L'uso dei telefoni cellulari è pericoloso per la salute?
Valerio Pignatta - 01/01/2016
Utilizzare il telefono cellulare per diverso tempo al giorno fa davvero male?
Abitare nei pressi di un elettrodotto è un pericolo per la salute?
Le leggi italiane ci tutelano dall'inquinamento elettromagnetico?
Quali sono i sintomi della sindrome da Elettrosensibilità?
Per rispondere a queste e altre domande abbiamo intervistato Angelo Gino Levis, già professore ordinario di mutagenesi ambientale all'Università di Padova, attualmente esperto di inquinamento elettromagnetico e vice presidente dell'Associazione per la Prevenzione e la Lotta all'Elettrosmog (applelettrosmog.it).
Se dovesse definire la situazione dell’elettrosmog oggi nel nostro paese cosa potrebbe dire? Come siamo messi?
In Italia, tra la fine degli anni '90 e i primi anni 2000, le leggi – sia nazionali che regionali – sul controllo della nocività dei campi elettromagnetici non-ionizzanti (CEM) erano sufficientemente cautelative. In particolare nelle leggi regionali i limiti di esposizione allora fissati, improntati al Principio di Precauzione che fa parte della nostra Costituzione, erano: 0,2 microTesla (µT) per il campo magnetico prodotto dai CEM a frequenza estremamente bassa (ELF: linee per il trasporto dell'energia elettrica e strumenti elettrici per uso domestico e industriale) e 0,5 Volt/metro (V/m) per il campo elettrico dei CEM a frequenza alta (RF, radiofrequenze: impianti radio-TV) e altissima (MO, microonde: telefoni mobili – cellulari e cordless, radar, forni a microonde).
A partire dal 2003, per la pressione dei gestori delle linee elettriche (elettrodotti) e delle compagnie di telefonia cellulare, queste leggi sono state cancellate o, comunque, rese meno cautelative: i limiti regionali sono stati dichiarati incompatibili con quelli fissati per tutto il territorio nazionale dalla sentenza n.307 del 7.10.03 della Corte Costituzionale, ed i nuovi limiti sono stati fissati dal DPCM 8.7.03 a 3-10-100 µT per i CEM/ELF, a seconda dei tempi di esposizione e della tipologia degli elettrodotti, e a 6-20 V/m per i CEM/RF-MO.
Inoltre le procedure per l'installazione degli impianti che emettono CEM sono state liberalizzate al massimo e, di recente, anche le metodologie di controllo dell'intensità delle esposizioni sono state modificate in modo da permettere un ulteriore innalzamento dei limiti, a scapito della salute.
Lei pensa che l’inconcludenza dei nostri legislatori di fronte alle problematiche legate a questo tipo di inquinamento sia ascrivibile alla mancanza di fonti scientifiche a comprova dei vari danni psicofisici che esso causa alle persone e delle diverse sensibilità degli individui all’esposizione a fonti elettromagnetiche? Oppure questi studi ci sono?
Le conoscenze sugli effetti dannosi dei CEM erano già sufficienti alla fine del secolo scorso per imporre la minimizzazione delle esposizioni e si sono consolidate al punto che l'OMS, tramite l'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) di Lione, ha classificato i CEM a bassissima frequenza (ELF), con riferimento specifico alle leucemie infantili nelle esposizioni residenziali ad elettrodotti (2002), ed i CEM a radiofrequenza, con specifico riferimento all'aumento del rischio di contrarre tumori cerebrali e al nervo acustico da parte degli utilizzatori abituali e da lungo tempo di telefoni cellulari (2011) come "possibili agenti cancerogeni per l'uomo". Ma questa è senza dubbio una sottovalutazione dei dati disponibili che avrebbero richiesto un giudizio di "probabile anziché possibile cancerogenicità". Sottovalutazione dovuta soprattutto ai conflitti d'interesse che hanno pesato su più del 60% dei partecipanti ai due Gruppi di valutazione della IARC sui CEM. Nonostante queste valutazioni suggeriscano comunque un atteggiamento prudenziale, le nostre Autorità Sanitarie (ministero della Salute, Consiglio superiore di sanità, Istituto superiore di sanità, Commissione oncologica nazionale) hanno continuato a negare l'esistenza di rischi per la salute provocati dai CEM. Solo nell'ottobre 2012 il ministero della Salute ha attivato un sito Internet dove chi ne è informato può trovare alcuni consigli, comunque incompleti e in parte contraddittori, per una autotutela lasciata alla libera scelta degli utilizzatori di telefoni cellulari.
Cosa so può dire sulla telefonia cellulare? Spesso leggiamo informazioni sanitarie in merito molto contrastanti...
