alla luce, di fuggire.
Tuttavia Hawking, nel 1974, dimostrò che un buco nero non è di fatto completamente nero. Per mezzo di un fenomeno quantistico, si può dimostrare che esso emette una radiazione come fosse un corpo caldo con una temperatura che dipende solo dalla sua massa di modo che più grande è il buco nero, più bassa è la sua temperatura.
In realtà tale risultato fu il frutto di un percorso piuttosto tortuoso che storicamente partì nel 1972 da un'idea di Bekenstein, all'inizio fortemente osteggiata dallo stesso Hawking. Nella sua tesi di dottorato, Bekenstein avanzò l'ipotesi che l'area dell'orizzonte degli eventi attorno ad un buco nero fornisse una misura della temperatura dei buchi neri [3], [4], [5]. Parallelamente, nel 1973 due ricercatori sovietici, Zel'dovich e Starobinsky, dimostrarono che buchi neri in rotazione erano in grado di creare particelle le quali, a loro volta, potevano venir espulse nello spazio [6]. Hawking, un anno dopo, estendendo i calcoli anche a buchi neri non rotanti e perfezionando l'intuizione di Bekenstein, dimostrò che la creazione di particelle poteva configurarsi anche in assenza di rotazione dei buchi neri attraverso uno spettro termico analogo a quello proposto proprio da Bekenstein. Il processo di emissione di Hawking sembra contraddire la caratteristica fondamentale dei buchi neri in virtù della quale nulla può emergere dal raggio di Schwarzschild. In realtà la radiazione termica non proviene dall'interno del buco nero, ma trae origine da fluttuazioni quantistiche in prossimità della sua superficie. La fisica dei quanti ci dice che esiste sempre un'indeterminazione intrinseca alla quantità di energia di un sistema. Ciò comporta che nessun sistema potrà mai avere energia zero. Lo stesso spazio vuoto è ben lungi dall'essere assimilabile al concetto di vuoto classico. Esso di fatto si presenta come una realtà turbolenta ed irrequieta nella quale coppie virtuali di particelle ed antiparticelle vengono create e distrutte continuamente (v. fig.1).
Se però tale coppia virtuale si forma vicino ad un buco nero, può verificarsi che una delle due particelle, quella dotata di energia negativa (antiparticella), cada nel buco nero e l'altra, di energia positiva (particella), se ne allontani. L'effetto netto è un flusso di particelle ad energia positiva verso l'esterno ed un assorbimento di energia negativa da parte del buco nero che, in tal modo, diminuirà la propria massa (v. fig.2).
Si può inoltre dimostrare che la descrizione matematica della creazione di una coppia formata da un'antiparticella ad energia negativa che precipita in un buco nero e da una particella ad energia positiva che evade dal suo campo gravitazionale (fig. 3a), è del tutto equivalente a quella di una particella ad energia positiva che fuoriesce dall'orizzonte degli eventi, viaggiando indietro nel tempo e, successivamente, inverte il proprio cammino spazio temporale allontanandosi nel futuro (fig. 3b) [2]. In altri tremini l'inversione simultanea del segno dell'energia e del tempo lascia invariato il risultato finale dell'effetto Hawking.
All'atto pratico si verifica che un buco nero con una massa pari alla massa solare avrebbe una temperatura dell'ordine di un milionesimo di grado superiore allo zero assoluto, cioè di gran lunga inferiore alla temperatura della radiazione cosmica di fondo (2,7 °K).
Al contrario, buchi neri di piccola taglia (2*10^12 kg), probabilmente formatisi nelle prime fasi di vita dell'universo, quando erano presenti condizioni di alta densità, dovrebbero vivere, emettendo una radiazione di circa 10^12 watt, per tempi dell'ordine di 10^10 anni ~ 10^17sec, durata che corrisponde circa all'età attuale dell'universo.
A tali condizioni la temperatura, per buona parte della vita di questi buchi neri, si aggirerebbe intorno a 10^12 °K con produzione di raggi gamma aventi energia dell'ordine di 100 MeV. (In realtà si creerà ogni specie di coppia di particelle (muone - antimuone, elettrone - positrone, neutrino - antineutrino, coppie di fotoni, ecc.), tuttavia quelle aventi masse maggiori verranno generate con minore frequenza.)
Durante questo tempo la massa dei buchi neri diminuisce mentre aumenta la loro temperatura. Quando la massa diventa sufficientemente piccola il tasso di radiazione diventa esplosivo. Pertanto, allo stato attuale dell'universo, dovremmo aspettarci fiotti di radiazioni provenienti proprio da questi mini buchi neri con una vera e propria esplosione finale caratterizzata dall'emissione di raggi gamma con energie > 1 GeV.
