Che cos'è la Medicina Narrativa e che ruolo svolge in un paradigma terapeutico di tipo olistico?
Medicina Integrata
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Nella Medicina Narrativa la narrazione della patologia ad opera del paziente al medico è considerata fondamentale, al pari dei segni e dei sintomi clinici della malattia stessa: scopriamo meglio di cosa si tratta
Carmen Di Muro - 01/12/2023
Il concetto di Medicina Narrativa si è affacciato sulla scena internazionale verso la fine degli anni ‘90 grazie agli studi compiuti dai medici R. N. Remen e R. Charon. Il loro lavoro aveva come scopo principale quello di sensibilizzare il mondo medico verso l’utilizzo di un approccio narrativo ed empatico nella relazione con gli assistiti, dove i “racconti di malattia” fatti non solo dai pazienti, ma anche da medici, psicologi, infermieri e da quanti operavano nel sistema sanitario, assumevano un basilare valore terapeutico, divenendo il mezzo più diretto e veritiero per dare spazio al vissuto del soggetto e della sua famiglia, per comprenderne il significato in un quadro complessivo, sistemico e rispettoso della persona.
Che cos'è la Medicina Narrativa
Da qui nacque l’acronimo NBM (Narrative Based Medicine), dove la narrazione della patologia ad opera del paziente al medico è considerata fondamentale, al pari dei segni e dei sintomi clinici della malattia stessa. La NBM non è in contrapposizione all’EBM (Evidence Based Medicine), ma entrambe si completano, non si elidono né si svalutano reciprocamente, ma si integrano rendendo le decisioni clinico-assistenziali più complete, efficaci ed appropriate.
Infatti, nell’incontro clinico avviene uno scambio di narrazioni e una negoziazione di significati che stimola la co-costruzione di una storia di cura, nonché il senso di identità della persona stessa. E poiché ogni storia esprime una prospettiva, la narrazione diviene il modo che dà senso ai fatti, mettendoli in ordine, in una trama specifica, sulla cui soglia vigila la coscienza riflessiva che permette non solo di ricomporre le proprie tracce, ma anche di raggiungere gli altri, coinvolgendoli attivamente.
Questo modello empatico, sviluppato presso la Harvard Medical School da B.J. Good, sottolinea, dunque, l'importanza delle “storie” nel valutare il rapporto medico-malato, prevedendo anche una ricerca qualitativa, attraverso la raccolta di dati sui vissuti del paziente (in termini di tristezza, sentirsi soli, provar dolore, sconforto) e sulla modulazione delle relazioni che egli vive nell’ambiente di cura. Il costrutto narrativo, che produce la sofferenza, presenta una ricchezza semantica che va oltre la valutazione delle peculiarità dell’attenzione sentita dal paziente (soddisfazione/insoddisfazione), ma mira a ridefinire la pratica clinica nel suo complesso. Le narrazioni di malattia sono, quindi, uno strumento di comprensione della relazione del paziente con la patologia stessa.
L'obiettivo è clinico-assistenziale e permette non solo di sviluppare un percorso di cura personalizzato, appropriato e in linea con le indicazioni dell'Evidence Based Medicine, contribuendo a migliorare la prognosi e l'alleanza terapeutica, ma diviene un potente strumento di trasformazione.
La Medicina Narrativa è una vera e propria metodologia
La pratica Narrativa non si limita a esortare i sanitari a un atteggiamento accogliente e solidale nei confronti del bisogno di raccontare che può avere il malato (e che questi può soddisfare attraverso altri canali, come quelli riconducibili alla “conversazione” o allo scambio sociale), né può essere confinata nella formula semplicistica di un tempo supplementare da dedicare alle narrazioni. Richiede, piuttosto, una competenza per discriminare le narrazioni funzionali da quelle disfunzionali, al fine di promuovere una medicina “sobria-rispettosa-giusta” in linea con la Slow Medicine (il movimento che si occupa della persona considerandola nella sua integrazione esistenziale a 360 gradi). La Medicina Narrativa, quindi, non richiede solo buona volontà, ma apprendimento metodico.
La metodologia narrativa, infatti, ha una precisa articolazione che procede per stadi: stimolare la narrazione, raccoglierne i contenuti, marcare e indicizzare gli stessi, costruire dei significati, elaborare il linguaggio narrativo, valutare in base all’impatto. Il professionista, oltre ad avere specifiche competenze comunicative e relazionali, deve essere opportunamente preparato così da analizzare preventivamente il contesto specifico, in modo da adottare lo strumento più idoneo e in linea con la persona per costruire un percorso di cura appropriato e condiviso.
Avere un’adeguata conoscenza delle metodologie e degli strumenti è il presupposto fondamentale, che mira non solo a rispondere al bisogno d’individuazione di una linea comune che permetta di fronteggiarne l’uso improprio, ma che soprattutto possa essere esperibile ai fini della ricerca, rispettando i princìpi di efficacia ed efficienza. Dato l’ampio spettro di esperienze analizzate nella relazione, non c’è un unico strumento per l’utilizzazione dell’approccio narrativo nel processo di care.
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