Il cancro da un altro punto di vista: il metodo Pantellini
Guido Paoli - 01/01/2016
È noto [1] che la storia dell'ascorbato di potassio sia iniziata “casualmente” (come spesso sembra accadere nelle scoperte scientifiche) nel 1948, quando un orafo amico del dottor Pantellini, con un tumore inoperabile allo stomaco e per tentare di limitare i forti dolori che aveva, ottenne dei benefici inattesi e straordinari bevendo, su suo consiglio, delle limonate a cui aggiungeva per errore del bicarbonato di potassio (KHCO3) invece del consigliato (ed usatissimo) bicarbonato di sodio (NaHCO3). Sembra un aneddoto, ma dal quel momento è iniziato un filone di ricerca che non solo ha portato Pantellini a sviluppare una propria precisa idea sulla causa dei tumori [2-4], ma che non si è spento alla sua morte (avvenuta nel Dicembre del 1999) anzi ha trovato nuovo vigore e nuova linfa dall'attività della Fondazione che ne porta il nome (grazie al coraggio e alle motivazioni del figlio Eliseo che vuole onorare e continuare l'opera del padre Gianfrancesco) e che sta trovando oggi ulteriori ed importanti conferme a livello di studi e pubblicazioni scientifiche.
L'origine del cancro secondo la Fondazione Pantellini
La ricerca oncologica da molti anni è orientata a parlare di cancri, ipotizzando sempre che ogni forma cancerosa sia innescata da un processo specifico e richieda una terapia specifica. È inoltre cosa nota ed accettata che il cancro sia un problema multifattoriale (inquinamento e sostanze tossiche, fumo, alimentazione adulterata, stress, radiazioni, predisposizioni genetiche); molto meno accettata è l'ipotesi che sta alla base della “visione” di Pantellini prima e della Fondazione adesso, per la quale tutti questi “fattori scatenanti” abbiano un denominatore fisiologico comune. In questo senso, quindi, appare ragionevole ipotizzare che un'unica sostanza (l'ascorbato di potassio, appunto, da diversi anni integrato con il ribosio grazie alla volontà e alla tenacia di Eliseo Pantellini) possa cercare di interferire e contrastare le varie manifestazioni cancerose andando ad agire su tale denominatore comune (nel nostro caso, l'alterazione e inattivazione delle cosiddette pompe sodio/potassio, copiosamente presenti sulle membrane cellulari, e fondamentali per regolare il trasporto attivo di questi elettroliti e la loro concentrazione a livello intra ed extracellulare).
Capisco bene che questo sia un terreno “scivoloso” e molto delicato, che per qualcuno potrebbe sembrare davvero una “banalizzazione” di un problema complesso, ma è proprio il metodo scientifico di galileiana memoria che può garantire la correttezza di un'ipotesi e la validità dei dati che via via vengono pubblicati. D'altra parte, Albert Einstein amava ricordare che “i problemi non possono essere risolti allo stesso livello di conoscenza che li ha creati”, ma occorre passare d un livello superiore, occorre guardare le cose da un altro punto di vista.
Si fanno sempre molte resistenze quando si avanzano ipotesi nuove, e spesso semplici, che provano a spiegare certi fatti, soprattutto in un settore così empirico come la medicina, dimenticando ciò che ripeteva il premio Nobel Francis Crick: “La vera risorsa nella scienza sono le risorse e le nuove ipotesi, a prescindere dal fatto che queste si rivelino giuste o sbagliate”.
Sono perfettamente consapevole che nessuno possieda la verità sul cancro e sulle malattie degenerative ed è un argomento troppo delicato e complesso su cui non si possono illudere le persone; mi sforzo semplicemente, con discrezione e con rispetto, di presentare una visione diversa del problema, il poterlo vedere appunto da un altro punto di vista.
Spesso, nella ricerca scientifica, si procede per automatismi e abitudini che, nel tempo, fanno perdere di vista gli obiettivi iniziali; ed è proprio a questo punto che è necessario rompere un’abitudine che non risponde più alle esigenze della ricerca e dei malati. Così, mentre prima la materia vivente veniva indagata cercando di individuare “l'ingranaggio inceppato” nel suo meccanismo di funzionamento, ora è necessario avere una visione il più possibile completa delle proprietà collettive della materia [5-9].
Oggi, dopo tanti anni di ricerca e al di là di annunci troppo ottimistici che, purtroppo, sono smentiti dai fatti e da dati troppo contraddittori, l’enorme impiego di risorse (umane ed economiche) non sembra aver prodotto svolte significative a livello terapeutico né sulla qualità di vita dei malati [10]. È necessario cambiare la prospettiva con cui guardare al problema e portarsi su un livello diverso, senza per questo negare o rinnegare quanto è stato fatto e scoperto fin ad oggi.
Il cancro è una “malattia” antica, se ne trovano tracce in reperti fossili di dinosauri (oltre 50 milioni di anni fa), e le attuali strategie terapeutiche sembrano essere volte unicamente alla “soluzione finale”: uccidere la cellula neoplastica. Il risultato che spesso si ottiene è un costo pesantissimo connesso all’abbattimento della qualità di vita per la tossicità delle terapie, senza avere un corrispondente beneficio di soluzione del problema.
È interessante notare che l’esposizione anche accidentale a un cancerogeno non comporta necessariamente lo sviluppo automatico del cancro in un individuo; per esempio solo una parte dei fumatori si ammala di tumore polmonare. Ma la cosa certa è che oggi una persona su tre muore per un problema oncologico.
Il nostro DNA è infinitamente più di una “macchina per fare le proteine” [11]; gli stessi meccanismi di mutazione genetica, che portano all’insorgenza di cancro e patologie degenerative, non possono più essere visti come eventi casuali quando si manifestano in assenza di elementi cancerogeni ben definiti, come un “semplice” errore tipografico di battitura su una tastiera. La mutazione genetica è un processo fisico per il quale abbiamo uno spostamento di un protone “condiviso” nel legame idrogeno fra due atomi di azoto o un atomo di azoto e uno di ossigeno fra due basi accoppiate del DNA. Questo processo, a mio modo di vedere, è una conseguenza di meccanismi ossidativi che coinvolgono la “periferia” della cellula (membrana cellulare “in primis” e mitocondri) e che vengono “letti” dal DNA stesso come una spinta alla mutazione per “adeguarsi” a un ambiente che sta cambiando. In sostanza, la mutazione genetica potrebbe essere l’effetto e non la causa della degenerazione cellulare.
Nell'articolo integrale troverai:
- che cos'è l'ascorbato di potassio con ribosio e come si assume
- le ricerche sull'efficacia dell'ascorbato di potassio con ribosio
- come richiedere una consulenza medica presso la fondazione Valsè Pantellini