Il numero di Eddington. La matematica e i grandi numeri
Massimo Corbucci - 01/01/2016
In Matematica ci si accorge della drammaticità del significato dei numeri, solo quando vengono visitati i “grandi numeri”.
La velocità della luce appare spaventosa, solo tradotta in metri al secondo, il numero di Avocadro assume tutto il suo significato concettuale, se tentiamo di leggerlo e di capire mentalmente quanti potrebbero essere gli atomi contenuti in un grammo-atomo di sostanza chimica e per quanti tentativi si facciano di immaginare un numero enorme, nel Creato non c’è ne è uno che superi quello scoperto dal grande Matematico-Astrofisico Hartur Stanley Eddington.
Infatti, un mio conoscente, che aveva molti soldi, non ce l’ha fatta a spenderli tutti, in tutto l’arco della sua vita! Ed è morto appanicato come Mastro don Gesualdo, nel libro di Giovanni Verga.
Non ci si pensa che la vita è breve. Non a caso Quasimodo dovette essere assai “sintetico” per rappresentare con le parole: -“Ognuno sta solo sul cuor della terra, trafitto da un raggio di sole. Ed è subito sera!” questa nemesi del genere umano.
Io, che poeta non sono, ma ormai tutti sapete che non mi risparmio a trovare epistemologicamente le “ratio” per ogni evento cosmico, fui costretto a storpiare quel capolavoro letterario così: -“Ognuno sta solo sul cul della terra, sodomizzato da un raggio di sole. …E meno male , che è subito sera!!!”
Passatemelo per favore questo esilarante inserto, che non è proprio un esempio di fine letteratura, confacente a laureati della Cambridge University, ma è solo per il nobile scopo di far rimanere degna dei secoli che verranno, una profonda considerazione teleologica, sulla transitorietà dell’ esistenza umana, rispetto all’esigenza di arrivare a rispondere almeno alle domande: “Chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo?”
Bando alle cose facete e al divertimento su temi dove c’è poco da sbellicarsi, vi devo parlare del sogno di ogni matematico. Il numero più grande che può essere concepito, elucubrando sull’intero universo.
E’ istruttivo parlarne, dacché sono gli esempi portati alle estreme conseguenze, efficaci a rendere un’idea, scuotendo energicamente il cervello, laddove l’esempio “debole”, appena riesce a suscitare una flebile trepidazione.
La matematica insegnata disgiunta da esemplificazioni, che possano rappresentare in qualche modo l’ordine di grandezza di un numero o di un rapporto, anziché la razio di un’equazione, sarebbe come la letteratura italiana, magari di grande spessore nei contenuti e di grande impatto nell’uso dei sofismi grammaticali e della maestria sintattica, offerta ad un signore che di lingua madre è cinese.
C’è da rimanerci male, che questo lettore di fronte al versetto d’apertura della Divina Commedia non accenna alcuna reazione emotiva?
Anche al cinema, quando c’è un film molto coinvolgente e tutti fanno il boato con la voce di fronte ad una “scena madre”, se quella coppia di fidanzati seduta al centro rimane silente, due sono le ipotesi: che stiano facendo altro, non già vedere il film, o che siano stranieri e parlino un’altra lingua.
La base epistemologica della matematica
Ve la ricordate l’unità di misura in matematica? Fu tema del 1° Macro-Prize e nessuno arrivò alla soluzione. (Soluzione = sola opzione = unico modo per uscire da un problema).
La matematica senza il numero è come la musica senza le note musicali!
Ma non è certamente il numero l’unità di misura della materia scolastica, piuttosto il “mero” (mero = pezzo), nel senso che l’infinito è “sbriciolabile” in tanti “micro-frammenti” e quelli “interi” hanno corrispondenza “biunivoca” con le cose intere, gli uomini, gli animali, i batteri, gli elettroni, i protoni…
In questo modo si può affermare che in una città vi abitano 302.441 abitanti, migliaia di gatti e 10 elevato alla 25 o 26 o 27… batteri, compresi quelli non molto diffusi. Questo perché per le persone è proponibile un preciso censimento (Appena ne mancasse una, i parenti andrebbero di corsa su “Chi l’ha visto?” a fare un appello internazionale), i gatti sono restii a farsi fare la carta d’identità e spesso si somigliano e i batteri tra ceppi vari, decimazioni dei disinfettanti e colpi di freddo che li congelano, è molto difficile accatastarli e stimare quanti triliardi possano esservene, semplicemente nelle mutande di Beppe, il trasandato, che non legge la Ns Rivista e nemmeno sa che l’indumento deve il nome a mutandis = da cambiare! E che non cambiandole, invece della lavatrice per lavarle, poi ci vuole un’attrezzatura speciale per la decontaminazione coi raggi gamma.
