Yoga Kundalini: consapevolezza e guarigione
Marianna Gualazzi - 01/01/2016
Corpo sottile, anima, livello frequenziale, campo unificato, consapevolezza, co-creazione: sono tante le parole pronunciate da Ram Rattan Singh in questa intervista sullo Yoga Kundalini che risuonano in noi – e probabilmente in tantissimi nostri lettori – con elettiva affinità. Perché la cosa davvero straordinaria che stiamo scoprendo con sempre maggiore stupore e incanto, e che ci fa davvero bene al cuore, è che ci sono diverse strade per arrivare alla pienezza del vivere; a quel tutto tondo che a volte riusciamo solo a scorgere dalla visione bidimensionale delle nostre vite; a quella ghianda, quella noce che è la nostra vera essenza e quella del mondo: e lo Yoga Kundalini è una di queste.
Per anni hai lavorato come medico chirurgo, poi nel 1991 hai iniziato a praticare Yoga Kundalini e dal 1998 ti dedichi all’insegnamento di questa disciplina. Scrive lo psicologo analista recentemente scomparso James Hillman nel libro Il Codice dell’Anima: «Ci sono più cose nella vita di ogni uomo di quante ne ammettano le nostre teorie su di essa. Tutti, presto o tardi, abbiamo avuto la sensazione che qualcosa ci chiamasse a percorrere una certa strada. Alcuni di noi questo “qualcosa” lo ricordano come un momento preciso dell’infanzia, quando un bisogno pressante e improvviso, una fascinazione, un curioso insieme di circostanze, ci ha colpiti con la forza di un’annunciazione: ecco quello che devo fare, ecco quello che devo avere. Ecco chi sono».Come si è palesato per te quell’annuncio, quel destino, quel carattere, quel dàimon?
È difficile riassumere questa domanda facendo riferimento ad un singolo evento, però me ne vengono in mente due significativi. Io amavo andare in montagna e sono stato invitato da un amico ad un’impresa piuttosto impegnativa: la scalata del Monte Bianco. Ho accettato con coraggio e fiducia, capendo solo dopo che questo mio amico non ne sapeva poi molto di scalate di questo tipo! Siamo partiti intorno a mezzanotte e alle due ci siamo trovati soli, senza altre cordate vicino a noi, al buio, in mezzo al ghiacciaio e senza punti di riferimento. Io ricordavo la geografia della Valle Blanche che separa l’Italia dalla Francia e sapevo quale fosse il punto più sicuro vicino a noi, ma da esso ci separavano il buio, il freddo e tanti crepacci, i più profondi d’Europa probabilmente. Non so cosa ci ha aiutato, forse l’amore per la natura insieme alla conoscenza della zona che avevo già fatto con gli sci, insomma inaspettatamente sono diventato il capo cordata e siamo andati avanti, fino alla salvezza. Questo evento mi ha fatto capire che non c’era certezza di vedere il domani e ha fatto risvegliare la mia coscienza: improvvisamente oggetti inanimati come il ghiaccio, la neve, le stelle hanno iniziato a palpitare, a diventare vita intorno a me. Quando la mattina dopo siamo arrivati sani e salvi al rifugio, qualcosa era cambiato per sempre dentro di me. Poi ho capito che uno dei modi per tenere viva questa importante esperienza sarebbe stato lo yoga.
Riguardo invece alla decisione di diventare insegnante è stato fondamentale l’incontro con il maestro Yogi Bhajan, un’esperienza folgorante. Dopo il primo incontro il maestro mi scrisse una lettera in cui mi diceva che avrei dovuto insegnare il Kundalini Yoga, diffondere il Dharma e cambiare il volto delle persone. Da quel momento ho deciso di servire al meglio queste parole.
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