A fronte di tali previsioni, emerge tuttavia un'evidenza osservazionale negativa. In particolare rispetto all'aspettativa di una distribuzione all'incirca uniforme di mini buchi neri nell'universo, e quindi di un fondo diffuso di raggi gamma a 100 MeV, si ha un limite osservativo superiore, relativo alla loro densità, di circa 10^4/(pc)^3, mentre per quanto riguarda l'ipotesi di esplosioni localizzate ad energie più elevate, le ossevazioni pongono un limite superiore ancora più severo pari a 0,04 esplosioni/(pc)^3.
Questi dati sembrano pertanto suggerire, in prima istanza, l'assenza di condizioni favorevoli circa la formazione primordiale di mini buchi neri, ad esempio per mancanza di fluttuazioni sufficientemente intense o a causa di un particolare stato termodinamico della materia, nelle fasi iniziali dell'universo, che ha conferito a quest'ultima una condizione di rigidità tale da impedirne compressioni significative [2].
I diagrammi di Feynman
L'ipotesi che formulerò in seguito cercherà di spiegare il fallimento osservativo della radiazione di Hawking partendo da una revisione del processo quantistico di creazione di coppie vicino al buco nero, ma per fare ciò mi serve una premessa sul significato di antimateria e sui diagrammi introdotti da Feynman nel 1949.
Ritengo innanzi tutto necessario sottolineare come il concetto di antimateria sia un concetto puramente relativistico. Il fisico inglese Paul Dirac nel 1928 realizzò un'elegante fusione tra Meccanica Quantistica e Relatività Speciale usando un impianto matematico alquanto complesso che fornì, per lo stato energetico di un elettrone, fondamentalmente due tipi di soluzione. Una di queste tuttavia presentava quella che, all'apparenza, poteva essere interpretata come una stranezza matematica.
Non è inusuale in fisica che gli strumenti matematici adottati in un modello descrittivo conducano ad un maggior numero di soluzioni rispetto a quelle fisicamente accettabili. Nel caso specifico l'aspetto bizzarro consisteva nella presenza di soluzioni caratterizzate da un'energia negativa.
Dirac avanzò l'ipotesi, in seguito confermata sperimentalmente, che tali stati di energia corrispondessero a quelli di una particella reale, ad energia positiva, avente la stessa massa dell'elettrone, ma carica elettrica opposta (positrone) prefigurando, in tal modo, per la prima volta, l'esistenza dell'antimateria.
In realtà la possibilità dell'esistenza di stati ad energia negativa e la loro lettura in termini di antiparticelle poteva essere formulata già nel 1905, sulla base della sola teoria della Relatività.
In particolare nella teoria di Einstein è possibile dimostrare che ogni trasformazione che inverta il segno della componente temporale (t) dello spazio - tempo implica anche il cambiamento di segno dell'energia (E) e, vicecersa, ogni cambiamento di segno dell'energia comporta un cambiamento di segno del tempo. L'inversione simultanea del segno di t e di E può essere facilmente interpretata in termini di antimateria: supponiamo infatti (fig.4) che una particella P con energia negativa e carica elettrica -q, viaggiante all'indietro nel tempo, venga emessa dal punto B all'istante t2 e assorbita in A al tempo t1 < t2.
Al tempo t2 il punto B “perderà” energia negativa e carica -q, quindi è come se avesse “acquistato” energia positiva e carica +q, mentre al tempo t1 il punto A “acquisterà” energia negativa e carica -q, cioè è come avesse “perso” energia positiva e carica +q. In altri termini l'emissione di una quantità negativa è sempre equivalente all'assorbimento di una quantità positiva, e vice versa.
Pertanto il processo fisico sopra descritto, dal punto di vista di chi come noi vede comunque il tempo scorrere in avanti, può essere letto come lo scambio da A a B di una particella con energia positiva, carica +q e viaggiante in avanti nel tempo, ossia come lo scambio da A a B dell'antiparticella di P (P) [7], [8].
In tal modo la descrizione matematica, ad esempio, di un campo positronico che si propaga in avanti nel tempo risulta identica alla descrizione di un campo elettronico che si propaga all'indietro nel tempo.
Questo approccio introdotto da Feynman può essere efficacemente utilizzato per visualizzare il comportamento quantistico della materia nello spazio-tempo ([9], [10], [11]). Consideriamo ad esempio il fenomeno di annichilazione elettrone - positrone.
