La parola del medico: comunicazione e medicina narrativa nel rapporto medico-paziente
Medicina Integrata
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La comunicazione medico-paziente, la medicina narrativa, l'ascolto empatico e le cure amorevoli svolgono un ruolo determinante in ogni tipo di cura e terapia: scopriamo perché
Redazione - Scienza e Conoscenza - 14/08/2023
Tratto dal libro Ascoltando la pelle di Antonio Del Sorbo.
Sia in termini di efficacia che di effetti collaterali, la parola del medico può essere equiparata a un farmaco, e va pertanto utilizzata con attenzione, dal momento che i possibili effetti indesiderati non sempre sono reversibili nel breve periodo. Anche quando dobbiamo comunicare una diagnosi, una prognosi o una terapia importante, occorre farlo con tatto, ricorrendo a una comunicazione empatica e non invasiva, ed evitando, quando possibile, la traumatica violazione dell’aspettativa.
Comunicazione verbale e non verbale vanno modulate a seconda della persona che abbiamo di fronte, dato il loro potenziale ipnotico e subliminale su individui particolarmente sensibili. Gli strumenti diagnostici utilizzati per misurare lo stato di salute della pelle (dermatoscopia, corneometria, sebometria, evaporimetria, spettrocolorimetria, biopsia, penoscopia, vulvoscopia), alcuni dei quali utilizzati anche in dermatologia sperimentale, perdono man mano di importanza se non incrociamo quei dati numerici9 con il riscontro clinico dello stato di salute del nostro interlocutore.
Il paziente non va soltanto osservato e misurato, ma soprattutto ascoltato, insieme con il bagaglio di sofferenze, aspettative, vulnerabilità, delusioni, dubbi e paure che porta con sé al momento della visita. Se la quantità di sebo può essere misurata, la sofferenza deve essere raccontata.
Cosa ti sta dicendo la tua pelle?
Scoprilo sul libro di Antonio Del Sorbo
Con gli strumenti attuali possiamo quantificare una risposta biologica di un singolo tessuto, ma non possiamo certamente accedere al vissuto emozionale della persona che abbiamo di fronte, se non attraverso un profondo ascolto attivo, captando informazioni qualitative preziose ai fini terapeutici anche quando di tipo non numerico o difficilmente convertibili in dati statistici.
Man mano che ci spostiamo dalla gestione dell’individuo al dosaggio del singolo enzima, la Medicina inizia a sbriciolarsi in settori sempre più specialistici e poco comunicanti sia tra di loro, che con il paziente. La pelle è una finestra socchiusa che si apre sul nostro universo interno, e rappresenta per il medico un osservatorio privilegiato, poiché facilmente accessibile attraverso una semplice visita. Stiamo barattando l’insostituibile capitale umano con una Medicina dei servizi sempre più tecnocentrica e farmacocentrica, rischiando di smarrire per sempre l’unica chiave che ci consente di accedere a un mondo soggettivo, così ricco di informazioni e istruzioni, tuttora ancora poco esplorate. [...]
La medicina narrativa è tra i pochi aspetti che ancora differenziano noi medici da Internet. Sulle nozioni tecniche i motori di ricerca ci hanno ormai già superato da tempo.
Nessun medico ricorda a memoria la struttura dell’enzima telomerasi. Invece il dottor Internet la rammenta perfettamente, insieme alle formule chimiche di tutto ciò che ci circonda. Sa più cose di noi, è sempre aggiornato, risponde gratis in tutte le lingue del mondo, notte e giorno, non è mai stanco, non si arrabbia, non si ammala e non va neppure in vacanza. Fantastico! È il medico ideale. Ma è anche per gli aspetti umani e relazionali della medicina che il paziente si reca ancora dal medico e non si affida unicamente al fai da te online. E in cambio noi medici continuiamo a trascurare proprio la qualità della relazione umana, confondendo la medicina narrativa con le pratiche alternative.
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Stiamo dimenticando gli aspetti umani della nostra professione rimpiazzandoli con linee guida standardizzate che trasformano noi medici in rigidi calcolatori. Di contro stiamo perfezionando software di intelligenza artificiale con algoritmi che conferiscono alle macchine sembianze quasi umane, con quell’apertura, pazienza, reciprocità e disponibilità che noi umani stiamo disimparando. Forse un giorno saremo visitati da macchine che rispetto a noi saranno dotate di una maggior intelligenza (gentilezza artificiale).
Comunicare con il paziente non è sinonimo di interrogare (anamnesi) ed è molto più che informare, per esempio, come assumere un farmaco.
Comunicare significa entrare in relazione con il nostro interlocutore e creare con lui un clima di apertura, serenità, reciprocità e fiducia, importante anche in termini di alleanza terapeutica (compliance).
La medicina narrativa è una medicina di contesto (biologico, sociale) poiché consente un approccio sistemico al paziente, durante il quale anche il sintomo isolato viene narrato all’interno della propria biografia, fatta non solo di momenti bui ma anche di nuove opportunità di ripresa, da cui ripartire.
Anche in quelle persone che in maniera saccente e frettolosa definiamo “malati immaginari” vi è sempre tanta sofferenza, reale e per niente immaginaria. Possiamo liquidarle in trenta secondi, etichettandole come persone ipocondriache, malati mentali o immaginari perché in assenza di segni clinici, oppure provare a ricordare di essere innanzitutto dei medici e che la sofferenza umana è il segno clinico più importante in Medicina, forse quello per il quale alcuni di noi hanno scelto proprio questa missione tra decine di altre professioni.
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