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Di cosa ha davvero bisogno il bambino iperattivo?

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Roberta Cavallo - 01/01/2016

L’iperattività, è definita come Disturbo da Deficit di Attenzione, e pare sia un disturbo evolutivo, legato al processo di crescita e sviluppo, relativo in particolare all’autocontrollo.
Volendo, o dovendo, creare un elenco identificativo di sintomi, che individuano l’iperattività, definita a tutti gli effetti una “patologia”, troviamo: la disattenzione a scuola; la difficoltà a coordinare i movimenti; l’impossibilità di eseguire attività di precisione; la difficoltà a porre l’attenzione e l’interesse per lungo tempo sulla stessa cosa; la difficoltà a stare fermi e a rilassarsi, ecc.

Mio figlio non è normale?
Fuori dalla definizione, l’iperattività è qualcosa che un genitore scopre quasi all’improvviso, magari dopo aver sottoposto il figlio ad un test, o dopo le segnalazioni delle insegnanti, o dopo averlo portato dal pediatra o dallo psicologo, il responso è: “Suo figlio è iperattivo!”.
“Iperattivo? Cosa vuol dire? Perché?”, risponde il genitore.
Dopo la diagnosi, si attivano in genere delle misure: forse dei medicinali da assumere, forse la richiesta di ore di sostegno a scuola, forse ancora consigli abbozzati per come contenere il bambino e far sì che la situazione torni “normale”.
“Perché, mio figlio non è normale?”, pensa il genitore.
La preoccupazione, l’incertezza e la paura sono del tutto giustificate, soprattutto in questi casi, quando l’approccio è squisitamente razionale e chiuso in una visione circoscritta. Questa visione è caratteristica della medicina allopatica, per sua natura votata alla tecnica e ad una visione che predilige, il sintomo e non la causa, la parte e non il tutto.
Proviamo ora a spostarci verso una visione un po’ differente, che considera il tutto anziché la parte, che, invece di focalizzarsi sulla eliminazione del sintomo, vuole andare a risolvere la causa, che predilige la visione d’insieme, piuttosto che la limitatezza data una visone che considera un solo aspetto della persona, per esempio il sintomo.

Perché un bambino diventa iperattivo
Da questo punto di vista, che cos’è l’iperattività? E’ davvero possibile trovarne una causa all’origine? Prima di rispondere a queste domande, facciamo un passo indietro.
Voglio aggiungere che ad una visione che predilige quasi esclusivamente l’attenzione verso la soppressione del sintomo appartiene quel bisogno quasi compulsivo di andare a cercare a tutti i costi una malattia, una definizione, all’interno della quale incasellare i sintomi, inquadrare la situazione, descrivere e spiegare.
Questa modalità, tipica della tecnica, rassicura l’uomo di scienza, la sua mente, perché ha saputo scoprire qualcosa di nuovo e ha saputo dargli un nome, classificandola come malattia. Inoltre sappiamo bene quanto questo consenta di trovare o inventare un farmaco che possa essere somministrato, in questo caso ai bambini, ma prima ancora acquistato e venduto…
Se da un lato scopriamo così una nuova malattia o una nuova sindrome, dall’altro siamo difficilmente d’aiuto a mamma e papà che non sanno come gestire il proprio figlio “iperattivo” e soprattutto non sanno come far fronte alle loro paure, al loro senso di disagio, ai loro sensi di colpa, alla stanchezza, alla frustrazione, alle incognite.
Inoltre, se non andiamo a fondo per scoprire la causa e se rimaniamo su di una soluzione di superficie, che si limita a voler debellare o attenuare il sintomo, non siamo di aiuto neppure al bambino, che continua a rimanere in balia di un corpo e una mente che vanno per conto loro, senza che lui riesca ad andarci d’accordo e a gestirli, e che rimane in balia di sentimenti ed emozioni che nascono e corrono all’impazzata, senza che lui abbia il tempo di conoscerli, di ascoltarli, di sentirli veramente e di imparare a gestirli.

Perché i bambini si adattano?
Torniamo adesso alle domande che hai letto poco sopra. Si può guardare all’iperattività in una maniera diversa? Più in accordo con la vera natura del bambino?
Sì, è possibile.
Non credo che l’iperattività sia una vera e propria malattia. Credo con maggior convinzione che gli atteggiamenti che identifichiamo come iperattivi siano una risposta di adattamento da parte del bambino che non si sente compreso, che non si è sentito accolto e che non si sente a suo agio nell’ambiente in cui vive.
Ogni bambino è unico e ha le proprie caratteristiche, ogni bambino ha i propri genitori che hanno a loro volta il proprio vissuto e le proprie modalità educative, e ogni bambino vive in un ambiente differente, fatto di persone e situazioni differenti. Per questo è in verità molto difficile e riduttivo “incasellare” tali manifestazioni in un’unica affezione.
Nello specifico, ogni bambino risponde ad una mancata accoglienza, al non sentirsi amato e apprezzato per come vorrebbe, a seconda di quella che è la sua natura. Per esempio ci sono bambini che si adattano: si omologano alla massa, stanno tendenzialmente buoni, ascoltano, ubbidiscono.
Poi ci sono bambini che invece, per natura, cercano di reagire per sopravvivere, ed ecco che non stanno mai fermi, vogliono essere notati, sembra stiano sempre tra le nuvole, costringono l’adulto ad avere nei loro confronti una cura differente, richiedono molte attenzioni e hanno difficoltà a gestire un corpo e una mente, che, a detta del loro sentire (spesso inconscio), non sono a loro volta mai stati riconosciuti da mamma e papà, la sua fonte di amore.
Ecco che in questo caso la descrizione si avvicina perfettamente a quella del bambino iperattivo.

