L'ipotesi del Cervello Olografico: dove risiede la memoria?
Marco Capozza - 01/01/2016
Quasi cinquant’anni fa, nel 1966, il neurochirurgo austriaco Karl Pribram suggerì che la memoria umana funzioni in modo simile a un ologramma.
La particolarità dell’ologramma, al di là dei dettagli tecnici, è che nella lastra olografica l’informazione circa la scena visiva è registrata in modo diffuso: in ciascun singolo punto della lastra è impresso il risultato della sovrapposizione delle onde luminose che da tutti i punti della scena arrivano ad ogni punto della lastra, con un rapporto spaziale tutti-a-tutti fra i punti della scena e quelli della lastra (a differenza della fotografia tradizionale e dell’occhio, in cui ogni punto della pellicola e della retina riceve invece le onde da un solo punto della scena, o solo da un piccolo gruppo di punti ravvicinati, con un rapporto uno-a-uno, o pochi-e-ravvicinati-a-uno).
Il risultato della sovrapposizione di onde luminose in un punto è la loro cosiddetta interferenza, che è semplicemente una somma che tiene conto anche dell’eventuale differenza di fase, poiché le onde oscillano, e se due onde si sovrappongono quando una è “in alto” e l’altra è “in basso” il risultato corrisponde alla loro sottrazione anziché somma.
In definitiva, nell’olografia l’informazione visiva globale è distribuita su tutti i punti della lastra, nelle relazioni spaziali fra i valori d’interferenza registrati in essi, e se si perde una parte dei punti si perde una parte della precisione (definizione, risoluzione) della scena globale, ma non specifici “pezzi” di essa: dai punti restanti può essere ricostruita l’intera scena, seppur con un grado di risoluzione inferiore. Partendo dall’osservazione che nell’uomo danni cerebrali anche estesi non provocano perdita di specifici ricordi, Pribram sostenne che anche nella memoria umana i ricordi siano immagazzinati in una forma diffusa e delocalizzata simile a quella olografica.
Questo andava controcorrente rispetto alle idee del tempo, che tendevano invece a considerare i ricordi come risiedenti in insiemi specifici e localizzati di neuroni: i cosiddetti engrammi. Inoltre Pribram precisò che nel cervello la codifica olografica risieda nelle interferenze fra le oscillazioni dei potenziali elettrotonici locali, o potenziali locali di campo (local field potentials): fenomeni elettrici che restano limitati all’intorno delle sinapsi che li generano, nelle sottili ramificazioni neuronali dette dendriti, o arrivano al massimo al corpo neuronale, e non si propagano lungo il prolungamento neuronale detto assone, come fa invece l’altro tipico fenomeno elettrico neuronale, il potenziale d’azione o impulso nervoso.
Quest’ultimo è un evento binario, tutto-o-nulla (in ciascun dato neurone ha sempre la medesima ampiezza e durata), mentre i potenziali elettrotonici locali, al contrario, possono assumere liberamente infiniti valori intermedi fra un minimo e un massimo: hanno cioè carattere analogico anziché binario. Per Pribram sono questi la reale sede di elaborazione e immagazzinamento delle informazioni nel cervello, mentre l’impulso nervoso è “soltanto” il modo con cui l’informazione elaborata o rievocata viene poi trasmessa a distanza.
Nell'articolo integrale troverai approfondimenti su:
- Gli esperimenti a sostegno dell'ipotesi olografica
- L'incontro di Pribram con David Bohm
- Le idee di Pribram oggi
- Conclusioni sul concetto della delocalizzazione della memoria
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