Fibromialgia: che cos'è e come si può curare con la medicina integrata
Medicina Integrata
Medicina Integrata
Un modello sistemico basato sulla medicina ildegardiana propone un nuovo approccio alla fibromialgia che possiamo definire la patologia della complessità
Sabrina Melino - 10/06/2020
Il seguente aticolo è tratto da Scienza e Conoscenza 72.
La fibromialgia è una forma clinica caratterizzata da dolore cronico diffuso e da altri sintomi non correlati al dolore, tra cui rigidità muscolare, affaticamento, sonno scarso, disturbi cognitivi e depressione, che possono presentare variazioni significative, non solo tra i diversi pazienti, ma anche nello stesso paziente durante il decorso della malattia. Questi sintomi sono relativamente comuni e non specifici; possono essere riscontrati in altre forme patologiche che possono sovrapporsi alla fibromialgia, senza che vi siano spesso confini chiari, rimanendo, per la loro stessa natura, oggettivamente difficili da definire e quantificare.
La fibromialgia tra genetica ed epigenetica
Attualmente, la diagnosi di fibromialgia si basa esclusivamente su una valutazione clinica completa, secondo i criteri ACR 2016 (American College of Rheumatology), tuttavia i biomarcatori biologici convalidati associati alla fibromialgia non sono ancora stati identificati.
Studi di associazione a livello del genoma hanno rintracciato i geni potenzialmente coinvolti nella patogenesi della fibromialgia e si è evidenziato che i fattori genetici sono responsabili fino al 50% della suscettibilità alla malattia. È stata inoltre proposta un’interazione gene-ambientale come meccanismo scatenante, attraverso alterazioni epigenetiche: in particolare, la fibromialgia sembra essere caratterizzata da un modello di DNA ipometilato nei geni implicati nella risposta allo stress, nella riparazione del DNA, nella risposta del sistema autonomo e nelle anomalie neuronali subcorticali1.
Alcune costituzioni genetetiche (del DNA) specifiche (genotipi) possono trovare espressione in fenotipi inclini allo sviluppo della fibromialgia: detto in altri termini vi sono persone che geneticamente sono più predisposte, essendo meno resilienti, a rispondere agli stimoli ambientali in modo tale da favorire lo sviluppo della fibromialgia. La complessità nella eziopatogenesi e nella diagnosi della fibromialgia l’hanno resa per molto tempo una malattia contestata: le persone che ne erano colpite erano stigmatizzate e classificate come affette da disturbi psicologici e/o psicosociali, più che fisici.
Tale atteggiamento ha ulteriormente complicato la vita dei malati fibromialgici, determinando un impatto economico e sociale rilevante.
Approccio PNEI: la resilienza
La multifattorialità alla base dello sviluppo della fibromialgia e la rilevanza della componente epigenetica all’origine della stessa, ovvero l’alterata risposta dell’individuo agli stimoli ambientali, richiamano necessariamente l’inquadramento della sindrome fibromialgica all’interno dell’approccio PNEI (psico-neuroendocrino-immune) inerente al concetto di considerare le malattie da un punto di vista integrato, con le varie componenti (psiche, sistema nervoso, sistema endocrino e sistema immunitario) che controllano l’organo/apparato malato e a loro volta sono influenzate da un meccanismo di feedback.
Abbiamo detto che le persone poco resilienti sono più facilmente soggette a contrarre malattie autoimmuni o sindromi caratterizzate da rigidità e dolore cronico. Potremmo meglio dire che alcuni individui, predisposti costituzionalmente e geneticamente, possono sviluppare fenotipi meno resilienti.
Cosa può fare la MEDICINA ILDEGARDIANA per la FIBROMIALGIA?
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