Singoli studi epidemiologici e loro rianalisi cumulative finanziate da enti pubblici e basate su metodologie corrette, analisi statistiche dei dati e interpretazioni coerenti, hanno evidenziato un aumento fino al raddoppio del rischio di contrarre tumori maligni al cervello, tumori benigni alle meningi e ai nervi cranici, in particolare all'acustico, e tumori maligni e benigni alle ghiandole salivari, in particolare alla parotide, tra quanti hanno utilizzato abitualmente (più di 40 minuti/giorno) e da o per lungo tempo (più di 10 anni) telefoni mobili (cellulari e/o cordless). Per contro, studi cofinanziati dalle compagnie di telefonia cellulare, basati su protocolli inadeguati ed errori sostanziali, dati insufficienti e interpretazioni incoerenti, sostengono l'apparente innocuità dell'uso dei cellulari. Di conseguenza, l'opinione pubblica, informata in modo contraddittorio tramite la stampa e in maniera del tutto tranquillizzante dai responsabili della salute pubblica (v. sopra), resta confusa e, nel dubbio, per abitudine e comodità è portata a sottovalutare i rischi e a non utilizzare alcune semplici norme di autotutela per ridurre l'esposizione durante l'uso dei cellulari, neppure per quanto riguarda l'uso da parte dei bambini e degli adolescenti, che sono tra i soggetti più a rischio. Comunque qualcosa ha cominciato a muoversi dopo la trasmissione "Report" su RAI3 (novembre 2011) e dopo che nell'ottobre 2012 la suprema Corte di Cassazione italiana ha definitivamente convalidato la sentenza della Corte d'Appello di Brescia che nel 2009 aveva riconosciuto le tesi dei due consulenti di parte ricorrente (un oncologo e il sottoscritto) e del consulente nominato dal Tribunale stesso, basate sui dati epidemiologici di cui sopra e aveva sancito la relazione causale tra uso di cellulari e cordless e sviluppo di un tumore al nervo trigemino in un dirigente d'azienda. Pertanto, avendo classificato questo caso come dovuto ad una malattia professionale, la Corte aveva condannato l'Ente previdenziale (INAIL) a risarcire all'interessato il danno alla salute per una invalidità dell'80%.
C’è di peggio della telefonia in quanto a inquinamento elettromagnetico?
Nonostante i rischi cancerogeni dovuti ai CEM/ELF (elettrodotti, v. sopra) siano documentati nella letteratura e più volte riconosciuti dalla nostra Magistratura Civile di ogni ordine e grado, è oggi praticamente impossibile quantificare tali rischi non essendo nota la numerosità della popolazione esposta. La telefonia mobile, che conta oggi più di 6 miliardi di contratti per i soli cellulari, una parte consistente dei quali riguarda l'uso da parte dei minori che sono tra i maggiori e i più sensibili utilizzatori, rappresenta senza dubbio il settore più a rischio.
Quali sono le patologie caratteristiche di questo tipo di degrado dell’ambiente?
L'inquinamento da CEM ("elettrosmog") può procurare oltre ad effetti a lungo termine (cancri e tumori, malattie neurodegenerative, danni genetici e funzionali, p. es. agli spermatozoi di chi tiene il cellulare nella tasca dei pantaloni mentre telefona usando gli auricolari), anche danni alla salute a breve e a medio termine che colpiscono alcuni soggetti particolarmente sensibili, dando luogo a sintomatologie dolorose di vario tipo che caratterizzano una sindrome chiamata "Elettrosensibilità", (ES).
Ci sono soluzioni medico-scientifiche e o socio-ambientali che è possibile realizzare per ovviare a questi problemi di salute? La medicina ufficiale che posizioni ha in merito?
Le "soluzioni" – se così si possono definire – ai danni a lungo termine provocati dai CEM (tumori, cancri, malattie neurodegenerative) sono quelle tradizionali: terapie farmacologiche e radianti, interventi chirurgici, con le conseguenze ed i limiti che queste hanno. Per la ES non sono state trovate finora soluzioni mediche, ma solo socio-ambientali. Dato che molti elettrosensibili sono costretti a lasciare il lavoro e la casa in cui vivono per rifugiarsi in zone meno inquinate dai CEM, in Svezia, dove la ES è riconosciuta come un "handicap", chi ne è colpito viene favorito nella ricerca di un lavoro e di una casa alternativi. Inoltre sono state create “aree protette", per esempio mezzi di trasporto e interi quartieri dove sono vietati l'installazione e l'uso di tecnologie ad alta frequenza (ripetitori, cellulari, WiFi ed altro), e anche vere e proprie "aree di rifugio extraurbane". Purtroppo la medicina ufficiale è poco informata e poco sensibile a questi problemi, e questo rende molto difficile il riconoscimento e l'assistenza a chi è colpito da ES. Tuttavia da qualche tempo alcuni medici in Italia, Francia e Svezia si dedicano alla diagnosi e alla messa a punto di terapie per chi è affetto da ES.
