Einstein non amava la fisica quantistica: ce lo racconta Bruce Rosenblum autore del libro "L'Enigma Quantico"
Scienza e Fisica Quantistica
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Se come noi ami i libri che sanno far dialogare il rigore scienza con le domande fondamentali che l'uomo da sempre si pone, non perdere la lettura de L'Enigma Quantico.
Redazione - Scienza e Conoscenza - 20/05/2024
Il seguente articolo è tratto dal libro L'Enigma Quantico.
Un sabato, negli anni Cinquanta, ero in visita a casa di alcuni amici. L’ospite chiese a me (Bruce) e a suo genero, Bill Bennett, se avessimo voglia di trascorrere la serata con un suo amico, Albert Einstein. Entro poche ore, due sbigottiti studenti laureati in fisica si trovarono nel soggiorno di Einstein ad aspettare che il celebre scienziato scendesse le scale con indosso pantofole e felpa. Rammento di aver accettato un tè e dei biscotti, ma non ricordo assolutamente come iniziò la conversazione.
Einstein ci fece subito qualche domanda sul corso di fisica quantistica che stavamo frequentando. Approvò il fatto che il nostro professore avesse scelto di adottare il libro di David Bohm come testo di riferimento, e ci chiese cosa ne pensassimo del modo in cui l’autore trattava le stranezze che la teoria quantistica implicava. Non riuscimmo a rispondere.
Ci avevano detto di saltare quella sezione e concentrarci su quella intitolata “La formulazione matematica della teoria”. Einstein volle esplorare comunque il nostro punto di vista circa quello che l’accettazione della teoria significava. Ma i problemi che lo tormentavano erano per noi materia oscura. Le lezioni sulla fisica quantistica che frequentavamo si concentravano principalmente sull’utilizzo della teoria, non sul suo significato. Le nostre risposte all’interrogatorio probabilmente lo irritarono, e abbandonammo l’argomento per discutere d’altro.
Le stranezze della fisica quantistica
Passarono molti anni, prima che comprendessi i dubbi di Einstein sulle misteriose implicazioni della teoria dei quanti. Non sapevo che nel 1935 aveva stupito gli sviluppatori della teoria facendo notare loro che, secondo la teoria stessa, l’osservazione influenzava istantaneamente ciò che succedeva a distanza senza coinvolgere alcuna forza fisica. Aveva deriso tale influenza etichettandola come “azione sinistra” che non poteva davvero esistere.
Un altro aspetto che disturbava Einstein era l’idea che, sempre secondo la teoria, quando si osservava un piccolo oggetto, come per esempio un atomo, in un determinato punto nello spazio, era l’atto di osservare in sé la causa del suo trovarsi proprio lì. Lo stesso vale per gli oggetti più grandi? In linea di principio, sì.
Per ridicolizzare la teoria quantistica, Einstein aveva una volta chiesto a un fisico suo collega, scherzando solo in parte, se riteneva che la luna fosse al suo posto soltanto quando la guardava. Secondo Einstein, prendere seriamente la teoria quantistica significava negare l’esistenza di un mondo fisico reale indipendente dall’osservazione. È un’accusa pesante. La teoria quantistica non è solo una delle tante teorie della fisica, è la struttura portante sulla quale si basa in definitiva tutta la fisica."
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