 

Mio Figlio è Senza Freni
Guida di sopravvivenza per Genitori di bambini iperattivi
13.5


Dove sta dunque la causa primaria dell’iperattività?
A seconda del bambino (ogni caso è a sé), siamo di fronte ad un individuo che a partire dalla prima infanzia, quindi molto prima dell’inizio del periodo scolastico, quando in genere vengono notati per la prima volta atteggiamenti “sospetti”, non si è sentito accolto nei suoi bisogni profondi, si è sentito in balia degli eventi e privo di protezione, non capito e impossibilitato ad esprimere se stesso per quello che era.
In breve, sentiva che il suo modo di essere più spontaneo era in disaccordo con le aspettative dell’ambiente esterno, della tata, dei famigliari, dei nonni, dei genitori, i quali a loro volta (del tutto inconsciamente e involontariamente) hanno risposto ai suoi bisogni con modalità differenti rispetto a quelle attese dalla natura del bambino stesso.
Preciso che i genitori agiscono sempre per il meglio del proprio figlio, ma bisogna sempre valutare come il bambino percepisce gli eventi.
Un bambino in questa situazione può iniziare ad avere atteggiamenti “iperattivi” per difendersi e auto proteggersi dall’esterno. Non sentendosi compreso, percepisce l’adulto e l’ambiente come minacce e mette in campo un comportamento innaturale per permettersi di “sopravvivere”.
Vedere l’iperattività in questi termini, anche se inizialmente può sembrare duro e forte, in verità consente di accedere alla soluzione da mettere in campo e all’epilogo definitivo.
Ma quale deve essere la prerogativa principale affinché questo accada?
E’ essenziale distogliere parzialmente l’attenzione dal “problema” del bambino e indirizzarla maggiormente sul genitore e sull’ambiente esterno per poter raccogliere informazioni dettagliate che riguardano i primi anni di vita e in particolare l’atteggiamento avuto verso il bambino.
Poi è fondamentale ri-educare il genitore, per potergli chiarire il perché di questa risposta di adattamento del bambino e per potergli fornire tutti gli elementi pratici da utilizzare nella quotidianità, funzionali alla regressione dell’atteggiamento difensivo del bambino e alla definitiva manifestazione vera di sé, priva di meccanismi e di barriere.

Come approcciarsi a un bambino iperattivo
Per esempio è importante:
•    fare un passo indietro e riempire i vuoti affettivi di cui il bambino si è sentito vittima;
•    impostare la giornata e la settimana secondo ritmi ben scanditi. Il ritmo è per il bambino quello che è il piccolo recinto per il puledrino e la sua mamma: fonte di sicurezza e certezza di potermi muovere lungo un percorso sicuro che non presenta sorprese;
•    osservare il proprio bambino e chiedersi sempre qual è la motivazione profonda per cui agisce;
•    imparare a soddisfare i suoi bisogni profondi;
•    fargli riscoprire la propria corporeità attraverso l’utilizzo di trattamenti bioenergetici e oli essenziali specifici;
•    utilizzare fiori di Bach e i rimedi naturali a lungo termine per stabilizzare il sistema nervoso e quello emotivo;
•    non dirgli inizialmente di concentrarsi, di stare fermo o cercare di spiegargli cosa non si fa. Non lo capirebbe. Il tutto può avvenire solo gradualmente.
Questi sono solo piccoli esempi che non rendono il merito al ben più articolato intervento che è possibile attivare. Posso comunque garantirti che ogni volta in cui ho applicato questo punto di vista con le relative soluzioni e ogni volta in cui il genitore si è davvero aperto e messo in gioco, i risultati sono stati straordinari.
Tornare ad essere se stessi secondo la propria natura è possibile, sempre.

Per contattare Roberta Cavallo visita il sito www.bimbiveri.it

 

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Roberta Cavallo
Roberta Cavallo, formatrice specializzata in infanzia secondo natura, autrice del testo Smettila di reprimere tuo figlio, consulente... Leggi la biografia
Roberta Cavallo, formatrice specializzata in infanzia secondo natura, autrice del testo Smettila di reprimere tuo figlio, consulente genitoriale.Negli ultimi cinque anni ha gestito un centro residenziale con bambini in affido famigliare collaborando con i servizi sociali.   Roberta CavalloBimbiveriAutrice del testo Smettila di Reprimere tuo... Leggi la biografia

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