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L'alluminio causa l'Alzheimer?

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Fiamma Ferraro - 01/01/2016

L’alluminio non è certamente l’unica causa dell'Alzheimer e vanno presi in considerazione numerosi altri possibili fattori, che vanno dalla predisposizione genetica alle quantità di alluminio assunto, alla difficoltà che vi è in alcuni di espellerlo, alla coesistenza di vari altri fattori nocivi (dieta, medicinali vari, ecc.).
Tuttavia gli studi più recenti sembrano indicare, anche se non ancora con “prove di colpevolezza” al 100%, che l’alluminio, in quantità giornaliere elevate e per lunghi periodi, svolge perlomeno un ruolo di “complice corresponsabile” nel far insorgere questa malattia nelle persone predisposte.
Sull’argomento vi è un’infinità di studi, con risultati in parte contrastanti. Negli anni ’60 e ’70 prevalevano gli studi che ne dichiaravano la colpevolezza, poi hanno iniziato a prevalere quelli che ne indicavano l’innocenza, ma negli anni più recenti sono divenuti sempre più numerosi quelli che ne indicano la colpevolezza.
L’attuale situazione è riassunta bene ad esempio nel seguente articolo di Tomljenovic l. (Gruppo di ricerca neurologica dell’Università della British Columbia, Vancouver, Canada), pubblicato su:

J Alzheimers Dis. 2011;23(4):567-98. doi: 10.3233/JAD-2010-101494, con il titolo: Aluminum and Alzheimer's disease: after a century of controversy, is there a plausible link?. (Alluminio e morbo di Alzheimer: dopo un secolo di controversie; vi è un nesso plausibile?).

In questo articolo si osserva che l’alluminio è il metallo neurotossico maggiormente presente sulla terra, il cui possibile accumulo nel tessuto neuronale è stato ripetutamente dimostrato. Il ruolo dell’alluminio nell’Alzheimer è stato ripetutamente negato in base alle seguenti considerazioni :
1) l’alluminio non potrebbe penetrare nel cervello in quantità tali da causare danni;
2) l’alluminio in eccesso sarebbe facilmente espulso dal corpo;
3) l’accumulo di alluminio nei neuroni sarebbe una conseguenza più che una causa dell’Alzheimer.

A queste tesi nell’articolo viene fornita la seguente risposta:
1) la ricerca ha dimostrato che sono sufficienti quantità anche molto esigue di alluminio per provocare neurotossicità;
2) l’alluminio riesce con vari meccanismi di trasporto ad attraversare la barriera emato-encefalica e quindi a penetrare nel tessuto cerebrale;
3) l’accumulo di quantità pur esigue di alluminio nel corso della vita porta con il tempo a un suo accumulo selettivo nei tessuti cerebrali;
4) sin dal 1911 l’evidenza sperimentale ha ripetutamente dimostrato che l’intossicazione cronica da alluminio riproduce la sintomatologia neuropatologica propria dell’Alzheimer.

L’articolo conclude pertanto che: "L’ipotesi che l’alluminio contribuisca in modo significativo all’Alzheimer è basata su evidenza sperimentale molto solida” e che “dovrebbero essere prese delle misure immediate per diminuire l’esposizione delle persone all’alluminio, esposizione che potrebbe essere il singolo fattore, maggiormente pesante ed evitabile in relazione all’Alzheimer ".

 

In questo libro della dottoressa Fiamma Ferraro sono indicati alcuni rimedi diretti a liberare l'organismo umano da almeno una parte del carico di tossine che tutti noi, vivendo in un ambiente tanto inquinato quanto quello odierno, non possiamo evitare di accumulare nel corso degli anni.

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Numerosi altri studi dimostrano il nesso alluminio-Alzheimer, si vedano solo a titolo di esempio:
- Rodella LF, Ricci F, Borsani E, Stacchiotti A, Foglio E, Favero G, Rezzani R, Mariani C, Bianchi R. “Aluminium exposure induces Alzheimer's disease-like histopathological alterations in mouse brain”, Histol Histopathol. 433-9. 23 Apr. 2008.
- Flarend, R, T Bin, D Elmore, and S L. Hemb. “A Preliminary Study of the Dermal Absorption of Aluminum From Antiperspirants Using Aluminium-26”, Food and Chemical Toxicology 39 (2001): 163-168. 22 Jan. 2008.
- Exley, C, and M M. Esiri. “Severe Cerebral Cognophilic Angiopathy Coincident with Increased Brain Aluminium in a Resident of Camelford, Cornwall, UK”, Journal of Neurology, Neurosurgery, and Psychiatry 77 (2006): 877-879. 18 Jan. 2008.