Seguendo la successione degli eventi dal basso verso l'alto (v. fig. 5a), dal momento che noi “esploriamo” lo spazio - tempo procedendo solo in avanti nel tempo, vediamo un elettrone (e-) e la sua antiparticella, il positrone (e+), elettricamente attratti l'uno verso l'altro, che si annichilano generando due raggi gamma. D'altra parte possiamo immaginare anche una sequenza diversa per tale evento: un elettrone, emessi due raggi gamma, si precipita all'indietro nel tempo invertendo anche il segno della propria energia (v. fig.5b):
È rilevante a questo punto osservare che i prodotti finali dell'anicchilazione, i raggi gamma, trasportano energia positiva. Se in fig. 5a, al positrone viaggiante in avanti nel tempo, avessimo assegnato uno stato di energia negativa, una simile interazione con la propria particella avrebbe dato origine ad un'energia totale nulla rendendo di fatto impossibile la generazione dei due raggi gamma, a meno di violare la legge di conservazione dell'energia. Pertanto possiamo affermare che non esistono particelle ad energia negativa viaggianti in avanti nel tempo, così come non esistono particelle ad energia positiva viaggianti indietro nel tempo.
I buchi neri non possono evaporare
Alla luce di quanto sopra esposto si rende allora necessario modificare la fig. 3 relativa all'effetto Hawking. La nuova rappresentazione degli eventi può essere, equivalentemente, letta come l'assorbimento da parte del buco nero di un'antiparticella con energia positiva e l'emissione di una particella con energia anch'essa positiva, entrambe viaggianti in avanti nel tempo (fig. 6a), o come l'emissione dal buco nero di una particella con energia negativa, viaggiante a ritroso nel tempo, la quale poi invertirà il proprio cammino trasformandosi in una particella ad energia positiva viaggiante in avanti nel tempo (fig. 6b).
Come abbiamo visto non è possibile avere un'antiparticella con energia negativa viaggiante in avanti nel tempo, così come non è consentito disporre di una particella, con energia positiva, viaggiante a ritroso nel tempo.
Un'immediata conseguenza di questa rivisitazione dei cammini spazio - temporali delle coppie di particelle formatesi in prossimità di un buco nero riguarda la relazione trovata da Hawking tra la temperatura di radiazione e la massa del buco nero stesso: infatti l'assorbimento di un'antiparticella con E > 0, o l'emissione di una particella con E < 0, rappresentano processi che implicano, in ogni caso, un aumento della massa del buco nero.
In tal modo la temperatura della radiazione emessa, essendo inversamente proporzionale alla massa del buco nero, invece di aumentare diminuirà nel tempo evitando la fase finale caratterizzata dall'evaporazione esplosiva dei mini buchi neri e giustificandone così anche la mancata osservazione astrofisica. In altri termini, i tanto attesi fiotti di radiazione non si osservano nell'effetto Hawking semplicemente perchè i buchi neri, in generale, non arriveranno mai alla condizione necessaria per produrli.
Per chiudere vorrei infine soffermarmi brevemente sulle conseguenze che uno scenario di questo tipo può generare nella comprensione di noi stessi e dell'universo, andando un po' al di là del caso specifico legato ai buchi neri.
I fisici spesso si sono posti il problema del contrasto tra la natura del tempo nel mondo macroscopico, un mondo irreversibile e a senso unico, e la reversibilità, su scala microscopica, per quanto concerne il comportamento delle particelle elementari.
A livello macroscopico la determinazione della “freccia temporale” non presenta alcun tipo di ambiguità: la nostra convinzione, profondamente radicata nell'esperienza quotidiana, che dall'ordine si può pervenire al caos, ma il caos non è mai in grado di generare spontaneamente ordine, ci consente di stabilire se una sequenza di eventi è reale oppure no. Per usare le parole del fisico Arthur Eddington “...A livello macrosocopico, il tempo positivo è la sequenza di avvenimenti in cui l'entropia, cioè il disordine, di un sistema isolato aumenta...”, una legge di natura a cui nessuno di noi si può sottrarre. Sebbene la traiettoria di ogni singola particella sia reversibile nel tempo, non lo è altrettanto il comportamento di un sistema complesso come quello costituito da un grande numero di particelle.
Per avere un'idea del livello di improbabiltà di un'inversione temporale a livello macroscopico, immaginiamo di avere N particelle che viaggino regolarmente in avanti nel tempo.
