Prospettive alla ricerca del Graal, un nuovo paradigma scientifico
Davide Fiscaletti - 01/01/2016
Uno dei grandi obiettivi della scienza fisica è quello di fornire una descrizione matematica precisa e dettagliata del mondo della natura. La fisica può essere considerata la scienza fondamentale: nonostante il carattere astratto di molti temi e di molte leggi matematiche, riusciremmo a vedere il quadro della realtà che le sue teorie comportano se potessimo in qualche maniera uscire da noi stessi.
Nel suo tentativo di dipingere un’immagine coerente e comprensibile dell’universo, nel corso dei secoli la fisica ha portato alcune delle più grandi conquiste della mente umana e diverse importanti teorie d’immane bellezza ed eleganza. In particolare, i progressi ottenuti nel corso del '900 hanno permesso di arrivare a una comprensione profonda della costituzione della materia, del suo comportamento e della sua evoluzione.
Nel '900 sono state elaborate e sviluppate le tre teorie fondamentali che stanno alla base della moderna descrizione dei fenomeni fisici: relatività ristretta (o speciale), relatività generale e meccanica quantistica. Queste teorie hanno cambiato profondamente la comprensione e la spiegazione dei fenomeni che avvengono nell’universo, determinando sia rilevanti e significativi sviluppi in svariati settori della ricerca, sia problematiche implicazioni sul piano epistemologico.
La relatività speciale, pubblicata da Einstein nel 1905, è il capitolo della fisica che studia i fenomeni che avvengono a elevatissime velocità (velocità compatibili con la velocità di propagazione della luce nel vuoto, che è circa uguale a 300.000 chilometri al secondo) all’interno dei sistemi di riferimento inerziali (cioè sistemi che si muovono di moto rettilineo uniforme l’uno rispetto all’altro e rispetto a un sistema in cui vale la legge di inerzia, ossia in cui un corpo non soggetto a forze permane nel suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme).
Nel suo famoso articolo Sull’elettrodinamica dei corpi in movimento, confidando nella teoria di Maxwell come teoria fondamentale della natura ed estendendo il principio di relatività galileiana (secondo cui i sistemi inerziali sono equivalenti nella formulazione delle leggi della meccanica) a tutte le leggi della fisica, Einstein mostrò che le coordinate dello spazio e del tempo (quando si considerano processi che si svolgono a velocità prossime alla velocità della luce) possono cambiare nel passaggio da un sistema di riferimento ad un altro e, quindi, che spazio e tempo non possono essere considerate come grandezze fisiche separate e indipendenti tra loro (contrariamente a quanto avviene nella concezione newtoniana del mondo, in cui spazio e tempo sono considerate entità indipendenti ed assolute). Inoltre, la teoria della relatività speciale comporta che il campo non può essere considerato come un’entità che descrive le vibrazioni di un mezzo materiale, ma deve essere considerato seriamente come un costituente elementare della realtà.
La relatività generale, elaborata da Einstein nel 1915, è la teoria oggi universalmente accettata sull’interazione gravitazionale. In base a questa teoria, a differenza di quanto avviene nella fisica newtoniana, la gravità non viene vista come una forza bensì come una modifica della geometria del continuo spazio-temporale: la presenza di materia in una certa regione dello spazio-tempo determina delle modifiche nelle proprietà geometriche di quella regione. In altre parole, con la sua teoria della relatività generale Einstein, innanzi tutto, mostrò che la gravità, per poter essere resa consistente con la relatività speciale, doveva essere descritta da una teoria di campo e, successivamente, dopo aver determinato le equazioni che descrivono il comportamento del campo gravitazionale, trovò un risultato straordinario, vale a dire appunto che il campo gravitazionale che lui aveva appena introdotto e il background spazio-temporale introdotto da Newton 300 anni prima sono in realtà la stessa cosa. Pertanto, con la relatività generale, il teatro in cui avvengono i fenomeni naturali viene promosso ad attore attivo: nelle equazioni fisiche che descrivono il movimento degli oggetti c’è sempre l’influenza diretta del campo gravitazionale, e quindi dello spazio-tempo. Il campo gravitazionale determina le proprietà metriche delle cose in quanto esso entra direttamente nelle equazioni che descrivono il loro comportamento. Questo significa, per esempio, che ogni misura di lunghezza, di area o di volume è, in realtà, una misura delle caratteristiche del campo gravitazionale. Inoltre, se il background di Newton e il campo gravitazionale sono la stessa cosa, ne deriva che, nell’ambito della relatività generale, il mondo fisico può essere visto come un insieme di campi interagenti (di cui uno è il campo gravitazionale, che viene appunto identificato con la struttura metrica dello spazio-tempo) e la dinamica di ognuno di questi campi è totalmente relativa, nel senso che il moto può essere definito solo posizionando questi oggetti dinamici l’uno rispetto all’altro. Insomma, la relatività generale ci insegna che il background spazio-temporale è uno dei campi dinamici della natura (vale a dire il campo gravitazionale) e, quindi, il moto di un oggetto deve essere analizzato rispetto a un oggetto dinamico, cioè appunto il campo gravitazionale.
