Le proprietà terapeutiche della Shungite
Costantino Mazzanobile - 01/01/2016
Va ricordato che anche se la Shungite in Europa è ancora poco conosciuta, in Russia e Carelia ormai da secoli se ne riconoscono le proprietà e i segreti. Il fatto che i fullereni (una nuova forma di carbonio scoperta in laboratorio) siano stati scoperti e classificati nel corso di esperimenti effettuati nei laboratori spaziali non può essere occasione di una appropriazione della scoperta dei poteri della Shungite di parte dell’Occidente. Gli abitanti della Carelia utilizzano i fullereni da secoli senza sapere che si tratta di fullereni.
Dopo tutto i nostri antenati da innumerevoli generazioni, a scopo terapeutico hanno impiegato erbe, sorgenti d’acqua e pietre senza possedere alcuna nozione scientifica di farmacologia, biochimica, strutture atomiche e molecolari. Del resto molte scoperte intuitive del passato, anche di un passato lontanissimo, hanno consentito di arrivare agli immensi progressi della medicina contemporanea.
Così anche questo minerale, la Shungite, formatosi miliardi d’anni fa, è conosciuto dalle popolazioni autoctone della regione del lago Onega (la parte russa della Carelia) da svariati millenni.
Una presenza importante nella storia del passato Russo
Ricerche archeologiche hanno rilevato infatti in questa regione siti umani numerosi e antichissimi i cui abitanti avevano occupato zone lasciate libere dal ritiro dei ghiacciai dell’ultima glaciazione (9000 circa a.C.) e le tribù nomadi di cacciatori-raccoglitori si sono a poco a poco installate in Carelia.
Le cronache russe del XVII e XVIII secolo attestano che già a quell’epoca la Shungite era utilizzata a scopi terapeutici.
La prima citazione ufficiale e scritta dei poteri terapeutici della Shungite risale all’epoca della fine del regno dello zar Ivan il Terribile e di suo figlio Fèdor che vede la fine della dinastia Rurik. La Shungite, non ancora conosciuta con questo nome, era considerata un’ardesia locale, rinomata soprattutto per una sorgente di acqua purissima che zampillava da questa roccia nera.
Boris Godounov (reggente e cognato di Fèdor) si fa eleggere zar nel 1598 e per evitare che venga messa in discussione la legittimità della sua ascesa al trono (perché non è che uno zar eletto) cerca di indebolire l’influenza dei Romanov, manda quindi in esilio Fèdor Nikititch Romanov il solo Rurikide ancora in vita, sua moglie Xènia Romanova e il loro giovane figlio Michele obbligandoli a prendere i voti monastici. Fèdor è mandato in Polonia dove prende il monastico di Filarete. Xenia diventata monaca con il nome di Marfa è rinchiusa a Tolvuya, un eremo a nord del lago Onega dove rischia la morte per gli stenti e il clima rigido.
Alla morte di Boris Godunov (nel 1605) il suo regime carcerario viene allentato e gli abitanti del luogo mossi a pietà la salvano curandola con l’acqua della sorgente dalle proprietà miracolose (la sorgente della Shungite). Una volta riacquistata la salute, Marfa/Xenia ritrova il figlio Michele dal quale è stata separata per molti anni e ritorna con lui a Mosca dove Michele pone fine a otto anni di lotte politiche e si fa eleggere zar nel 1613 al posto dei precedenti usurpatori.
Michele I è il primo zar della dinastia dei Romanov che avrebbe regnato in Russia per quasi 300 anni fino alla rivoluzione di febbraio 1917. Il racconto dell’avvenuta guarigione tramite la Shungite è giunto a noi perché la morte di Xenia/Marfa avrebbe provocato importanti cambiamenti nella storia della Russia. A ricordo della guarigione della nobile Xenia la sorgente fu chiamata primavera della principessa. Essa tuttavia fu ben presto dimenticata e l’acqua miracolosa ritornò al suo anonimato, come occasione di sollievo e guarigione utilizzata dagli abitanti dei villaggi vicini.
Bisogna attendere il regno di Pietro il Grande perché ricompaia la Shungite nelle cronache. Dice la leggenda che, nel 1714, in un’officina per la lavorazione del rame fondata dallo zar vicino al lago Onega, gli operai avvelenati e gravemente intossicati dal contatto con il metallo si sarebbero curati con l’acqua viva di una sorgente vicina e sarebbero guariti in soli tre giorni. Pietro I ordinò che venissero effettuate delle indagini sulla fonte le cui acque scorrevano su un deposito di Shungite e gli studi dimostrarono le straordinarie proprietà di quell’acqua nella cura di malattie come lo scorbuto, patologie epatiche a altre affezioni.
Dopo un soggiorno termale a Spa in Belgio, su un suggerimento del medico Robert Areskin, suo amico e consigliere, lo zar ordinò la costruzione della prima spa russa a Konchezero sulle rive di un laghetto vicino al lago Onega. Fu così creato lo stabilimento termale detto “Acque Marziali”. Tre palazzi in legno furono costruiti per lo zar, la sua famiglia e la sua corte (poi distrutti da un incendio nel 1780), e abitazioni e alberghi per i pazienti e il personale. Fra il 1720 e il 1721 lo zar fece costruire la chiesa apostolica Pietro il Grande.
