La fusione fredda, com'è nata e cos'è
Massimo Teodorani - 01/01/2016
Un evento inconsueto e che poteva rivoluzionare la fisica e la chimica si presentò nel 1989, quando due elettrochimici, l’inglese Martin Fleischman (1928, tuttore vivente) e l’americano Stanley Pons (1943, tuttora vivente), annunciarno al mondo intero la produzione di “fusione fredda”, ovvero una reazione in grado di fondere a temperatura ambiente tra loro due nuclei di un elemento leggero per formare un elemento più pesante. Si trattava di un evento incredibile, perché così si era in grado di ottenere lo stesso risultato che poteva essere raggiunto solo con milioni di gradi. Fleischman e Pons asserivano invece di esserci riusciti a temperature molto basse. Il fenomeno che si verificò è tecnicamente noto come “fusione nucleare a bassa energia”.
Il metodo che i due ricercatori impiegarono consisteva nella seguente procedura. Si prendevano due elettrodi costituiti da una barra di Platino e un filamento di Palladio e poi venivano messi in soluzione elettrolitica contenente acqua pesante – ovvero una soluzione in cui il normale Idrogeno dell’acqua e sostituito dal suo ipotopo Deuterio – all’interno di un contenitore di vetro isolato dall’esterno (quella che viene definita una “cella elettrochimica”). In seguito veniva fatta passare elettricità al sistema, in maniera tale da determinare la migrazione degli ioni in soluzione da un elettrodo all’altro (un fenomeno conosciutissimo e molto utilizzato in elettrochimica). Quello che si osservava era che il Deuterio si accumulava in gran quantità sul Palladio, il quale funzionava come una specie di spugna molto porosa. Ma che cosa era successo esattamente? Era avvenuto che all’interno del Palladio gli atomi di Deuterio si erano accumulati in spazi sempre più ristretti all’interno del suo reticolo cristallino, in maniera che così gli atomi erano obbligati a essere sempre più vicini tando da – violando tutti i meccanismi conosciuti di fisica nucleare – fondersi tra di loro, generando come reazione di questa stranissima fusione, calore sotto forma di raggi Gamma e la sintesi di atomi di Elio. E tutto questo utilizzando un processo quasi prosaico come l’elettrolisi, e certe proprietà – evidentemente non completamente conosciute a livello di fisica della materia condensata – del Palladio. Infatti venivano utilizzate le strane proprietà che ha il Palladio nei confronti dell’Idrogeno e dei suoi isotopi. Ma l’Elio era il risultato della fusione degli atomi di Deuterio! In sostanza si tratta dello stesso identico risultato che si ottiene ogni secondo all’interno del Sole. Con la differenza che nella nostra stella per ottenere nuclei di Elio occorre una temperatura di molti milioni di gradi. Chiaramente, seppur basandosi su un meccanismo di confinamento chimico, la reazione che si osserva non poteva rientrare all’interno di nessuna reazione chimica nota, dal momento che in nessuna di esse l’Idrogeno viene trasmutato in Elio e con generazione di neutroni e raggi Gamma. Nel caso della fusione fredda, l’evidenza più importante è l’energia del calore in eccedenza che viene liberato dalla cella elettrochimica. Quello che succede è che viene liberato molto più calore di quello che viene prodotto dall’energia elettrica che alimenta la cella passando attraverso gli elettrodi. Se l’esperimento viene effettuato in condizioni corrette è possibile ottenere di norma 10 volte più potenza in calore rispetto alla potenza in ingresso.
L’annuncio di Fleischman e Pons scatenò un’esplosione di polemiche tra i fisici, alcuni dei quali accusarono i due elettrochimici di essere dei millantatori, di aver effettuato l’esperimento in maniera scorretta e di aver dato un annuncio prematuro al mondo prima che la cosa potesse essere verificata in maniera consensuale dalla comunità mondiale. Questi scienziati avevano senz’altro avuto molta fretta, ma di tutto potevano essere tacciati fuorché di millanteria.
Negli anni successivi un po’ in tutto il mondo sono stati ripetuti gli esperimenti sulla fusione fredda e, per quanto sia ancora difficile riprodurre sempre le stesse condizioni, in buona parte di essi sono stati confermati i risultati di Fleischman e Pons. Con il tempo sono stati utilizzati metodi tra i più svariati per ottenere lo stesso effetto e ormai è unanimemente riconosciuto che il fenomeno non solo avviene realmente, ma anche e soprattutto che questo sistema può fornire energia assolutamente pulita in enormi quantità senza alcun rischio di emissione di radiazioni (se non in quantità minime).
Tratto dal libro di Massimo Teodorani "L'atomo e le particelle elementari" (Macro Edizioni, 2007).