I rischi reali dell’auto-prescrizione e del sovradosaggio di Aspirina e Tachipirina
Medicina Integrata
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Scopriamo i rischi reali dell’auto-prescrizione e del sovradosaggio di Aspirina e Tachipirina. Ci siamo mai chiesti se sia la scelta giusta?
Domenico Battaglia - 18/03/2019
Tratto dall’articolo Febbre, dolore e infiammazione: come evitare FANS, paracetamolo e aspirina e utilizzare con successo le Medicine Non Convenzionali di Domenico Battaglia, apparso su Scienza e Conoscenza 62.
Ancora oggi l'acido acetil salicilico (Aspirina®), appartenente alla categoria degli Acidi Carbossilici, è il farmaco più famoso presso i consumatori appartenente a questa categoria (FANS). Noto e amato soprattutto per i molteplici usi previsti, come ci fa notare la pubblicità sul sito della casa produttrice, viene comunemente utilizzato a cuore leggero per “curare” la febbre, l'infiammazione ed il dolore.
L’acido acetil salicilico una volta era comunemente usato per sopprimere la febbre anche in età pediatrica, fino a quando non è stato collegato alla sindrome di Reye, una malattia che si manifesta con un’infiammazione acuta del cervello e del fegato, spesso con esiti fatali. Motivo per cui, specie in età pediatrica, si è iniziato a somministrare al suo posto l’acetaminofene (o paracetamolo), che a sua volta può essere, come abbiamo visto, la causa principale dell’insufficienza epatica in casi di sovradosaggio, nel bambino come nell'adulto.
Inoltre la gastrolesività, specialmente in pazienti con una storia di ulcera gastrico-duodenale o che risultino positivi alla presenza dell'Helicobacter Pilorii, è un ulteriore situazione che deve fare riflettere riguardo alla diffusione e utilizzo, specie in termini di autoprescrizione da parte del consumatore, di prodotti come l'acido acetil salicilico.
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Più spesso i farmaci antiinfiammatori non steroidei (FANS) vengono assunti per sedare le sindromi dolorifiche con svariate etiopatogenesi, come antiinfiammatori e come antiaggreganti piastrinici. Fra questi troviamo i derivati dell'acido acetico (Indometacina, Diclofenac, Ketorolac etc.), i derivati dell'acido propionico (Ibuprofene, Naprossene, Ketoprofene etc.), i derivati dell'acido Enolico (Piroxicam, Meloxicam etc.).
Un altro prodotto molto conosciuto ed al contempo usato senza grandi precauzioni è il Nimesulide (attualmente ritirato dal commercio in vari paesi per tossicità epatica).
Più recentemente sono stati immessi sul mercato i cosiddetti inibitori selettivi delle COX-2 (cicloossigenasi 2: enzima responsabile del processo infiammatorio) che si prefiguravano come una grande rivoluzione nel trattamento del dolore e dei processi flogistici, anche perché promettevano un'assenza di gastrolesività rispetto alle precedenti formulazioni. Dopo l'immissione in commercio questi farmaci hanno invece dimostrato una gastrolesività quasi paragonabile ai precedenti prodotti e la comparsa di effetti collaterali gravi a livello cardiovascolare, anche con esiti fatali. Per questi motivi sono stati ritirati dal commercio.
Hai già letto la prima parte?
Le sindromi febbrili, infiammatorie e dolorose dunque, eccetto in casi selezionati con la guida del medico di fiducia, dovrebbero essere assecondate nel loro decorso piuttosto che soppresse. Ciò non sempre è possibile da realizzare con la farmacologia di sintesi, specialmente se si vogliono ridurre i rischi di tossicità insiti nel farmaco stesso, o di insorgenza degli effetti collaterali, o se per esempio si hanno delle intolleranze ai principi attivi o ai loro adiuvanti.
In questi casi è possibile optare per strategie terapeutiche con un minor impatto tossicologico, ma che comunque portano l'organismo verso il processo della guarigione.