La scelta antitumore: intervista a Giuseppe Di Bella
Medicina Integrata
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Il Metodo Di Bella vent’anni dopo: i reali ostacoli alla cura dei tumori e l’efficacia della multiterapia messa a punto dal professore modenese
Valerio Pignatta
«Non esisterà alcun trattamento chemioterapico né monoterapia in grado di guarire un tumore, ma unicamente un Metodo, una multiterapia, un complesso di sostanze sinergiche e fattorialmente interattive, singolarmente dotate di attività antitumorale atossica, che sequenzialmente o contemporaneamente agiscano centripetamente sulla miriade di reazioni biologiche della vita tumorale, riconducendo gradualmente alla normalità le reazioni vitali deviate dal cancro». Queste parole del professor Luigi Di Bella, pronunciate profeticamente quarant’anni fa, sono oggi confermate da recenti studi sull’inefficacia dei protocolli oncologici tradizionali che potete leggere nel riquadro di approfondimento a p. 38. Qual è attualmente la situazione della ricerca in oncologia e com’è progredito in questi anni il Metodo Di Bella (MDB)? Ne parliamo con Giuseppe Di Bella – figlio di Luigi, erede e prosecutore delle ricerche del padre – autore del recentissimo best seller La Scelta Antitumore.
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Lei inquadra il suo lavoro di ricerca e quello di suo padre all’interno di una panoramica più ampia che prende in considerazione la società moderna nel suo insieme e quello che lei definisce il “nuovo ordine totalitario”. Ci può illustrare brevemente il suo pensiero in questa prospettiva? Quale Medicina abbiamo oggi?
Oggi la medicina è condizionata dagli stessi circoli di potere che gestiscono politica, informazione, economia e perseguono l’assoluto monopolio della ricerca e terapia medica, con l’obiettivo primario, ma non esclusivo, del profitto, per ragioni che si estendono a finalità più ampie, insospettabili, inconfessabili.
Uno gli aspetti più gravi di questa situazione è il noto, e da più parti denunciato, meccanismo con cui le multinazionali gestiscono l’Impact Factor (criterio di valutazione di una rivista scientifica, paragonabile al rating in finanza, fondamentale per le carriere universitarie pilotate). Con queste stesse finalità è stata creata un’entità dogmatica sovranazionale, la cosiddetta “Comunità scientifica”. Non si tratta della mia opinione, ma di quella di numerosi scienziati, premio Nobel e redattori di riviste di pregio internazionale.
Il premio Nobel per la medicina Randy Scheckman, su prestigiose riviste, come «Science» e «Cell» dichiara che «la ricerca in campo scientifico non è affatto libera, ma in mano a una cerchia ristretta. È tutt’altro che indipendente: ormai le riviste scientifiche non pubblicano contenuti in base alle ricerche, ma in base all’interesse. L’Impact Factor è manipolato» (1).
Sono numerose e autorevoli le dichiarazioni che evidenziano come la tanto celebrata “Comunità scientifica” – che pontifica con giudizio infallibile su ogni terapia e ogni ricerca – sia ormai talmente asservita alle multinazionali da aver falsificato per interesse almeno il cinquanta per cento del dato scientifico. Il professor Richard Horton, caporedattore del «The Lancet», una delle più note e storiche riviste scientifiche mondiali ha dichiarato: «Moltissime delle ricerche pubblicate sono, nella migliore delle ipotesi, inaffidabili, se non completamente false» (2). La professoressa Marcia Angell, per vent’anni caporedattore di un’altra delle massime testate scientifiche internazionali «New England Medical Journal» (NEMJ), ha dichiarato: «Semplicemente, non è più possibile credere a gran parte della ricerca clinica che viene pubblicata, o fare affidamento sul giudizio di medici “fidati” o linee guida mediche autorevoli. Questa conclusione, a cui sono giunta lentamente e con riluttanza in due decenni come redattore del New England Journal of Medicine, non mi da alcun piacere» (3). Premi Nobel e caporedattori delle massime testate medico-scientifiche mondiali non diffondono bufale o fake news, ma sono le rare, forse ultime, voci che all’onestà intellettuale associano una grande cultura e rilevanti meriti scientifici. Oggi il mercato del farmaco utilizza anche icone, mostri sacri, battezzati KOLS (Key Opinion Leaders), divinità dell’Olimpo, del Gotha medico-scientifico della “Comunità scientifica”. Solo questi centri di potere possono conferire patenti di scientificità, arrogandosi il diritto di scomunicare e diffamare gli eretici come il professor Di Bella, che ha rivendicato la possibilità una ricerca indipendente finalizzata all’accertamento della verità, al progresso della medicina.
Ci può ricordare com’è andata la vicenda del Metodo Di Bella in Italia?
Tanti casi di pazienti guariti da Di Bella avevano portato nel 1997 a una mobilitazione della gente e a manifestazioni di piazza per richiedere la libertà di cura e l’erogazione del Metodo Di Bella. Il tentativo delle Lobby di risolvere la loro critica situazione con una campagna diffamatoria fino al linciaggio morale, l’insulto triviale, la promulgazione di altisonanti proclami, di autentiche bolle di scomunica, di diffide degli ordini dei medici, di minacce e intimidazioni al professor Di Bella, sortì l’effetto diametralmente opposto, riducendo ulteriormente il già scarso prestigio delle istituzioni sanitarie. Sotto la pressione dell’opinione pubblica nel 1998, questi signori furono costretti, obtorto collo, ad approvare la cosiddetta “Legge Di Bella” (articolo 3, comma 2 D.L. n. 17 del 23 febbraio 98, conv. con modificazioni, dalla legge 8 aprile 1998, n. 94), che consentiva al medico di prescrivere il Metodo al di fuori dei vincoli burocratici ministeriali secondo scienza e coscienza. Ne uscirono preconfezionando l’esito negativo della sperimentazione per screditare e diffamare il professor Di Bella. La sperimentazione fu totalmente destituita di dignità scientifica come ormai noto e documentato da diverse pubblicazioni, tra cui il recente libro La scelta antitumore (4). La Legge Finanziaria 2007 (al comma796, lettera Z), durante il governo Prodi, ha abrogato questa disposizione di legge in base alla quale per 9 anni i medici avevano potuto prescrivere farmaci di cui esisteva un razionale d’impiego scientificamente testato, ma non considerato dalle commissioni ministeriali. Il professor Di Bella che era stato emarginato dai circoli di potere è stato tanto odiato e vilipeso, oltre che per i risultati ottenuti, perché è stato in grado di bloccare per nove anni il programma di asservimento della terapia e della ricerca alle logiche del profitto, recuperando piena dignità e autonomia del medico.
Questo disegno è stato completato con la fine programmata della libertà di ricerca scientifica, codificata nel decreto legge N° 158 del 13 sett. 2012 e nella legge N° 189 del 8 nov. 2012 che prevede gravissime sanzioni disciplinari e pecuniarie ai ricercatori che, come Di Bella, senza il benestare di comitati etici, osino intraprendere studi clinici e ricerche scientifiche, anche se in autonomia e autofinanziati. È finita la libertà non solo di cura ma di ricerca. Hanno creato le condizioni per cui solo le multinazionali saranno autorizzare a finanziare studi clinici finalizzati alla registrazione di farmaci con procedure di cui si conoscono e sono stati denunciati gli espedienti e i trucchi statistici, per arrivare comunque alla registrazione e relativo profitto...