Alberi, sole, batteri: vivere nella natura ci fa fare il pieno di vitamina D e benessere
Nuova Biologia
Nuova Biologia
Stare a contatto con la natura, vivere l’atmosfera all’interno di una foresta: perché fa bene al nostro corpo e alla nostra mente?
Katy Bowman - 09/04/2024
Tratto da Muovi il tuo DNA.
Gli alberi mi sono sempre stati a cuore, perché sono importanti. E non solo perché li considero tali, ma perché producono l’ossigeno di cui sia voi che io abbiamo bisogno per vivere. Alberi ed esseri umani vivono in un interscambio continuo di gas. Loro hanno bisogno di noi e noi abbiamo bisogno di loro.
Ma il valore di un albero nell’ottica della salute non si risolve solo con l’ossigeno. Lo shinrin-yoku o “forest-bathing” (bagno nella foresta), è il processo che consiste nell’entrare in contatto con la natura e partecipare dell’atmosfera della foresta. Fenomeno molto studiato in Giappone, il forest-bathing riduce la concentrazione di cortisolo nel sangue e abbassa la frequenza cardiaca, la pressione sanguigna e il livello del cosiddetto “tecnostress” (come indicato dalla riduzione dell’attività cerebrale).
Anche se chiunque abbia mai trascorso un paio d’ore a vagare nella natura vi può dire che sì, è molto rilassante, è grazie alle indagini scientifiche se possiamo meglio comprendere il meccanismo che si cela dietro la nostra risposta psicologica al contatto con gli alberi. Non rispondiamo alla presenza dell’albero in sé: in realtà i benefici derivano dall’interazione invisibile con i fitoncidi, alcune sostanze chimiche attive prodotte dalle piante.
L’albero, secernendo tali sostanze per tenere lontani insetti e marciumi pericolosi, ci fornisce contemporaneamente un composto che fa bene al nostro corpo. L’ho affermato prima e lo ripeto di nuovo: la natura è complessa. Proprio come è impossibile elencare tutti i benefici che derivano da una dieta basata su prodotti integrali, è impossibile tenere conto di ogni singolo interscambio che avviene tra noi e “lo stare all’aperto”.
Vitamina D
Sull’onda del desiderio di semplificare la natura, riducendola a quegli aspetti essenziali che possiamo duplicare anche vivendo lontani da essa, non vediamo il quadro nel suo insieme: la parte di qualcosa non è mai il tutto. La vitamina D è uno di quegli aspetti essenziali. A quanto pare l’interazione tra noi e il sole è necessaria per permetterci di produrre alcuni tipi di vitamina D. Le zone geografiche caratterizzate dalla scarsità di luce solare (o da una popolazione che esce poco di casa) denotano sempre un’incidenza maggiore di malattie derivanti dalla scarsità di luce. Ma, approfondendo gli studi, abbiamo scoperto che la vitamina D non è l’unica cosa positiva che ci regala la luce solare: c’è anche l’esposizione alle radiazioni ultraviolette (i raggi UV). A prescindere dalla sintesi della vitamina D, i raggi UV diminuiscono il fattore di rischio delle malattie infiammatorie demielinizzanti come la sclerosi multipla. In breve, non vi basta assumere vitamina D per godere dei pieni benefici del sole. O farvi una doccia UV ogni tanto. Attualmente non abbiamo nemmeno iniziato a capire quali sono tutti i processi fisiologici che dipendono dall’interazione con il sole. O con il vento, il caldo, il freddo, il terreno o la biofonia, se è per questo. La scienza svolge un lavoro impeccabile nel ridurre le variabili finché non si riducono abbastanza da poter essere comprese. Siamo noi che non ce la caviamo troppo bene quando dobbiamo ricostruire quel puzzle che è stato scomposto in migliaia di pezzi. I biochimici che studiano i composti secreti dalle piante non comunicano con i fisiologi che si occupano dell’interscambio elettronico tra il terreno e il piede nudo (l’attività detta “grounding”).
Gli immunologi che conducono ricerche sui parassiti in grado di potenziare la risposta immunitaria che si trovano nella sporcizia (e che ingeriremmo con il cibo se non fossimo così ossessionati dall’idea di lavare tutto) non parlano con gli anatomisti che studiano l’attività di quei milioni di muscoli microscopici – detti erector pili – che si contraggono per farci rizzare i peli quando ci viene la pelle d’oca a causa del freddo. Barricati nella calda sicurezza delle nostre case, dei nostri uffici, delle nostre auto e dei nostri vestiti, ci stiamo perdendo un numero incalcolabile di interazioni biologiche, e la nostra fisiologia ne risente. Anche se siamo estremamente fortunati a vivere in un’epoca in cui i materiali sintetici vengono prodotti nelle fabbriche di tutto il mondo per controbilanciare le nostre scelte in materia di stile di vita, tali materiali non possono duplicare la natura. Sono trattamenti localizzati che chiedono un dazio all’umanità e all’ecologia. Il tempo all’aperto, come il movimento, non è opzionale: il vostro corpo e la vostra comunità dipendono da esso.