Il DNA e il “dogma” della biologia molecolare
Nuova Biologia
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Dalla genetica all’epigenetica: la dottoressa Debora Rasio ci spiega come le scelte dei genitori – dall’alimentazione, alle emozioni, alla gestione dello stress – influiscono sul destino dei figli
Debora Rasio - 15/12/2023
Il colore dei capelli, degli occhi, della pelle, l’altezza, la struttura fisica e altri caratteri somatici sono chiaramente codificati da precise sequenze genetiche presenti nel nostro DNA. Ci si è spinti fino a ritenere che la predisposizione alle malattie, l’intelligenza, la capacità di procreare, persino il carattere dipendessero da quel filamento lungo circa 2 metri che risiede nel nucleo delle nostre cellule, “impacchettato” e superavvolto in particolari strutture proteiche chiamate istoni. Non a caso, oggi si ricorre diffusamente all’analisi del DNA per misurare la predisposizione alle malattie. È la naturale conseguenza del determinismo biologico che vede l’uomo come il prodotto dell’espressione dei suoi geni, il suo presente e il suo futuro deducibili dalla lettura del suo DNA.
Una visione così semplicistica del mondo è andata sgretolandosi allorché gli stessi scienziati, progredendo nella conoscenza dei meccanismi che regolano le funzioni cellulari, hanno scoperto che il cosiddetto “dogma centrale della biologia molecolare” secondo il quale il flusso di informazioni viaggia solo in una direzione – dal DNA verso le proteine, senza possibilità di un percorso inverso – fosse, semplicemente, falso. Il flusso di informazioni, infatti, viaggia in entrambe le direzioni e, se è vero che nasciamo con un determinato corredo di geni, è pur vero che sarà l’ambiente a decidere quali esprimere e quali no, in una continua relazione adattativa con il mondo circostante.
Il DNA spazzatura non è affatto da buttare
Fino alle fine del secolo scorso si pensava che noi esseri umani, le creature più intelligenti del pianeta, avessimo un numero di geni di gran lunga superiore a quello di qualunque altra specie.
Abbiamo dovuto attendere il completamento del Progetto Genoma Umano, nei primi anni 2000, per apprendere la verità: nel nostro DNA si trovano solo circa 20.000 geni che codificano informazioni per la sintesi di proteine, più o meno lo stesso numero di quelli che possiede un topo, corrispondenti all’1,5 percento di tutto il nostro DNA.
Oggi sappiamo che la differenza sostanziale fra noi e le altre specie non risiede in queste regioni codificanti, ma nella restante parte del DNA, cioè in quel 98,5 percento considerato per lungo tempo privo di funzioni e per questo denominato “DNA spazzatura”. Tutt'altro, proprio questa parte “non codificante” decide quali, e in quanta parte, geni esprimere e quali no. E ci rende “unici” e diversi da tutti gli altri e dalle altre specie. Ma le sorprese, in quanto a scoperte, non finiscono qui.