Ed ecco ancora altri estratti:
-Recent research suggests that aluminium is linked to neurotoxicity and even dementia (Immunologic Research online, April 2013).
-Aluminium is found in higher concentrations in the brains of Alzheimer's patients (Journal of Alzheimer's Disease online, Vol. 35, No. 1, 2013).
-There is growing concern that aluminium is involved in the development of this devastating condition (Clinical Biochemistry, January 2013).
-A preliminary study found that drinking silicon-rich mineral water helps remove aluminum from the body and may improve cognition (Journal of Alzheimer's Disease, Vol. 33, No. 2, 2013).
 
In particolare, il Prof. Christopher Exley, dell’Università di Keele, U.K. in un articolo che in Gran Bretagna ha ricevuto notevole diffusione (http://www.dailymail.co.uk/health/article-2792370/aluminium-poisoning-brains-causing-alzheimer-s-professor-claims.html#ixzz3OFElkEa4) ha osservato per l’appunto che l’alluminio è il metallo più abbondante contenuto nella crosta terrestre, e quindi si trova anche nelle piante e negli alimenti, ma che, mentre fino a 50 anni fa assumevamo solo minime quantità di questa sostanza dagli alimenti e magari dalle pentole in cui questi alimenti erano cucinati, oggi invece siamo circondati dall’alluminio e ne assumiamo quantità industriali, poiché è divenuto onnipresente; si trova nell’acqua, nei deodoranti e cosmetici, in involucri e detersivi, negli antiacidi e in altre medicine. Il Prof. Exley conclude: "Stiamo tutti quanti accumulando una nota neurotossina nel nostro cervello, dal momento in cui siamo concepiti fino alla morte; perchè mai affrontiamo questo fattore inevitabile con una tale noncuranza?".

Il discorso riguardante l’opportunità di dedicare la giusta attenzione a prodotti con cui si entra in contatto quotidiano vale certo non solo per l’alluminio ma per numerose altre sostanze (piombo, mercurio, arsenico, ecc.) presenti oggi nel nostro ambiente in quantità mai viste fino a un centinaio di anni fa; il nostro organismo non si è ancora evoluto in modo tale da poterle smaltire tutto senza problemi. Dosi “infinitesimali” di ognuna di queste sostanze tossiche, prese ogni tanto e singolarmente non farebbero danni, ma la somma di tutte queste dosi “infinitesimali” assunte giornalmente alla fine rischia di diventare notevole e non più innocua.
La conclusione sopracitata del Prof. Exley sembra riassumere molto bene l’atteggiamento più appropriato nei confronti di questo problema: non è certo il caso di diventare “nevrotici” e di evitare con “terrore” di assumere quantità anche infinitesimali di alluminio. L’alluminio in forma organica contenuto negli alimenti è innocuo, e anche se a quello alimentare viene aggiunto alluminio in altre forme, purché in quantità limitata e non ogni giorno, con ogni probabilità non succede nulla (salvo magari in soggetti geneticamente predisposti o con problemi di eliminazione). Vale tuttavia la pena di dedicare un minimo di attenzione al problema e di prendere alcune precauzioni elementari. Così ad esempio se si devono prendere frequentemente antiacidi e altre medicine contenenti alluminio si potrebbe evitare di usare deodoranti con alluminio, e fare attenzione a non mettere pentole e posate di alluminio a contatto con l’aceto. È l’assunzione quotidiana e costante di alluminio che causa problemi, e non un’assunzione occasionale. Per cui se ogni tanto, per cucinare un piatto particolarmente gustoso, si vogliono utilizzare per la cottura le buone proprietà conduttrici delle pentole in alluminio non rivestito, allora non succede alcun danno: buon appetito!
 


Fiamma Ferraro
 È  laureata in medicina e scienze mediche in Irlanda. Ha completato la formazione specifica in medicina generale e ha conseguito titoli in... Leggi la biografia
 È  laureata in medicina e scienze mediche in Irlanda. Ha completato la formazione specifica in medicina generale e ha conseguito titoli in scienza della nutrizione e terapia chelante in Germania, omotossicologia, fitoterapia e ozonoterapie presso le Università di Siena e Firenze, psicofarmacologia con l'Università di Harvard (USA) e... Leggi la biografia

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