L'etere dopo Tesla: l'ipotesi delle onde scalari
Scienza e Fisica Quantistica
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Le scoperte del grande scienziato Nikola Tesla fanno parte della nostra vita quotidiana, basti pensare alla corrente alternata. Ma Tesla è rimasto nell'immaginario collettivo anche per le sue idee stravaganti e visionarie, come quelle sull'etere. Che fine ha fatto oggi l'ipotesi scientifica dell'etere?
Massimo Teodorani - 29/10/2020
Tratto dal libro Tesla lampo di genio.
Il lavoro di Tesla sull'etere è stato purtroppo strumentalizzato da innumerevoli gruppuscoli “new age” senza alcun costrutto scientifico, che hanno contribuito a screditare la sua opera. Ecco come l’opera di un genio entra nel dimenticatoio. Fino a che qualcun altro non ha il fegato di prendere in mano le sue teorie e ricomincia da dove Tesla si era fermato.
E infatti qualcuno ci sta provando tuttora, in modo particolare il fisico-matematico e ingegnere Thomas Bearden, il quale oltre a progettare tutta una serie di esperimenti per tentare l’estrazione della cosiddetta “energia libera”, ha elaborato un modello teorico che spiegherebbe l’energia scaturita dall’etere come la manifestazionone di “onde scalari”. Definendo come “etere” tre cose indistintamente, il vuoto, lo spaziotempo e la carica elettrica senza massa, secondo Bearden le onde di Tesla non sarebbero altro che onde scalari in un flusso di cariche senza massa facenti parte della natura intrinseca dell’etere.
A differenza delle onde elettromagnetiche, la cui natura è vettoriale ovvero caratterizzate da un verso e una direzione oltre che da una intensità, le onde scalari rappresentano un campo di energia che non ha né direzione né verso. Le onde scalari, che rappresenterebbero un qualcosa che non esiste nello spazio ordinario, sarebbero onde che nascono dunque dal vuoto, un vuoto senza massa ma dotato di carica e inondato da particelle virtuali.
In questo contesto la carica assorbirebbe continuamente “energia virtuale” dal vuoto, la integrerebbe e poi la riemetterebbe come fotoni reali osservabili. In base a questo meccanismo le rapide scariche di potenziali elettrostatici che Tesla aveva registrato nei suoi esperimenti con il suo trasmettitore, non erano altro che gli effetti del risveglio dell’energia potenziale del vuoto una volta che fosse stato soggetto a stimoli esterni, proprio quelli che venivano dal trasmettitore quando veniva iniettata elettricità ad alto voltaggio nell’ambiente.
Secondo i calcoli e le idee di Bearden le onde scalari, che si propagherebbero longitudinalmente – e non trasversalmente come le onde elettromagnetiche – modulandosi lungo la direzione verso cui si propagano e cioè lungo l’asse del tempo, possiedono proprietà straordinarie che le ben conosciute onde vettoriali dell’elettromagnetismo non hanno. Esse possiederebbero gradi di libertà multi-dimensionali in cui muoversi, mentre la velocità della luce non sarebbe più una costante ma sarebbe solo una funzione dell’intensità del flusso di cariche, ovvero della magnitudine del potenziale elettrostatico che può essere prodotto da un vuoto senza materia ma carico elettricamente.
Gli studi di Bearden sulle onde scalari comportano calcoli molto complessi e una totale revisione della teoria sia classica che relativistica dell’elettromagnetismo che non esplorando abbastanza cosa si cela dietro la natura scalare delle forze elettriche, fornirebbe una spiegazione parziale della realtà ma non la spiegazione di tutta la realtà.
Bearden e altri ricercatori nel campo della fisica del “campo scalare” stanno tentando di sviscerare la matrice da cui emerge la realtà della materia e dell’energia, una realtà che ci direbbe che l’universo come lo conosciamo non sarebbe altro che creazione prodotta da particelle virtuali del vuoto messe in moto da qualche stimolo esterno. Il segreto starebbe allora nell’ideare strumenti in grado di innescare e poi imbrigliare certi potenziali elettrostatici, tramite i quali si otterrebbe una quantità di energia inimmaginabile e senza limiti.
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Questa energia, quella che si esplica tramite le onde scalari, non sarebbe altro che il risultato di fluttuazioni della cosiddetta “energia di punto zero del vuoto” che altri fisici come Hal Puthoff e Berhardt Haish hanno studiato in un ambito più classicamente accademico. Del resto, dell’esistenza di quest’energia ne fu fornita prova già da tempo dal fisico olandese Hendrik Casimir con un famoso esperimento con cui si mostrò che ponendo due lastre molto vicine queste esperimentano una forza di attrazione causata da un vuoto non passivo.
Eppure i fisici contemporanei, che hanno dovuto prendere atto di certe inaspettate manifestazioni della natura, continuano a ignorare l’importanza del vuoto proprio perché sanno che le proprietà del vuoto possono far crollare completamente l’attuale edificio della fisica, non per il modo in cui esso è costruito in sé – dal momento che esso è rigorosamente fondato seppure con una madornale lacuna di base – ma per il fatto che si tratta di un “castello in aria” quasi completamente decontestualizzato dalla realtà più autentica del cosmo.
In poche parole, ciò che appare in natura non è esattamente ciò che è realmente, essendo la base del tutto situata in un “regno” che si trova fuori dal nostro normale dominio spaziotemporale e lontano dalle nostre normali percezioni sensoriali. Nel contesto della teoria del campo scalare, che comunque non ha ancora raggiunto livelli di formalizzazione matematica pari a quello della relatività, moltissimi fenomeni, definiti impossibili, possono accadere: velocità superiori a quella della luce, l’esistenza di altri universi e di altre dimensioni, fenomeni caratterizzati da non-località come già previsto mezzo secolo fa dagli studi quantistici del grande fisico britannico David Bohm e che comportano l’esistenza di un universo interconnesso nell’ambito di un grande “ordine implicato”, la possibilità di alterare lo stesso campo gravitazionale, e perfino i fenomeni paranormali e le manifestazioni di Ufo.