Approfondimenti sulla relatività ristretta
Antonella Ravizza - 01/01/2016
La teoria della relatività ristretta, chiamata anche relatività speciale, fu formulata da Einstein attorno al 1905, con l’articolo Zur Elektrodynamik bewegter Körper (elettrodinamica dei corpi in movimento) e si applica ai sistemi che si muovono di moto rettilineo uniforme. In seguito venne estesa, attraverso la teoria della relatività generale, ai sistemi in moto qualunque. La teoria della relatività ristretta tratta quindi i fenomeni che avvengono in sistemi di riferimento inerziali e scarta del tutto il concetto di etere, che oggi non viene più utilizzato dai fisici. Essa si basa essenzialmente su due postulati fondamentali.
I due postulati di base del principio di relatività ristretta
Il primo postulato, o principio di relatività ristretta, stabilisce che le leggi della fisica sono le stesse in tutti i sistemi di riferimento inerziali e rappresenta sostanzialmente un'estensione a tutte le leggi della natura del principio di relatività di Galileo (che riconosceva che le leggi della meccanica dovessero valere per tutti i sistemi di riferimento inerziali). Questo significa che i risultati di qualunque esperimento devono essere gli stessi per qualsiasi sistema di riferimento che si muova di moto rettilineo uniforme. Il secondo postulato, noto come principio di costanza della velocità della luce, afferma che la luce si propaga nel vuoto con una velocità finita, pari a: c=2,988*108 m/s, indipendentemente dalla velocità dell’osservatore o dalla velocità della sorgente che l'ha emessa. Questa seconda asserzione, sebbene oggi sia ampiamente accettata, appare in contraddizione con l'esperienza quotidiana, che sembra implicare che un oggetto che si muove verso un osservatore abbia una velocità maggiore se contemporaneamente l'osservatore si muove in direzione dell'oggetto, secondo una regola intuitiva delle composizioni delle velocità, ovvero che la velocità di un oggetto dipenda effettivamente dal sistema di riferimento. Questo non vale per la luce.
L’evento nella teoria della relatività
Nella teoria della relatività si chiama evento l’insieme stesso dei quattro valori che specificano quando e dove è avvenuto il fatto e viene indicato con una quaterna ordinata (t, x, y, z). Consideriamo ora due eventi E1 e E2: essi sono detti causalmente connessi se un segnale emesso in corrispondenza di E1 può raggiungere E2 viaggiando a velocità minore di c; i due eventi sono invece detti causalmente non connessi se un segnale emesso in corrispondenza dell’evento E1 e viaggiante a velocità c non può raggiungere l’evento E2. Inoltre esiste sempre un sistema di riferimento inerziale in cui i due eventi hanno la stessa coordinata temporale. Nella teoria della relatività lo spazio in cui si misura l’intervallo invariante tra due eventi, che ha anche la dimensione temporale, si chiama spazio-tempo. Lo spazio-tempo della relatività ristretta ha una geometria particolare che fu studiata verso al fine del 1800 dal matematico Minkowski e che portò alla rappresentazione degli eventi per mezzo dei quadrivettori, cioè vettori quadridimensionali aventi tre componenti spaziali e una temporale. Un fenomeno, come la propagazione di un segnale o il moto di una particella, in un diagramma di Minkowski è rappresentato da una retta, chiamata linea di universo. In un diagramma bidimensionale, le linee di universo dei segnali luminosi che passano per l’origine sono le bisettrici dei quadranti. Queste linee delimitano il cono di luce in cui si trovano gli eventi passati e futuri e connessi con l’origine. Il cono di luce futuro si trova sopra, quello passato si trova sotto.
Il concetto di energia e di massa nella teoria della relatività
La relatività introduce anche la non conservazione dell’energia e della massa, prese singolarmente. La fisica classica conservava energia e massa, inoltre la conservazione della massa è uno dei più importanti principi della chimica (enunciato di Lavoisier). Ora la relatività sostiene che la massa è una forma di energia, che deve essere aggiunta all’energia cinetica e all’energia potenziale quando si parla della conservazione della massa-energia. In particolare, se un corpo assorbe una certa quantità di energia E, la sua massa non si conserva, ma aumenta della quantità ∆m=E/c2; viceversa la massa diminuisce se il corpo perde energia. In realtà tutte le trasformazioni di massa in energia e di energia in massa sono riassunte dalla relazione di Einstein: E=mc2. Ma ci domandiamo: la fisica relativistica si può trovare applicata a situazioni della vita quotidiana? La PET (tomografia a emissione di positoni), usata per diagnosticare le malattie ne è un esempio. Prima di sottoporre un paziente alla PET gli si inietta una sostanza radioattiva che emette positoni, particelle che hanno la stessa massa degli elettroni ma carica opposta. I positoni si annichilano in coppia con gli elettroni, cioè quando un positone incontra un elettrone le due particelle scompaiono e la loro massa, in accordo con la formula di Einstein, si trasforma in energia emessa sotto forma di raggi gamma, che vengono trasformati in segnali elettrici dai rilevatori del tomografo, per elaborare l’immagine al computer. Questo ci fa capire che la fisica non è solo una scienza teorica ed astratta, come molti credono, ma vede applicazioni pratiche fondamentali che ci permettono la diagnosi precoce di varie malattie, dall’epilessia ai tumori.