Poi, a partire dalla seconda metà degli anni '20, si è avuta la terza – e forse più significativa, sotto il profilo degli enigmi che ha posto nell’indagine della realtà – rivoluzione scientifica del '900, vale a dire la meccanica quantistica. In termini del tutto generali, possiamo dire che la meccanica quantistica costituisce sostanzialmente un’estensione della meccanica classica in modo da rendere conto delle proprietà dei sistemi atomici e subatomici, degli aspetti microscopici dell’interazione tra radiazione e materia. Nello studio di questi feno-meni è necessario tener conto di una nuova costante fondamentale della natura, vale a dire la costante di Planck (che invece assume un ruolo trascurabile nella meccanica classica). Questa teoria ha determinato molti cambiamenti nella descrizione del mondo della natura mostrando, in particolare, che nella microfisica le varie grandezze (per esempio l’energia, il momento angolare) non hanno una distribuzione continua, ma possono assumere solo un insieme discreto di valori, cioè sono quantizzate.
Con lo sviluppo di relatività speciale, relatività generale e meccanica quantistica, il dominio della fisica classica è diventato chiaro e ben definito: la fisica classica (comprendente quei due grandi pilastri costituiti dalla meccanica newtoniana e dall’elettromagnetismo di Maxwell) studia i fenomeni riguardanti il mondo macroscopico dell’esperienza quotidiana, fenomeni che si svolgono a velocità piccole rispetto alla velocità della luce, in cui sono in gioco deboli e uniformi campi gravitazionali e in cui la costante di Planck assume un valore trascurabile. In altre parole, si può dire che la fisica classica può essere ottenuta, in assenza di gravità, come il limite a cui tende la relatività speciale per velocità piccole rispetto alla velocità della luce, in presenza di gravità come il limite della relatività generale nel caso di deboli e uniformi campi gravitazionali e, infine, come il limite della meccanica quantistica quando la costante di Planck assume un valore trascurabile per il problema in esame. Al di fuori di questi ambiti la fisica classica non funziona ed è per questo che bisogna ricorrere alle teorie più generali, nel primo caso la relatività speciale, nel secondo caso la relatività generale e nel terzo caso la meccanica quantistica.
Fin dalla loro formulazione, relatività speciale, relatività generale e meccanica quantistica hanno incontrato enormi successi sul piano applicativo e hanno ricevuto accuratissime conferme sperimentali. Molta della fisica del Novecento riguarda l’esplorazione dei nuovi mondi aperti da questi tre schemi teorici. In particolare, la meccanica quantistica ha ottenuto enormi successi sul piano predittivo e applicativo in tutti i settori della fisica, dal mondo dell’infinitamente piccolo (fisica nucleare, fisica dello stato solido e fisica delle particelle elementari) al mondo dell’infinitamente grande (astrofisica e cosmologia); la relatività ristretta ha ricevuto importanti conferme sperimentali soprattutto nell’ambito della fisica delle particelle elementari, delle alte energie e inoltre ha determinato il metodo secondo cui funziona il sistema orario mondiale; la relatività generale ha consentito essa stessa significativi sviluppi grazie ad astrofisica relativistica e cosmologia.
Ciononostante, queste teorie – la meccanica quantistica da una parte, e la relatività ristretta e generale dall’altra – ci lasciano con un’immagine generale del mondo fisico sostanzialmente incompleta e frammentata. Infatti, da una parte, le immagini della realtà che ci vengono offerte dalla relatività ristretta e dalla relatività generale (e che stanno alla base della descrizione dello spazio-tempo, rispettivamente in assenza e in presenza della gravità) sono immagini precise e geometriche, mentre dall’altra parte l’immagine della realtà che ci viene fornita dalla meccanica quantistica (nello studio dei processi atomici e subatomici) risulta essere sostanzialmente probabilistica e indeterministica. La strategia di ricorrere a due diverse immagini del mondo per studiare due diversi domini della realtà fisica (a meno che non si dà un’interpretazione strumentalistica alle teorie scientifiche, cioè si ritiene che esse siano solo formalismi matematici che hanno utili applicazioni, in particolare per la previsione dei risultati sperimentali) appare chiaramente poco soddisfacente da un punto di vista concettuale. La tendenza all’unificazione che caratterizza da sempre la ricerca fisica richiederebbe di avere un’unica immagine del mondo per descrivere i diversi domini della natura. La ricerca di un quadro unitario tra relatività e meccanica quantistica è pertanto diventato il sacro graal della fisica contemporanea.
