La Serie di Fibonacci nei dipinti di Leonardo Da Vinci
Emanuele Cangini - 01/01/2016
Cosa collega Leonardo da Vinci, Leonardo Fibonacci e l’opera di Riccardo Magnani intitolata La missione segreta di Leonardo da Vinci? Come possono personaggi ed elaborati così lontani nella progressione storica essere al contempo così vicini? No, non lasciatevi ingannare; il comun denominatore non risiede nel nome del genio vinciano. La musica, questa la risposta.
Quella stessa musica espressione più sublime di armonia nelle partiture dei grandi compositori, rinascimentali e non, trova esatta adiacenza nelle opere figurative del genio fiorentino, abilmente presentate nel libro di Magnani, e perfetta concordanza con quanto stabilito dalla Successione di Leonardo Fibonacci. «La serie nella quale ciascun numero intero positivo equivale alla somma dei due che lo precedono»: questa la definizione della Successione di Fibonacci, abbastanza esplicita da non lasciare alcun dubbio anche in chi, con la matematica, da sempre ha avuto un rapporto tendenzialmente conflittuale. Facendo un piccolo inciso, è interessante notare quanto il rapporto sequenziale tra due numeri, consecutivi nella serie, assuma un valore che si approssima in maniera sempre più rapida, nella progressione, al numero 1,618, meglio conosciuto come Sezione aurea (Φ).
Dipinti come metafora del pentagramma musicale
Musica, quindi, regolata nelle proprie metriche dalla Successione di Fibonacci, a sua volta intimamente collegata al concetto di Sezione aurea: escalation perfetta, simmetrica per certi aspetti, che tende a raggiungere il proprio picco di singolarità nella comparazione con taluni dipinti leonardeschi, nei quali si celano, a detta del Magnani, importanti indizi di messaggi sapienziali. Nella Madonna di Dreyfus (1469, National Gallery of Art) la beata Vergine dispone le dita della mano sinistra secondo una particolare conformazione, mentre con il braccio destro cinge il figliolo redentore; stessa cosa dicasi nella Vergine delle Rocce (1483, Musée du Louvre) e nella Maddalena Penitente (Tiziano Vecellio, 1531, Galleria palatina Palazzo Pitti), tutte raffigurazioni pittoriche nelle quali sono ravvisabili, nei soggetti ritratti, posizioni delle dita che, se non certo anomale, senza dubbio non sfuggirebbero nella loro eccentricità a eventuali sguardi scrutatori.
Ebbene, questi posizionamenti peculiari delle dita, altro non sono se non la rappresentazione di precisi accordi musicali, accordi che rimandano ai concetti di Androgino, di sposalizio alchemico, Hybris, musica delle sfere, tutti richiami all’antica condizione di beatitudine primigenia della quale l’uomo disponeva, prima della simbolica “cacciata dal Paradiso”. Percorso pittorico che diventa percorso musicale che diventa, a sua volta, percorso matematico, in un susseguirsi di fasi solo in apparenza scollegate tra loro.
Come nelle arti del Trivio e del Quadrivio, anche in questo caso possiamo notare un ritorno alla fusione, una sorta di involuzione della sfera sapienziale, un filo conduttore che rimanda a una visione unitaria della conoscenza: non più paratie stagne tra settori, ma vasi comunicanti di una stessa sostanza. Lo scibile deve ritornare qual era, una summa intesa non solamente come addizione aritmetica di addendi o semplicemente come sommatoria di singoli fattori isolati, ma ben più nobilmente tornare ad assurgere al ruolo che da sempre gli compete, quale quello di collante di tutte le discipline di studio tra loro coordinate e interfacciate.
La cultura è un concetto non necessariamente comparabile alla conoscenza, spesso però maldestramente confuse: la cultura non sempre implica conoscenza, la conoscenza, dal canto suo, sempre implica cultura. In questa precisa ottica trasversale vanno collocati i princìpi espressi sia dalla matematica fibonacciana che dai dipinti leonardeschi: l’armonia, la proporzione, in natura seguono certe metriche, certe leggi ben delineate. Principio del bello che trova riscontro tanto nella dimensione poetica quanto in quella pittorico-architettonica. Il divenire della progressione di Fibonacci si tramuta, trasfigurandosi, nell’esperienza dell’avvicinamento sempre più prossimo, ma mai raggiunto, alla perfezione, richiamando a sé quei valori antichi, ma sempre molto attuali, di ricerca del simmetrico. Musica, quindi, come inchiesta sul bello, come tensione verso una perfezione che può solo essere pensata ma mai esperita.
Matematica, musica e arte: sentieri paralleli verso la vetta della conoscenza
“Tutto scorre”, sosteneva Eraclito nel suo filosofare ispirato dall’acqua e votato al divenire, senza dubbio contrapposto al tema della filosofia permanente dell’essere di Parmenide: correnti divergenti pur egualmente ispirate dalla ricerca della causa mundi. Come la Sezione aurea rappresenta geometricamente il particolare rapporto tra segmenti di una semiretta, allo stesso modo la Serie di Fibonacci indica una particolare progressione numerica nella quale i rapporti tra i numeri assumono un valore singolare; identicamente, la Musica delle sfere celesti rispetta questa stessa legge che altrettanto riscontriamo nelle corrispondenze strutturali della Grande piramide di Giza, per esempio. La pietra filosofale tanto cara agli alchimisti, può essere forse ravvisata proprio in tali ordini: ecco perciò il leonardiano Uomo vitruviano, nel quale le proporzioni delle parti corporee soggiacciono a ben precise leggi regolatrici. Come Penelope tesseva la tela per poi disfarne l’ordito la notte, stessa cosa pare accadere all’incedere della conoscenza: far progressi per poi, di tutto punto, dimenticarne le trame senza però abbandonarne il fuso. Chissà che proprio in questo risieda l’ironia del creatore, chissà che nei giorni da qui a venire non si possa, finalmente, mutare il nostro paradigma iniziale da un «lasciate ogni speranza voi ch’intrate» a un più lieto «…e uscimmo a riveder le stelle».