In conclusione, la soluzione ai problemi sanitari creati dall'inquinamento elettromagnetico richiede:
1) una corretta informazione da parte delle Autorità Sanitarie internazionali e nazionali nonché dei medici di base e di specialisti;
2) una informazione capillare sulla indispensabile adozione di adeguate forme volontarie di autotutela; 3) una significativa riduzione dei limiti di esposizione ai CEM per la popolazione generale, per i minori di età e per i lavoratori;
4) lo smascheramento dei conflitti d'interesse.
Per approfondire
Che cos'è l'Elettrosensibilità (ES)
La Elettrosensibilità (ES) consiste in una varietà di disturbi di carattere generale (debolezza, facile esauribilità, sensazione di freddo, malessere indefinito) e che interessano il sistema nervoso (distonia neurovegetativa, disturbi del sonno, perdita della memoria, difficoltà di concentrazione e di apprendimento, depressione, aumento dei tempi di reazione, stress, neurastenia, ansietà, mali di testa, nausea, vertigini, irritabilità), muscolare (crampi, dolori muscolari, astenia, disturbi motori, tremori, rigidità), cardiovascolare (aritmie, disturbi della pressione arteriosa, vasocostrizione dei capillari, ictus cerebrale, vasolabilità cutanea, flebiti e tromboflebiti, cardiopalma), respiratorio (oppressione toracica, respiro corto o irregolare), ormonale e immunitario (riduzione della sintesi di melatonina e di altri ormoni, reazioni autoimmuni, stress ossidativo, ipertiroidismo), scheletrico (dolori e fragilità articolari, ipersensibilità a innesti metallici e a protesi dentarie, artrosi, dolori reumatici), della sfera sessuale, della riproduzione e della gravidanza (perdita della libido, semisterilità, aborti spontanei, minzione frequente, impotenza), del sistema visivo, acustico, olfattivo, digestivo (ipersensibilità alla luce solare, a suoni e ultrasuoni, disturbi uditivi, problemi gastrointestinali) ecc.
Si tratta di sintomi fastidiosi o dolorosi e di veri e propri stati di malattia che tendono ad aggravarsi e a cronicizzare e che comportano, a volte, compromissione o perdita della capacità lavorativa e, in ogni caso, degrado della qualità della vita. Come avviene per molte reazioni a stimoli ambientali mediate dal sistema immunitario – si pensi ad esempio ai fenomeni respiratori provocati da allergie a particolari antigeni, che risentono molto della diversa sensibilità individuale – anche la ES colpisce una particolare frazione della popolazione, sensibile a livelli di esposizione ai CEM anche estremamente bassi, ai quali la maggioranza della popolazione non reagisce. La ES è una patologia in rapida crescita, come dimostrano i dati raccolti soprattutto nei Paesi del Nord-Europa che da tempo censiscono i soggetti che ne sono affetti: l'aumento della popolazione elettrosensibile è esponenziale essendo passato dallo 0,1% nel 1985 al 5% nel 2000 e al 10% nel 2005, con la previsione di poter raggiungere quasi il 50% nel 2020! Negli ultimi anni si sono accumulate molte evidenze sperimentali a supporto della obiettività delle "malattie da elettrosmog" e delle loro possibili basi molecolari, cellulari e funzionali.
Bibliografia e sitografia
European Environment Agency (2013): "Late lessons from early wornings: science, precaution, innovation" (http://www.eea.europa.eu/publications/late-lessons-2).
Bioinitiative, 2 (2013): "A rationale for a biologically-based exposure standards for low-intensity electromagnetic radiation" (www.bioinitiative.org).
Levis, A.G., Gennaro, V., Garbisa, S. (2012): "Business bias as usual: the case of electromagnetic pollution"; in Elsner, W., Frigato, P., Ramazzotti, P. eds: "Social Costs Today. Institutional Analyses of the Present Crises". Routledge: Frontiers of Political Economy"; Taylor&Francis Group, London and New York: pp 225-268 (www.routledge.com).
Siti Internet
www.applelettrosmog.it
www.elettrosensibili.it
www.microwavenews.com
www.nextup.org
www.europarl.europa.eu
Abbiamo intervistato Angelo Gino Levis
Nato nel 1937, laureato in Biologia nel 1961, Professore Ordinario di Mutagenesi Ambientale nel 1971, membro della Commissione Tossicologica Nazionale (1977-1989), della Commissione Oncologica Nazionale (2007-2008) e del Comitato Scientifico dell’International Society of Doctors for the Environment (ISDE/Italia 2007-2012). Dal pensionamento (1997) si dedica allo studio e alla divulgazione degli effetti nocivi dei CEM. (www.applelettrosmog.it).