Assegnando una probabilità del 50% a ciascuno dei due versi temporali in cui teoricamente ognuna di esse può procedere, domandiamoci quale sia la probabilità che tutte invertano simultaneamente e spontaneamente la loro traiettoria spazio - temporale trasformandosi da particelle in antiparticelle, come accade all'elettrone nella fig.5b.
Un semplice calcolo di statistica classica dimostra come nel caso di sole 30 particelle tale probabilità sia già assolutamente trascurabile (circa lo 0,0000001%!). Lascio immaginare a quali percentuali si possa scendere nel caso di grandi numeri. Pertanto la probabilità di vederci all'improvviso catapultati nel passato è nulla.
Improponibile inoltre anche l'ipotesi avanzata da qualche fisico circa la costruzione di macchine con le quali poter viaggiare nel tempo [3]. Pensare di provocare un'inversione del moto nello spazio-tempo di un insieme di particelle richiederebbe la conoscenza, con precisione assoluta, della posizione e della velocità di ciascuna di esse. D'altra parte il carattere indeterministico del mondo microscopico rende impossibile, in linea di principio, tale operazione anche per una sola particella. Infatti esiste un'indeterminazione strutturale, intrinseca nella natura, che riguarda il modo in cui l'universo è costruito, indipendente dalle conoscenze, dalla perizia e dalla strumentazione dello sperimentatore [12], [13].
Come se ciò non fosse sufficiente, la stessa attività di osservazione dell'Universo che si autoconosce attraverso lo studio, da parte degli scienziati, delle leggi della natura non farebbe altro che accelerare il processo di invecchiamento dell'Universo sospingendo la freccia temporale verso il suo destino finale, secondo quanto sostengono il Prof. L. Krauss dell'Università di Cleveland ed il Prof. J. Dent dell'Università di Nashville [14].
In fisica quantistica l' atto stesso di "osservare" la realtà ha una notevole influenza su di essa: i vari sistemi possono esistere in molte diverse configurazioni allo stesso tempo e chi osserva seleziona un unico "stato quantico" fra i molti possibili; ne deriva quindi che l'osservatore può condizionare il sistema e modificarne la configurazione. Krauss e Dent, applicando le leggi della meccanica quantistica all'universo nel suo insieme, ritengono, ad esempio, che il semplice fatto che alcuni ricercatori abbiano scoperto l'esistenza dell'energia oscura, una strana forza antigravitazionale che promuove l'espansione cosmica, abbia addirittura accelerato la fine dell'universo riducendone, di fatto, l'aspettativa di vita.
Bibliografia:
[1] R. & H. Sexl, Nane Bianche e Buchi Neri, Universale Scientifica Boringhieri (1981).
[2] H. C. Ohanian, R. Ruffini, Gravitazione e Spazio - Tempo, Ed. Zanichelli (1997).
[3] J. Gribbin, Costruire la macchina del tempo, viaggio attraverso i buchi neri e i cunicoli spazio - temporali, Ed. Aporie (1996).
[4] A. Masani, Astrofisica, Ed. Riuniti (1984).
[5] R. M. Wald, General Relativity, The University of Chicago Press (1984).
[6] J. B. Zeldovic, I. D. Novikov - Struttura ed evoluzione dell'Universo Vol. 2 - Editori Riuniti (1982)
[7] E. Recami - Relatività speciale e causalità - In “I concetti della fisica”, a cura di F. Pollini e G. Tarozzi. Collana di studi, 2. Accademia Nazionale di Scienze, Lettere e Arti di Modena, Mucchi, Modena, 1991, pp. 125-138.
[8] E. Recami et alt. - Special Relativity and superluminal motions: a discussion of some recent experiments - International Journal of Modern Physics A, Vol. 15, No. 18 (2000) 2793 - 2812.
[9] R. P. Feynman - QED La strana teoria della luce e della materia - Ed. Adelphi, 1992.
[10] K. W. Ford - La fisica delle particelle - Ed. Mondadori, 1980.
[11] P. Davies - I misteri del tempo - Saggi Mondadori, 2003.
[12] AI margini dello spaziotempo - S. Hawking - In “La nuova fisica”, a cura di P. Davies - Ed. Bollati Boringhieri, 1992, pp. 66-74.
[13] La freccia di Prigogine - J. Gribbin - L'Astronomia, n.108, marzo 1991.
[14]http://www.telegraph.co.uk/earth/main.jhtml?xml=/earth/2007/11/21/scicosmos121.xml&CMP=ILC-mostviewedbox