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Vulcani nel Sistema Solare


Corrado Ruscica - 01/01/2016

Tratto da Scienza e Conoscenza n. 35.

Tutti sappiamo cosa succede durante un’eruzione vulcanica caratterizzata da quelle spettacolari colate di lava incandescente che spesso incutono un timore reverenziale. Abbiamo ancora in mente le immagini del vulcano islandese la cui cenere ha creato numerosi disagi alle linee aeree nel Nord Europa nella primavera del 2010. Eppure quest’eruzione è niente se paragonata a ciò che si osserva su Io – satellite di Giove – i cui vulcani sono i più potenti del Sistema Solare.

Criovulcanismo
Sulla Terra, le fuoriuscite di magma emergono dalle spaccature che si creano nella crosta terrestre e spesso producono enormi distese di lava basaltica. In altri casi, si formano delle strutture coniche che hanno una pendenza più ripida. Qui si osservano eruzioni piroclastiche esplosive causate dalla pressione del gas che agisce sulla lava e sulla roccia producendo una sorta di fontana di frammenti che vengono proiettati ovunque. Ma il fenomeno del vulcanismo non si limita solo al nostro pianeta. La scoperta di numerosi vulcani extraterrestri, compresi quelli attivi, ha di fatto trasformato la definizione tradizionale di ciò che chiamiamo vulcano. Oggi, però, sappiamo che nel Sistema Solare il fenomeno del vulcanismo presenta una varietà di processi che sono noti sotto il termine di criovulcanismo, in cui si osservano composti di materiale liquido emergere sotto forma di eruzioni dagli strati più interni fino alla superficie.

Le spettacolari eruzioni di Io
Prima del 1979 i geologi erano convinti che l’attività vulcanica fosse un fenomeno caratteristico solamente del nostro pianeta, anche se c’erano chiare evidenze che il vulcanismo doveva essere avvenuto nel passato su altri corpi celesti, come ad esempio su Marte o sulla Luna. Ma quando nella primavera del 1979 il Voyager 1, durante il suo viaggio nel Sistema Solare, fotografò la superficie di Io, uno dei quattro satelliti principali di Giove, le idee cambiarono radicalmente. Un ingegnere del JPL stava analizzando alcune immagini del passaggio ravvicinato quando notò un pennacchio che si innalzava dalla superficie della luna: in altre parole, stavamo osservando, quasi in diretta, una attività vulcanica su un altro mondo. Dopo circa trent’anni di analisi e osservazioni, oggi sappiamo che Io è il corpo celeste più attivo del Sistema Solare. La luna è soggetta all’intensa attrazione gravitazionale di Giove che ne causa un “rigonfiamento mareale” della crosta superficiale: il calore che si genera si ritiene la causa principale dell’attività vulcanica. In più, la debole gravità della luna e la pressione atmosferica creano su Io una situazione perfetta che dà luogo a enormi e spettacolari eruzioni. Infatti, i pennacchi si elevano dalla superficie fino a qualche centinaia di chilometri ed è per questo che sono facilmente visibili nelle immagini. Inoltre, la temperatura del magma può raggiungere i 3.000°C e le continue eruzioni e ricadute di materiale cambiano l’aspetto della superficie della luna creando una specie di mosaico colorato.

I giganti di Marte e Venere
Marte è un altro esempio di corpo con un passato geologico che non è stato interessato solo da impatti meteorici ma anche da attività vulcanica. Il pianeta rosso possiede, infatti, il più grande vulcano a scudo del Sistema Solare, il Monte Olimpo, che si estende per oltre 500 chilometri e si eleva per quasi 27 chilometri, circa tre volte l’Everest. La presenza di flussi di lava, attivi fino a qualche centinaia di milioni di anni fa, costituisce una sorta di impronta digitale geologica legata all’attività vulcanica del pianeta. Nascosto, invece, da una spessa atmosfera costituita principalmente da anidride carbonica e da spesse nubi composte da acido solforico, anche su Venere sono state trovate tracce di vulcanismo ormai estinto. Come per Marte, anche su Venere si ritiene che l’attività vulcanica sia associata ai cosiddetti “punti caldi”: ne è un esempio particolare il Monte Sif che ha un diametro di circa 300 chilometri.

Tritone e i vulcani di ghiaccio
Verso la periferia del Sistema Solare incontriamo Tritone, la luna più grande di Nettuno, un mondo estremamente freddo le cui temperature possono raggiungere i –230°C. In queste condizioni ambientali le strutture geologiche legate alla presenza di attività vulcanica sono rappresentate da vulcani ghiacciati. Qui le eruzioni – costituite principalmente da azoto liquido, da polveri e da composti di metano che emergono dalla superficie – si ritiene siano dovute al debole calore che, arrivando dal Sole, riscalda le riserve sotterranee di azoto liquido. Queste vanno ad alimentare i geyser superficiali provocando le violente espulsioni di gas i cui pennacchi possono elevarsi fino a qualche decina di chilometri dalla superficie della luna. Una fenomenologia analoga è stata più recentemente registrata dalla sonda Cassini-Huygens sorvolando Encelado, una luna di Saturno, dove sono state osservate emissioni di acqua superficiali.

Nuovi vulcani su nuovi mondi
Come pochi altri eventi naturali i vulcani sono un esempio del potere distruttivo della natura, ma è anche grazie alla loro attività violenta che nel corso del tempo la crosta superficiale dei pianeti o delle lune rocciose si è rimodellata e rigenerata. Oggi, grazie alla scoperta di centinaia di pianeti extrasolari, ci si domanda se esistano mondi alieni i cui vulcani siano ancora attivi – come su Io – e se saremo, un giorno, in grado di rivelarli. Tra qualche anno la messa in orbita del telescopio spaziale James Webb Space Telescope (JWST) – che rimpiazzerà il telescopio spaziale Hubble (HST), ormai andato in pensione – ci porterà verso una nuova ed entusiasmante esplorazione dello spazio. Cosa ci aspettiamo di osservare? Grazie all’elevato potere esplorativo, almeno 10 volte superiore rispetto a HST, JWST sarà capace di individuare particolari eruzioni vulcaniche che rilasciano nell’atmosfera tracce di gas, o altro materiale, facilmente analizzabili. I ricercatori cominciano così a costruire i primi modelli che ci permetteranno di studiare il vulcanismo sui mondi alieni e le eventuali sostanze presenti nelle atmosfere, come il biossido di zolfo, identificative dell’esistenza di questi processi.

Scritto da Corrado Ruscica
Astronomo, scrittore e divulgatore scientifico. Il suo blog, Astronomica Mentis (http://astronomicamentis.blogosfere.it), è dedicato agli scienziati e alle loro idee sull’Universo, e affronta temi di cosmologia, astrofisica, astrobiologia e fisica delle particelle.

Tratto da Scienza e Conoscenza n. 35.


Corrado Ruscica
Laureatosi in Astronomia all'Università di Bologna, ha vinto successivamente la borsa di studio per il dottorato di ricerca in Astronomia presso... Leggi la biografia
Laureatosi in Astronomia all'Università di Bologna, ha vinto successivamente la borsa di studio per il dottorato di ricerca in Astronomia presso l'Università di Milano. Si occupa di divulgazione scientifica e cura il blog AstronomicaMens (http://astronomicamens.wordpress.com), in cui vengono trattati argomenti di cosmologia, astrofisica,... Leggi la biografia

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