In quegli anni viene pubblicato l’articolo intitolato “Inchiesta sugli effetti reali delle Acque Marziali di Konchezero” che indica nove riferimenti alle patologie curabili con le acque di quella sorgente.
Negli anni Venti del XVIII secolo, Pietro I si reca varie volte con la sua famiglia a curarsi con le Acque Marziali. Dopo aver sperimentato le proprietà antisettiche possedute dall’acqua che entrava in contatto con quella pietra nera ed essersi reso conto che procurava una grande vitalità a chi la beveva, Pietro il Grande ordinò con apposito decreto che ognuno dei suoi soldati portasse un frammento di Shungite (questo nome apparirà più tardi, mentre a quell’epoca era ancora chiamata pietra d’ardesia) nel proprio zaino e nella borraccia per avere un’acqua sempre pura e disinfettata evitando così la dissenteria, molto frequente fra le armate dell’epoca.
Origine della Shungite
Per rintracciare l’origine della Shungite dobbiamo risalire lontano nel tempo. Il nostro sistema solare si è formato all’incirca 4,6 miliardi di anni fa. La terra si è originata in quell’epoca lontana per un processo di accrezione (cattura della materia da parte di un astro per effetto della forza gravitazionale) di gas, polveri stellari e per lo scontro d asteroidi provenienti dalla nebulosa protoplanetaria. La Terra in origine era una palla di lava allo stato liquido in attività vulcanica per le numerose collisioni fra blocchi di materia di diversa grandezza e soggetta a complessi movimenti interni di contrazione e riorganizzazione dei suoi componenti.
In seguito il nostro pianeta si raffredda e circa trecento milioni di anni dopo la sua formazione la su superficie è ricoperta da protocontinenti e oceani. È la Terra Primitiva.
Tra i 3,8 e i 3,5 miliardi di anni fa abbiamo la formazione di una crosta terrestre e la costruzione delle prime catene montuose. È durante quest’epoca che nell’oceano compaiono le prime forme di vita allo stadio molecolare. Questi primi elementi “portatori di vita” sono proteine (aminoacidi), le molecole più elementari che si possono immaginare. Dopo le proteine si formano i batteri costituiti da membrane e privi di “nucleo”, che definiamo “cellule procariote”. Esseri unicellulari che possiedono già la caratteristica essenziale della vita: una catena di DNA.
Questi primi “mattoni della vita” sono i ciano batteri (detti anche alghe blu) e gli stromatoliti (struttura di roccia calcarea). Gli stromatoliti scoperti al Polo Nord e Pilbara, nell’Australia occidentale, costituiscono indiscutibilmente la prima traccia di esistenza di vita batterica e risalgono a 3,5 miliardi di anni fa.
Le ere geologiche sono classificate cronologicamente al fine di datare e meglio comprendere la vicenda storica della terra. L’era precambriana è la più lunga di questo calendario geologico e costituisce l’89% delle ere terrestri. Tale era comprende gli eoni, Archeano, Adeano e Proterozoico. Noi siamo attualmente nel quarto eone, chiamato Fanerozoico, che ha visto la nascita della vita macroscopica.
La Shungite si è costituita da organismi viventi all’inizio dell’eone Proterozoico, da circa 2 a 2,2 miliardi di anni fa. Resti di organismi procarioti unicellulari di questo periodo si sono accumulati, mescolati a fanghi e limo fino a costituire strati di sedimenti. Secondo i geologi russi tali sedimenti si sono stratificati su una vasta area del cratone della Carelia (formatosi nell’eone Archeano) caratterizzata da una fenditura vulcanica continentale e un ambiente lagunare ricco d’acqua salmastra quindi satura di minerali e Sali.
La Shungite e le proprietà dei fullereni
Fino a poco tempo fa si riteneva che il carbonio si presentasse solo in due modalità allotropiche. Si intende per allotropia la capacità di un corpo composto da un solo tipo di atomi (corpo semplice) di esistere sotto forme molecolari o cristalline differenti: il carbonio amorfo e il carbonio cristallizzato (quest’ultimo comprendente tre forme naturali conosciute: il diamante, la grafite e la lonsdaleite). Tali sostanze differiscono per la loro struttura atomica.
Per esempio nel diamante ogni atomo di carbonio è posto al centro di un tetraedro i cui vertici sono i quattro atomi più vicini. Questa particolare struttura atomica determina le proprietà del diamante tra cui quella di essere il minerale più duro conosciuto. Nella grafite invece, gli atomi di carbonio formano un anello esagonale la cui ripetizione crea una griglia solida e stabile come quella di un alveare. Queste lamelle sono disposte le une sulle altre in strati debolmente legati fra loro. Tale struttura spiega le peculiari proprietà della grafite: la sua scarsa solidità e la facilità con la quale si frammenta in piccole esfoliazioni.
