SFERE di LUCE
Massimo Teodorani - 01/01/2016
Sono innumerevoli le cause che possono indurci
a scambiare “lucciole per lanterne”. La natura in cui siamo immersi è tanto bella
quanto subdola. Non si contano i giochi di luce che, grazie all'armonioso connubio tra
atmosfera e fenomeni ottici, si vengono a creare nel nostro intorno. In queste circostanze
l'unico modo corretto di procedere è dare massima energia alle nostre capacità di ragionamento
e non dare mai ascolto alla nostra naturale tendenza a suggestionarci oppure
a negare per partito preso. Semmai, una volta scoperta la causa di certe
apparizioni, possiamo provare liberamente stupore per i trucchi che la natura è a volte
in grado di mettere in piedi, perché non dobbiamo mai dimenticarci che non è necessario
andare per forza a cercare cose ultraterrene per provare meraviglia per il mondo in
cui viviamo.
Il nostro mondo, il nostro universo, è già meraviglioso di suo e non c'è necessità
di andare a cercare cose che lo trascendono. Però non conosciamo tutto delle leggi
fisiche che governano l'universo, perché ogni tanto assistiamo a fenomeni che veramente
appaiono come inspiegabili razionalmente anche all'occhio più attento del più
accanito degli scettici (intendesi quelli sani). Un fenomeno anomalo - e nella fattispecie
un fenomeno luminoso anomalo - può essere definito come tale solamente dopo
che tutte le spiegazioni alternative più prosaiche possono essere prima passate al vaglio
e poi escluse. Se, come di fatto succede, fenomeni del genere accadono ogni
tanto e noi ce ne stupiamo, questo significa che nel nostro bagaglio conoscitivo di fisi-
ca manca qualcosa, forse qualcosa di maledettamente importante. Infatti sono proprio
le anomalie a insegnarci che c'è qualche falla in quel sistema apparentemente ben consolidato
che è la nostra scienza. Prima o poi esse emergono, a volte anche in maniera
prorompente. E allora dobbiamo rimboccarci le maniche e tentare di capire di cosa si
tratta.
Questo non significa affatto che dobbiamo abbandonare il metodo scientifico.
Al contrario! Semmai dobbiamo potenziarlo al massimo grado, perché sono proprio le
procedure che portano a effettuare una misura e un calcolo matematico a dare forza a
qualunque effetto che si manifesta nella nostra realtà, anche quando questo debba avvenire
in base a leggi fisiche che prima non conoscevamo e ci erano sfuggite. Infatti le
anomalie sono fenomeni che ancora non comprendiamo bene ma che si presentano come
manifestazioni fisiche - in particolare manifestazioni energetiche - che noi possiamo
passare al vaglio utilizzando il ben esperimentato metodo galileiano. È l'unico metodo
che conosciamo che ci permette prima di stabilire con chiarezza cosa è il “rumore”
e poi cosa è il “segnale”, e in seguito di concentrare tutta la nostra attenzione solamente
sul segnale.
Nel caso dei fenomeni anomali, il problema principale è rappresentato
dal fatto che essi non sono ripetibili a volontà, ma capitano il più delle volte quando
meno ce l'aspettiamo. Allora cosa possiamo fare in questi casi? Non ci resta che analizzare
statisticamente le testimonianze quando vogliamo studiare le costanti di uno stesso
tipo di fenomeno, e, se ci riusciamo o siamo fortunati, tentare di approcciare analiticamente
i singoli fenomeni misurandoli con strumentazione scientifica adeguata.
Come vedremo in seguito, la procedura della misura è possibile solo laddove certi
fenomeni di luce presentino una loro ricorrenza spaziale e/o temporale: in tal caso, ad
esempio, possiamo grossolanamente considerare certe zone del mondo come “aree-laboratorio”,
dove seppur con difficoltà, possiamo tentare di misurare e di osservare certi
fenomeni a distanza allo stesso modo in cui studiamo stelle e galassie con un telescopio.
Le tecniche sono esattamente le stesse: l'unica differenza è che questi fenomeni
non avvengono a centinaia di anni luce da noi ma a distanze dell'ordine dei chilometri
o addirittura dei metri. Considerando che la radiazione luminosa ricevuta (così come
quella di tutte le altre onde elettromagnetiche) aumenta all'aumentare della potenza
luminosa intrinseca del fenomeno in oggetto e al diminuire della sua distanza (in
ragione dell'inverso del quadrato della distanza), comprendiamo immediatamente che
qualora siamo tanto fortunati da misurare il fenomeno per tempi sufficientemente
lunghi, allora riusciamo ad acquisire di esso una grande quantità di fotoni. Ciò significa
che possiamo ottenere dati di qualità veramente elevata, e certamente migliori di
quelli che otterremmo di una lontanissima galassia che per forza di cose emette pochi
fotoni.
Questo il vantaggio, ma c'è anche un grosso svantaggio rappresentato dai seguenti
due fattori fondamentali: a) questi fenomeni di luce appaiono quando meno ce
l'aspettiamo, mentre con le galassie sappiamo sempre dove si trovano e se sono di debole
luminosità possiamo osservarle con i nostri telescopi e sensori utilizzando tempi
di posa (tecnicamente: “tempi di integrazione”) sufficientemente lunghi da permetterci
di ottenere un risultato decente; b) mentre le galassie possiamo inseguirle con il moto
orario del telescopio in maniera tale che esse ci appaiono costantemente come ferme
(altrimenti si sposterebbero in cielo per via della rotazione della Terra), questi
fenomeni ci appaiono il più delle volte in movimento erratico nel cielo o in prossimità
del terreno e questo rende le misure ottiche dirette del fenomeno estremamente difficili
da effettuare (anche se possiamo lo stesso acquisire le misure del campo elettromagnetico
prodotto dal fenomeno di luce oppure inseguire il fenomeno con un radar).