Cosa sono i numeri primi?
Scienza e Fisica Quantistica
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Cos’hanno in comune 9991, 68399 e 37? Il fatto di essere numeri, certamente, unito a quello di terminare, tutti, con entità numeriche dispari. Altro li collega, un aspetto davvero singolare, già noto peraltro ai filosofi dell’antica Grecia: la condizione di numeri primi, questo il collante.
Emanuele Cangini - 19/10/2022
«Numero naturale maggiore di 1 divisibile solamente per se stesso e per 1», definizione descrittiva che non lascia spazio a dubbi o esitazioni di carattere interpretativo: solamente il 2 rientra come numero pari nell’insieme dei succitati numeri primi. Facile intuirne la motivazione: essendo qualsivoglia numero pari maggiore di 2, sempre divisibile per 2 appunto, e non solamente per se stesso e per 1 come definizione impone.
Tracce di numeri primi antecedenti alla Grecia antica si possono riscontrare in taluni documenti egizi: famoso è il papiro di Rhind, nel quale le “espansioni” delle frazioni egizie (una frazione egizia, in matematica, è definita come frazione scritta secondo modalità di somma di frazioni unitarie) risultano essere formulazioni rappresentative differenti di numeri composti e numeri primi.
Da Euclide alla Congettura dei numeri primi
Risulta essere il matematico e filosofo Euclide però, il primo ad aprire ufficialmente il sipario su questo argomento affascinante e complesso: nel suo Elementi, enuncia diversi teoremi di importanza cruciale, tra i quali, appunto, la dimostrazione dell’infinità dell’insieme dei numeri primi. Il Crivello di Eratostene (algoritmo di calcolo utilizzato ancora oggi da diversi programmi per computer) risulta essere il più semplice sistema di calcolo di numeri primi, pur rivelandosi al contempo intrinsecamente laborioso e tortuoso inerentemente alla complessità di computo.
Famosissima è la Congettura dei numeri primi, problema posto per la prima volta da Euclide che tutt’ora rimane irrisolto: si asserisce che esistano infiniti numeri primi tali che, aggiunti di 2, diano come risultano sempre un numero primo. Questa supposizione ritenuta vera dalla maggior parte dei matematici analisti, è il frutto di una valutazione sulla base di un’evidenza numerica, il prodotto altresì di ipotesi euristiche, non il risultato di una vera e propria dimostrazione in senso stretto. Per definizione ne risulta che, due numeri primi separati dalla quantità numerica 2, vengano definiti “gemelli”.
La “non” solitudine dei numeri primi
Di recente, precisamente nel 2013, pare sia stata formulata una versione “debole” della congettura poc’anzi esposta, la quale stabilisce un limite finito e fissato alla distanza tra numeri primi gemelli, con buona pace degli “afezionados” del romanzo La solitudine dei numeri primi. Secondo un manipolo di appassionati ricercatori, tra i quali ricordiamo Dan Goldston (San Jose state University), Cem Yildirim (Università di Istanbul) e Janos Pintz (Accademia delle scienze ungherese), i numeri primi non risulterebbero essere affetti dalla, seppur romantica, “solitudine” alla quale il romanzo, prima, e il film, poi, amerebbero relegarli.
I ricercatori hanno dimostrato che esiste una “infinità di numeri primi per i quali quell’intervallo è piccolo rispetto alla media degli intervalli precedenti”. In un secondo momento hanno sempre dimostrato che “assumendo come valida una particolare ipotesi, deve esistere un numero infinito di coppie di primi che differiscono di non più di 16”.
Tale formulazione si è rivelata, essa stessa, una congettura priva di dimostrazione. Yitang Zhang, dell’Università di Durham, pare aver definito una dimostrazione che permette di stabilire un “limite” alla distanza posizionale fra primi gemelli, pur meno “stringente” di 16. Il limite stabilito è dell’ordine di 70.000, valore visibilmente grande. Ciononostante, il risultato tradisce le sue stesse premesse: poiché trattasi di un valore fissato e finito, è certamente migliore della media stabilita dalla ricerca precedente di Goldston, Pintz e Yildrim, la quale si riferiva a una media progressivamente crescente.
Insomma, si può legittimamente pensare che il bersaglio ancora non è stato colpito, ma si è ridotto sensibilmente il campo d’indagine. L’antico culto di Ela, tenebrosa scienza del disordine e disciplina della distruzione, fu arte oscura che si prefiggeva lo scopo di porre fine a tutti i mondi e ricondurre l’universo all’informe caos primordiale: i suoi adepti veneravano la Dea madre Ela, essa stessa partorita dal caos. Questa tetra idolatria protrasse nel tempo i propri influssi e vide nella sinistra presenza di Olimpiade, moglie del re di Macedonia Filippo II, la sacerdotessa più devota e la celebrante più impenetrabile. Come i numeri primi conservano tutt’ora i propri misteri non svelati, così gli antichi culti mitraici rimangono celati all’interno dello scrigno arcano dei propri enigmi. Avvicinarsi a loro senza poterli decifrare mai. Nell’Egitto, nella Grecia, fino ai giorni nostri.