Il Nobel per la fisica 2010 ha premiato i ricercatori che per primi sono riusciti a “sfogliare” la grafite fino a ottenere uno strato di un solo atomo di spessore; questa griglia molto solida di atomi è chiamata grafene.
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L’esistenza di molecole giganti di carbonio è stata ipotizzata dalla fisica quantistica. Nel 1970 Eiji Osawa, ricercatore giapponese dell’Università tecnica di Toyoashi, aveva avanzato l’ipotesi della possibile esistenza teorica di una forma completa di carbonio dall’aspetto di un pallone da calcio. Una serie di esperimenti di laboratorio furono condotti negli anni ottanta al fine di provare l’esistenza di strutture stabili contenenti 60 atomi di carbonio. Il 4 settembre 1985 Harold Kroto, James Heath, Sean O’Brien, Robert Curl e Richard Smalley scoprirono il carbonio C60. Poco tempo dopo individuarono i primi fullereni, scoperta che è valsa a Kroto, Kurl e Smalley nel 1996 il premio Nobel per la chimica.
Il nome fullereni ha origine da quello di Richard Buckneinster Fuller (1895-1983), ingegnere, architetto, inventore e scrittore americano, noto per aver scoperto il principio strutturale della tensegrità, vale a dire la proprietà di una struttura di reggersi mediante il gioco delle forze di tensione e compressione, grazie alla ripartizione ed equilibrio delle trazioni meccaniche nell’insieme della struttura stessa.
Cosa sono i Fullereni?
I fullereni sono dunque una nuova forma di carbonio scoperta in laboratorio. Il più piccolo fullerene stabile (sei anelli pentagonali non adiacenti) riunisce 60 atomi di carbonio (C60) ed è costruito da 20 esagoni e da 12 pentagoni con un aspetto di pallone da football. Esistono altri fullereni come il C70, C72, C76, C84 ecc. Secondo alcuni ricercatori la struttura pentagonale dei fullereni C60 dimostra che i fullereni sono molecole organiche, ovvero cristalli molecolari che rappresenterebbero il punto di contatto fra le sostanze organiche e inorganiche.
La formazione delle particelle di fullereni nella Shungite comprende un certo numero di caratteristiche morfologiche peculiari delle particelle ottenute dai prodotti chimici di sintesi. Le particelle possiedono una cavità, probabilmente piena d’acqua o di tracce d’acqua. Non esistono nano-aggregati metallici incapsulati all’interno degli strati fullerenici. Gli strati fullerenici intorno alle nano-particelle possono presentare intervalli topologici, ciò significa che la superficie non ha l’aspetto di fullerene nel senso stretto del termine.
La scoperta dei fullereni C60 e C70 in una nuvola di polveri cosmiche di una nebulosa planetaria è stata fatta da Jan Cami nel luglio 2010 mediante il telescopio Spitzer della Nasa. Fullereni sono stati anche identificati nei crateri d’impatto di meteoriti (in particolare il cratere di Sudbury in Canada, i meteoriti Allende e Murchison alle Hawaii) e attualmente sono in corso gli studi volti a stabilire se i fullereni provengano dai meteoriti o se si siano formati al momento dell’impatto. Tali informazioni hanno permesso agli scienziati di formulare ipotesi sul possibile ruolo giocato dai fullereni sul processo di sviluppo della vita sulla terra. Alcuni gas in effetti possono venire facilmente intrappolati all’interno di molecole cave, e un gruppo di ricercatori ha scoperto tracce di una forma di elio nei fullereni trovati nel cratere di Sudbury. È teoricamente possibile che fullereni di origine stellare, abbiano potuto trasportare sia il carbonio indispensabile alla vita sia sostanze volatili in grado di produrre le condizioni necessarie alla vita sul pianeta.
Da dove viene la Shungite?
La Shungite si trova in un solo luogo al mondo, nella parte russa della Carelia. Il giacimento si estende su una vasta superficie di 9.000 km? situata a nord-est di San Pietroburgo nelle vicinanze del lago Onega che è il secondo lago più grande del continente europeo e comprende più di 1.600 isole e isolotti. Una conca scavata dai ghiacciai che presenta un ricco paesaggio di laghi, fiumi, sorgenti e foreste.
Uno dei primi studi a citare in modo definitivo la Shungite è stato approntato fra il 1880 e il 1886 dal geologo e paleontologo russo Alexander Inostranzeff (1843-1919).
Il nome Shungite deriva da Shun’ga, villaggio vicino a uno dei primi luoghi di estrazione del minerale. In seguito a fenomeni erosivi e a movimenti convettivi, la Shungite può essere trovata anche in superficie ma soprattutto nella profondità del terreno, a volte ad alcune centinaia di metri. Le principali accumulazioni di essa si concentrano essenzialmente su nove strati che variano dai 5 ai 120 metri di spessore. Lo strato di maggior spessore è il sesto, partendo dallo strato più basso.