Le tre teorie fondamentali del '900 hanno inoltre delle caratteristiche, sul piano dei fondamenti, che determinano una rottura profonda con la fisica classica. Abbiamo già sottolineato le rivoluzioni che hanno portato relatività ristretta e relatività generale per quanto riguarda la visione dello spazio e del tempo. Gli enigmi posti dalla meccanica quantistica nello studio dei processi microscopici sono forse ancora più profondi e, allo stesso tempo, fecondi. Fin dalla sua nascita, la meccanica quantistica ha incontrato notevoli problemi interpretativi e ha dato luogo a un dibattito sui propri fondamenti, su quello che dice a proposito del mondo che, lontano dall’essersi esaurito, è ancora molto vivace. In primo luogo, con la meccanica quantistica ci troviamo per la prima volta di fronte a una teoria di carattere essenzialmente stati-stico: essa è strutturata in modo tale da prevedere le probabilità dei diversi possibili risultati di una misura, ma non l’esito di un singolo atto di misura. C’è pertanto il problema di come interpretare un formalismo matematico che, ad un primo esame, sembra radicalmente diverso da quello della fisica classica. In secondo luogo, gli esiti dei processi di misura sui sistemi microscopici risultano fondamentalmente aleatori e, nella struttura della meccanica quantistica, non si capisce cos’è che determina il carattere probabilistico di questi risultati sperimentali. Infine, nell’ambito della teoria quantistica, c’è il problema di rendere conto dell’oggettivazione delle proprietà macroscopiche, vale a dire di riprodurre il fatto che quando si effettua un’operazione di misura di una certa grandezza, si ottiene sempre un risultato determinato (per esempio che, in una misura di posizione, un sistema fisico viene sem-pre trovato in un punto definito dello spazio). In sintesi si può dire che la meccanica quantistica introduce strane regole per spiegare l’interazione tra il mondo macroscopico e il mondo microscopico e quindi per rendere conto di quello che succede nei processi di misura.
In questo libro, ripensando criticamente i fondamenti della fisica teorica, ci proponiamo di mostrare che è possibile fornire un’interessante interpretazione, alternativa rispetto a quella standard, sia del mondo dell’infinitamente grande sia del mondo dell’infinitamente piccolo e che, allo stesso tempo, è possibile aprire nuove prospettive nel campo della consapevolezza. A questo scopo introdurremo un approccio alternativo riguardo al teatro in cui avvengono i fenomeni naturali. Con le considerazioni che faremo in questo libro non pretendiamo certo di fornire una risposta esauriente e completa ai vari enigmi che l’uomo si trova di fronte nell’indagine della natura; l’obiettivo è piuttosto quello di suggerire una nuova maniera di rileggere la realtà, la quale è in grado di aprire nuovi scenari e orizzonti.
La nostra idea è che per poter ottenere progressi importanti nella ricerca scientifica non è sufficiente affaccendarsi con il formalismo matematico, individuare le applicazioni delle teorie che si hanno a disposizione, ma bisogna anche, e soprattutto, riflettere criticamente sui fondamenti delle diverse teorie. Come ha sottolineato giustamente Licata nel suo eccellente libro Osservando la sfinge, «una scienza incapace di ripensare criticamente i propri fondamenti e metodi e proporre nuove prospettive, è una scienza condannata a morte per esautoramento del proprio potenziale culturale». È vero che l’arrabattarsi con il formalismo matematico sia una parte innegabilmente legittima e perfino necessaria della ricerca scientifica (si pensi appunto agli indiscutibili successi, sul piano applicativo, delle teorie di cui disponiamo, segnatamente relatività ristretta, relatività generale e meccanica quantistica); ma appunto non è nient’altro che una parte e, di conseguenza, è improbabile che essa dia risultati importanti in assenza di un tentativo coerente di comprendere il mondo. Una scienza che si limita solo a connettere un sempre più vasto numero di esperienze, che si propone solo di utilizzare i suoi schemi teorici come strumenti di calcolo nella predizione dei risultati sperimentali, non può essere considerata del tutto convincente. L’analisi dei fondamenti di ciascuna teoria è un passo indispensabile se vogliamo che la fisica sia una scienza feconda.
Tratto da Prospettive alla ricerca del graal di Davide Fiscaletti (Aracne, 2010).