Cosa sono i buchi neri?
Antonella Ravizza - 01/01/2016
Sembra paradossale ma i buchi neri sono gli oggetti dell’universo più semplici da descrivere: basta conoscere la massa e la velocità di rotazione, e tutte le informazioni sulla complessa struttura della stella che li ha originati non interessano più.
Albert Einstein già nel 1915 formulò delle previsioni sull’esistenza di buchi neri. A tal proposito scrisse delle equazioni che vennero risolte nello stesso anno dall’stronomo Karl Schwarzschild, ma ad esse non veniva ancora associato un significato fisico. Solo nel 1939, Robert Oppenheimer e Hartland Snyder spiegarono con calcoli teorici che quando una nube di gas si contrae a causa dell’attrazione gravitazionale, forma un buco nero, ma si era ancora lontani dall’ottenere una vera e propria osservazione astronomica. Queste osservazioni arrivarono negli anni Sessanta, quando si scoprì che una stella di massa grande può concludere la propria vita con una grossa esplosione e con il successivo collasso della sua parte più interna.
L'orizzonte degli eventi
Ma i buchi neri si possono studiare solo indirettamente, osservando i fenomeni che avvengono nelle loro vicinanze, perché i buchi neri non sono visibili: la luce stessa non può sfuggire da un buco nero. La materia qui si muove a velocità molto elevata e sono emesse grandi quantità di energia. Cerchiamo di capire bene cosa succede. Quando lanciamo in alto una palla, a maggiore energia lanciata corrisponderà una velocità iniziale maggiore e anche un’altezza massima raggiunta maggiore; poi naturalmente la palla ricadrà a terra. Quando la velocità iniziale raggiunge la cosiddetta velocità di fuga, la palla supera l’attrazione gravitazionale e non ricade più verso il basso. La velocità di fuga varia al variare del corpo celeste su cui ci troviamo, perché aumenta all’aumentare della massa del corpo celeste e diminuisce all’aumentare del raggio del corpo stesso (vf=√(2G M/R) , dove G è la costante di gravitazione universale, M la massa e R il raggio). È evidente che a parità di massa la velocità di fuga aumenta se il raggio diminuisce: ci sarà quindi un valore del raggio (che chiameremo RS) per cui la velocità di fuga diventa uguale alla velocità della luce. Dal momento però che nessun corpo può muoversi alla velocità della luce, la nostra palla non sarà più in grado di sottrarsi all’attrazione gravitazionale del corpo celeste. Questo significa che se un corpo celeste ha un raggio inferiore a RS, neppure un segnale luminoso sarà in grado di essere inviato dalla sua superficie al resto del mondo, sarà quindi nero: un buco nero. La superficie di raggio RS sarà chiamata orizzonte degli eventi, perché delimita ciò che possiamo vedere da ciò che non possiamo vedere perché “inghiottito” dal buco nero. La caratteristica principale dei buchi neri è, infatti, che il loro campo gravitazionale divide idealmente lo spazio-tempo in due o più parti separate fra di loro da un orizzonte degli eventi. Un'informazione fisica (come un'onda elettromagnetica o una particella) potrà quindi oltrepassare un orizzonte degli eventi in una direzione soltanto: tutte le informazioni sugli oggetti o segnali che cadono in un buco nero vengono perdute ad eccezione di tre fattori, che sono massa, carica e momento angolare.
La termodinamica dei buchi neri
Per farci un’idea: per un buco nero di massa pari a quella del Sole, RS è solo 1,48 km, circa mezzo milione di volte più piccolo del raggio del Sole! Per avere così tanta materia in tanto poco spazio vuol dire che siamo di fronte ad un collasso gravitazionale che accompagna le ultime fasi della vita di una stella. La parte centrale della stella si contrae molto velocemente e la materia cade verso il centro, dove si forma un campo gravitazionale talmente intenso da intrappolare ogni cosa. Nel 1974 Stephen Hawking, il noto fisico conosciuto per i suoi studi sui buchi neri e sull’origine dell’universo, dimostrò un fenomeno alla base della termodinamica dei buchi neri: in realtà un buco nero non è del tutto nero, perché esso emette particelle, in quantità inversamente proporzionali alla sua massa, portando a una specie di evaporazione. Altri effetti fisici sono associati all’orizzonte degli eventi: immaginiamo un astronauta che stia precipitando verso un buco nero. Se riuscisse a sopravvivere al campo gravitazionale, non sentirebbe nulla di strano all’avvicinarsi dell’orizzonte degli eventi; al contrario un osservatore esterno vedrebbe i movimenti del povero astronauta rallentare continuamente, fino a fermarsi quando si trovasse sull’orizzonte. Questo perché per la relatività generale, il tempo di un osservatore in caduta libera, visto da un osservatore distante, appare più lento con l’aumentare del campo gravitazionale fino a fermarsi completamente sull’orizzonte degli eventi. Al contrario degli oggetti aventi massa, i fotoni non sono rallentati o accelerati dal campo gravitazionale del buco nero, ma subiscono un fortissimo spostamento verso il blu in entrata.
Un buco nero al centro di ogni galassia
Dalle osservazioni astronomiche oggi si sa che al centro di molte galassie, tra cui la nostra, ci sono buchi neri giganteschi. Essi hanno una massa di milioni o centinaia di milioni di volte più grande di quella del sole e si sono formati e ingranditi catturando gas a delle stelle. Una prova diretta della loro esistenza si ottiene rilevando le onde gravitazionali che emettono durante le fasi della loro esistenza. Si pensa che tutte le galassie abbiano un buco nero supermassiccio nel loro nucleo: ciò permette di spiegare la forte emissione di energia delle galassie attive, dovuta alla trasformazione dell'energia gravitazionale contenuta in un disco di accrescimento di gas sul buco nero.