Quando si dice “rimangono più impressi” (!) i concetti accompagnati da qualcosa di emozionante e di coinvolgente, i “proto-numeri” con cui ebbe inizio la matematica (ricordate la mater-mantica = pre-visione su ciò che fa la madre, che vi ho segnalato io?) riguardavano appunto i meri = i phiy, in uscita dal canale del parto e niente più di questi meri è facile da ricordare, per una donna che ha emesso un forte UT (grido di dolore) per ogni n partorito.
Sarà per questo che la matematica con i piccoli numeri è facile e non desta senso di inadeguatezza in nessuno, mentre con i grandi numeri la mente umana comincia ad essere avulsa dalla rappresentazione del concetto?
A parte che per contare fino ad un miliardo e mezzo ci vuole tutta la vita!
La corrispondenza biunivoca come metodo fisico della matematica
La battuta che le dita sono 10, perché è meglio non fare più di 10 figli e poi non basterebbero le 2 mani, per star dietro alla corrispondenza biunivoca, fa ridere meno che niente.
Però … vero è che nell’indicare al turista quanto dista la piazza centrale da qua, gli diciamo perentori trecento metri, confidando che lui estenda mentalmente il metro per trecento volte e si faccia l’idea giusta che può parcheggiare ora il suo veicolo e farseli tranquillamente a piedi.
Come del pari, leggendo la bacheca dell’agenzia immobiliare, ci sembra penoso quell’alloggio di 22 metri quadrati e al contrario principesco l’appartamento di quattrocento. (Se poi è pure del quattrocento !!!).
Coi grandi numeri si perde proprio la corrispondenza biunivoca e unità abitative di centocinquantamila metri quadrati sentiremmo subito che non saranno mai per la nostra tasca. Ma è spaventosamente grande l’universo? (Sul serio?)
Molto tempo fa avrei detto di sì. Mi misi pure a calcolare quanti ettari di possedimenti verrebbero fuori, possedendo tutti i pianeti di tutti i miliardi di sistemi solari.
Nell’universo non c’è niente altro che niente
Sapete quand’è che si diventa megalomani? Quando si perde il contatto… con la matematica. Sicché con allarmante ritardo si percepisce l’inutilità delle moltiplicazioni: mille x mille = un milione!
Ricordate quando parlammo dell’Infinito Assoluto, quello che “vola” oltre l’Aleph 3 e non c’è più niente dopo di lui? (SeC. n°15)
Dov’è la“morale della favola”?
Tutti i protoni dell’universo, sono tanti eppure sono niente rispetto ai “tachioni” che stanno dentro al Vuoto Quantomeccanico! Il numero di Eddington, vicino all’Infinito Assoluto è come un solo protone vicino al numero di Eddington, stavo per dire! Vicino all’Infinito Assoluto tutto “sparirebbe”.
Infatti, sapete che sospetto mi sta venendo?
Che nell’Universo vi sia un solo protone e un solo elettrone.
Poi riflettendoci bene, me ne sta venendo un altro di sospetto.
Che non ci sia nemmeno un protone e un elettrone nell’universo!
Il Numero di Eddington
Nel 1938, l'astronomo inglese Arthur Eddington formulò la teoria che la costante di struttura fine α, il cui valore era stato approssimativamente stimato in 1/136, fosse esattamente 1/136. Egli basò questa teoria su argomentazioni di tipo estetico e numerologico.
Nel suo intervento dal titolo "The Philosophy of Physical Science", effettuato nel 1938 durante gli incontri chiamati Tarner Lectures al Trinity College di Cambridge, disse:
“Io credo che ci siano 15 747 724 136 275 002 577 605 653 961 181 555 468 044 717 914 527 116 709 366 231 425 076 185 631 031 296 296 protoni nell'universo ed un ugual numero di elettroni.”
Con il miglioramento delle misurazioni di α si scoprì che il valore reale si avvicinava a 1/137, per cui Eddington cambiò la sua teoria affermando che α doveva essere esattamente 1/137. L'attuale valore misurato per la costante di struttura fine è α = 1/137.03599976(50), dimostrando definitivamente che non è il reciproco di un numero intero.
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